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Il Tar congela la delibera Ferrero fino all’8 giugno

E’ di questa mattina la notizia che il Tar ha rinviato all’8 giugno l’udienza in merito al ricorso presentato dalle associazioni Casa delle Donne di Torino e Activa contro la delibera Ferrero, chiedendone una sospensione per vizi di incostituzionalità. In tutto questo il Movimento Pro Vita si è costituito in giudizio su entrambi i ricorsi.

 

Il “Protocollo per il miglioramento del percorso assistenziale per la donna che richiede l’interruzione volontaria di gravidanza” proposto dall’assessore Caterina Ferrero era stato approvato il 15 dicembre 2010 dal Consiglio Regionale del Piemonte.
Questa delibera è l’attuazione pratica di una parte del “Patto per la vita e la famiglia” firmato in febbraio da Cota durante la campagna elettorale con la parte più integralista del Movimento per la Vita.

La finalità ultima del protocollo sta nell’obbligo da parte dei consultori pubblici di stringere collaborazioni con il Movimento per la Vita i cui volontari potranno entrare in contatto con le donne che richiedono l’IVG fin dal primo colloquio.
L’intento con cui si è deciso di far entrare il Mpv nella sanità pubblica è chiarissimo ed esplicito: ostacolare le donne che vogliono abortire. La delibera presenta una donna che non è in grado di decidere cosa è meglio per se stessa e pertanto va “presa in carico” dai suddetti volontari. La vita da salvaguardare è solo quella del feto, preservare la vita della donna è un dato che non viene contemplato.

Di fronte a questo pesante attacco all’autodeterminazione femminile, in questi mesi le donne torinesi non sono rimaste con le mani in mano e si sono organizzate e date da fare per contrastare su più fronti l’attuazione di questa delibera.
Da un lato la decisione di adire per vie legali da parte di associazioni come la Casa delle Donne, supportata da una grande assemblea cittadina tenutasi all’Avogadro nel novembre scorso. In parallelo la decisione di dar vita all'”Assemblea per l’Autodetermin-azione” che in questi mesi ha portato avanti diverse iniziative sia di contestazione alla delibera Ferrero sia di contro-informazione per permettere a più soggetti possibili di entrare a conoscenza di quanto messo in atto dalla giunta Cota e le minaccia che questo provvedimento costituisce per la libertà di scelta delle donne e per la “salute” dei consultori della sanità pubblica.

Sicuramente la decisione del Tar di sospendere il tutto non può che essere accolta come una buona notizia. Vale però la pena di citare quanto osserva l’avvocata Caffarati, ovvero che: “Esiste naturalmente la preoccupazione che la Regione possa compiere in questi mesi atti attuativi, quali la costituzione degli elenchi delle associazioni abilitate, la stipulazione di convenzioni da parte delle ASL, ma auspichiamo che, nell’attesa dell’udienza, data la delicatezza della questione, la Regione Piemonte si astenga dal procedere a qualsiasi atto discriminatorio, attuativo della delibera oggetto del ricorso. Qualora questo si verificasse gli atti posti in essere dalla Regione Piemonte saranno immediatamente impugnati”.

A queste parole è però fondamentale affiancare anche un’altra riflessione.
Se dal punto legislativo è possibile che nella delibera si riescano a trovare vizi di illegittimità (il MPV ha nel suo statuto la lotta alla 194), è sul piano culturale che ci si deve porre delle domande per capire come sia possibile che ciclicamente il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza venga messo in discussione, addirittura facendo una legge ad hoc. Ed è per questo che la battaglia che si deve dare non può consistere esclusivamente nei ricorsi tar o denuncie (per quanto sicuramente importanti), quello che deve interessare maggiormente è vincere sul piano dell’avanzamento culturale, creando le condizioni affinché il diritto di ogni donna di decidere della propria vita non possa più essere messo in discussione.
Non una mera difesa dell’esistente quindi, ma la presa di coscienza di avere tutta la legittimità di dover pretendere di più, di voler costruire una battaglia mirata a diffondere la cultura dell’autodeterminazione femminile (e non solo) affinché questa non possa più essere strumentalizzata da politici di palazzo in cerca di alleanze e sostenitori tra i fondamentalisti cattolici.

C’è da evidenziare che in questi mesi in Italia su questi temi la politica si sta muovendo in maniera silenziosa e mirata. Non più attacchi gridati a gran voce in stile Ferrara, ma un lavorio ai fianchi, anzi spesso all’interno stesso della legge 194, che parte dai consigli regionali e proprio partendo queste sedi sferra i suoi colpi al diritto all’autodeterminazione stravolgendo completamente il ruolo dei consultori per come sono stati concepiti finora.
Non solo in Piemonte quindi, ma anche nel Lazio con la famosa legge Tarzia, in Lombardia e c’è da scommettere che presto toccherà anche al Veneto, con il leghista Zaia come governatore della regione.

E a proposito di leghisti si attendono ancora le dichiarazioni di Cota in merito a questa decisione del Tar. Sicuramente per gli esponenti di governo questo non è un buon momento per pontificare e sentenziare su questioni che riguardano il corpo della donna.
Gli stessi personaggi che in questi giorni si trovano in prima pagina con le loro storie tutte sesso-potere-denaro sono poi gli stessi che con i loro voti trasformano in realtà proposte come il protocollo Ferrero o la legge Tarzia, capaci di piegare a meri interessi politici questioni che di fatto riguardano i corpi delle donne e la loro autonomia e libertà di scelta.
Non è sicuramente retorico o perbenista affermare che non si può accettare che siano questi personaggi colpevoli e complici di portare alla ribalta un’immagine degradata e degradante della donna a stabilire per legge cosa sia meglio per lei e per la “salvaguardia della sua salute”.

Ritornando alla sentenza del Tar e a quanto si diceva all’inizio, sicuramente i mesi che da qui ci separano al giorno della sentenza saranno sicuramente mesi importanti per la lotta contro l’attuazione della delibera Ferrero. Saranno mesi in cui Cota e la sua giunta faranno di tutto per rendere “digeribile” il loro progetto di passare da strutture sanitarie pubbliche a presìdi confessionali -immagine molto evocativa suggeritaci dai compagn* di bgreport.org.

Saranno anche mesi importanti in cui i soggetti coinvolti in questa lotta non dovranno abbassare la guardia, bensì cogliere l’occasione per fare ancora più informazione e soprattutto pressione politica affinché si possa vincere questa battaglia.

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