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Brasile: indigeni sono repressi dalla Polizia Militare in un blocco stradale a San Paolo

Il blocco della strada Bandeirantes faceva parte di una mobilitazione nazionale contro l’approvazione del Progetto di Legge 490/07.

Martedì (30) non era ancora spuntato il sole quando la fila di copertoni bruciati, al suono dei canti sacri di centinaia di indigeni del popolo guaraní mbya, della Terra Indigena Jaraguá, ha bloccato la strada Bandeirantes. La manifestazione pacifica degli indigeni sarebbe continuata verso la litoranea di Tietê, ma è stata interrotta dalla repressione della Polizia Militare, che ha lanciato gas lacrimogeni, getti d’acqua e ha sparato proiettili di gomma contro i manifestanti.

La protesta a San Paolo fa parte di una mobilitazione nazionale contro l’approvazione del Progetto di Legge (PL) 490/07 che, tra gli altri passi indietro relativi ai diritti dei popoli indigeni, stabilisce un termine. Mercoledì scorso (24), la Camera dei Deputati ha approvato l’esame del PL con carattere d’urgenza e, secondo il presidente della camera, Arthur Lira (PP), dovrebbe essere votato questo martedì (30).

La tesi del quadro temporale, da approvarsi, limita il diritto di demarcazione delle terre unicamente agli indigeni che occupavano il loro territorio tradizionale nel 1988, anno di approvazione della Costituzione Federale.

La manifestazione ha camminato lungo la corsia verso il fiume Tietê, lasciando libera una corsia della strada, come era stato concordato con la Polizia Militare. Nonostante ciò, alle 8.39 am, le forze di sicurezza dello stato hanno iniziato la repressione.

Dopo circa 20 minuti di resistenza con scudi di bambù, i manifestanti si sono ritirati dalla via e la Polizia Militare ha effettuato una specie di inseguimento fino all’entrata del centro abitato. Dall’alto del viadotto, i poliziotti non hanno aspettato nemmeno che una indigena che si era sentita male fosse caricata dai suoi compagni, continuando a sparare.

Un elicottero della Polizia Militare è sceso così vicino alle persone che camminavano verso l’entrata del paese che, per il vento che ha provocato, ha spezzato a circa 5 metri d’altezza grossi rami di un albero che sono caduti. Anche dopo che tutti si erano rifugiati nel paese, l’elicottero continuava a sorvolare la comunità. Almeno cinque indigeni sono rimasti feriti. Tra loro, uno ha ricevuto un proiettile di gomma in fronte.

“Tarcísio, il nostro governatore, è anti indigeno”, precisa ad Arapoty Guarani Mbya. “Con questi attacchi, bombe, gas al peperoncino, proiettili di gomma, gli antisommossa che sono la sicurezza del governatore, ci hanno aggrediti, ci hanno fatto allontanare. Ma non rimarrà così. Andiamo alla resistenza, vendicarsi”, dice.

In un’intervista con Brasil de Fato, Thiago Karai Djekupe spiega che nelle ultime settimane il Congresso Nazionale ha concentrato i propri sforzi per creare progetti che violano le leggi sulla conservazione del Bosco Atlantico e la protezione delle terre indigene.

“Il Congresso ha fatto un grave passo indietro relativamente alle politiche indigene, ha anche attaccato il Ministero dei Popoli Indigeni per minare i nostri processi di demarcazione e ha anche sottoposto a votazione d’urgenza il PL 490, che comporta la tesi del quadro temporale come progetto di legge, anche il termine è già programmato per andare in giudizio nel STF (Supremo Tribunale Federale) il giorno 7. Il Congresso ha messo su una strategia per creare una situazione di conflitto e di pressione nella votazione sul termine ed esporci ad una situazione di violenza”, ha aggiunto.

“#PL 490 não” è stato lo striscione che precedeva la manifestazione indigena, come attualizzazione della lotta che, secoli addietro, resistette allo sterminio praticato dal gruppo sertanista paolista che onora la strada. Un altro striscione, rosso, con le parole “demarcare Yvyrupa”, fa riferimento all’espressione che, in guaraní, designa la struttura che sostiene la terra.

“Il popolo guaraní sta lottando qui per la vita e dicendo ‘no’ ai rovesci che vengono ad ucciderci. Il nostro popolo originario era qui prima dell’arrivo dei colonizzatori”, dichiara l’indigeno Tamikuã Txihi Kerexu. “Allora, stare qui oggi, in questo luogo che porta il nome di un pioniere che tagliò la terra indigena per fare una strada, è simbolico. Siamo qui per la nostra madre terra, per la natura, per la nostra gente, per i nostri bambini che sono il nostro futuro”, ha spiegato a Brasil de Fato.

“Siamo trattati dallo stato brasiliano, da più di 523 anni, come invasori di territori. Non stiamo invadendo, siamo figli di questa terra, la nostra stirpe e i nostri antenati stavano qui e per questo stiamo resistendo”, ha argomentato Tamikuã Txihi Kerexu. “Stiamo dando una risposta al Congresso che ha votato contro i popoli originari. Per questo diciamo ‘no’ a questo PL che è per la distruzione. Una volta di più lo stato brasiliano, insieme a questo vertice, vuole proteggerci mediante il PL, non è sufficiente averci uccisi durante questo periodo di cinque secoli”, ha aggiunto.

Pressione ruralista

Il PL 490 era rimasto arenato alla Camera dal novembre del 2021 ed è tornato in agenda, realizzando i desideri del gruppo ruralista per essere votato in tutta fretta, prima che il medesimo tema sia esaminato dal Supremo Tribunale Federale (STF). Il verdetto della Corte Suprema sul termine è previsto per il prossimo 7 giugno, quando una mobilitazione organizzata dall’Articulação dos Povos Indígenas do Brasil (Apib) vuole riunire a Brasilia migliaia di indigeni.

Prima che il ministro Alexandre de Moraes avesse chiesto di essere visto, altri due sono giunti a votare. Il relatore Edson Fachin si è mostrato contro il termine e il ministro Nunes Marques, a favore. Il movimento indigeno ha chiamato questo il “verdetto del secolo”. Secondo il Consiglio Indigeno Missionario (Cimi), l’approvazione del termine, potrebbe colpire circa il 95% delle aree indigene.

Oltre a bloccare il processo di demarcazione di centinaia di territori tradizionali, il nuovo criterio può aprire uno spiraglio alla messa in discussione delle approvazioni già concluse nei tribunali. Secondo il Cimi, delle 1.393 terre indigene (TI) in Brasile, il 62% necessita ancora di una regolarizzazione.

Una di queste è la TI Jaraguá. Dei 532 ettari reclamati dai guaraníes mbya e già dichiarati di dominio indigeno, solo 1,7 ettari sono stati approvati (dal 1987). Occupando meno di due campi di calcio, l’estensione demarcata lo trasforma nel territorio indigeno più piccolo del paese.

“In questi ultimi sei anni abbiamo subito una violenza assurda da parte di persone non indigene”, ha detto Thiago Karai Djekupe, del popolo Guaraní Mbya, della TI Jaraguá.

“Abbiamo deciso, insieme al nostro popolo, anziani e anziane, guerrieri e guerriere, che è necessaria una risposta a questi attacchi promossi dalla politica di odio, anti indigena che agisce contro tutti gli studi e gli indizi dei disastri, e causa problemi di riscaldamento globale”, dice il manifesto del popolo guaraní mbya davanti alla votazione del PL 490.

30 maggio 2023

Brasil de fato / Resumen Latinoamericano

Traduzione di Comitato Carlos Fonseca

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