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Cile, di nuovo in movimento il mondo della formazione

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“La Universidad del Chile no se vende, se defiende”.

E’ questo l’urlo che ha attraversato i diversi presidi avvenuti la scorsa settimana a Santiago del Cile. E lo stesso grido ha accompagnato il corteo che ha percorso le vie della citta’ venerdi’ 25 agosto prima di incontrare lo sbarramento e gli idranti dei Carabineros de Chile.

Studenti universitari, accademici e altri lavoratori dell’univerista´ sono in stato di mobilitazione da giorni per imporre pressione al Parlamento e indurre le modifiche necessarie alla “Ley de Universidades Estatales”. Voluta direttamente dalla presidente Michelle Bachelet, la riforma e’ accusata dai manifestanti di incarnare un progetto di stampo sostanzialmente neoliberale e mercatista, e di non assolvere definitivamente alla necessita’ di andaré finalmente oltre la legge LOCE (Ley Organica Costituzional de Enseñanza) varata dal Augusto Pinochet il 10 marzo 1990 – ultimo giorno del Regime militare -, che ancora in gran parte governa l’educazione cilena.

Tre sostanzialmente i punti piu’ contestati al nuovo progetto di legge. Anzitutto quello di violare l’autonomia delle universita´. In secondo luogo c’e’ l’accusa di normalizzare precarieta´e flessibilita´ lavorativa. Infine, si considerano i meccanismi di finanziamento oscuri, instabili e insufficienti.

La storia movimentista degli studenti medi e universitari in Cile ha una tradizione pluriennale, che visse il suo apice una decina di anni fa quando nacque il piu´grande moto sudentesco della storia del paese . Era il 2006, infatti, quando la cosiddetta “revolución de los pingüinos” porto´ nelle strade decine di migliaia di studenti e lavoratori della scuola per protestare contro la prima proposta di riforma scolastica. Il sistema, che scontava ancora in larga parte la forte privatizzazione voluta da Pinochet, appariva lo specchio del paese dove chi poteva permetterselo pagava le salatissime rette delle scuole private, mentre gli altri frequentavano scuole pubbliche spesso fatiscenti.

Il governo di allora, presieduto dalla stessa Bachelet, abbozzo’ una legge tutt’altro che risolutiva della pessima situazione in cui versava il sistema scolastico cileno, tanto che le proteste non si placarono nemmeno negli anni successivi. La riforma, del resto, veniva continuamente rimandata. Cosi’, con una costanza che ha attraversato tre governi e svariati Ministri dell’Educazione (e’ noto il movimento del 2009 che ha portato alla ribalta Camilla Vallejo ora deputata del Partido Comunista Cileno, ma altrettanto imponenti sono stati quello del 2011, del 2013, e del 2015), il movimiento studentesco ha continuato a scendere in Piazza per gridare la necessita’ di riformare il sistema scolastico. E’ sulla scia di questo movimiento che in queste settimane le manifestazioni studentesche si sono moltiplicate.

“L’opportunita´ storica cui ci troviamo di fronte – si legge nel comunicato di convocazione alla marcia del 25 agosto – e’ quella di ridare il protagonismo che merita’ l’universita’ pubblica nel nostro Paese. Il sistema educativo ereditato dalla dittatura, altamente privatizzato, segregatore e diseguale, ha debilitato quella che dovrebbe essere la colonna vertebrale della Repubblica. Chiediamo pertanto di fortificare effettivamente le universita’ statali e per questo abbiamo mobilitato studenti, finzionari e accademici a livello nazionale”.

Le richieste di fondo sono molteplici. Tra le principali c’e’ la cosidetta “partecipacion triestamentral en el gobierno universitario”, che cioe’ siano rettorato, lavoratori e studenti in maniera collegiale a incidere sulle decisioni che riguardano i piani universitari. Si contesta poi la precarizzazione lavorativa che la legge in discussione ora non risolve, e con altrettanta forza si richiede un ampliamento delle immatricolazione nelle universita´ pubbliche, oggi vincolate da un ristretto numero chiuso dovuto alla mancanza di fondi. Proprio sui fondi, inoltre, la richiesta e’di costituzionalizzare un ammontare minimo di finanziamenti all’universita’, in modo che questi ultimi “no dependan del gobierno de turno”. Infine, si contesta l’eccessiva apertura ai finanziamenti di privati e last but not least, il punto forse centrale: “gratuidad para las universidades estatales”.

Il corteo dello scorso venerd¡ che urlava l’esigenza di garantire questi e altri punti, appare dunque soltanto come l’ultimo in ordine di tempo. “Se la reforma no avanza..la Chile no descansa!”. Le promesse fatte da Bachelet nella campagna elettorale sono accusate di essere tutt’altro che rispettate nel progetto di legge ora in discussione. E a molti studenti e studentesse, lavoratori e lavoratrici dell’universita´ non basta una riforma mediocre come troppe volte s’e’tentato di fare negli anni. Per uscire davvero dal LOCE di pinochetiana memoria serve un passo “rivoluzionario” che il governo Bachelet non sembra affatto intenzionato a compiere.
Le accuse pórtate dal corteo alla riforma sono state respinte dai Carabinieri. Sulla strada verso il Ministero dell’Eduicazione di Santiago cariche con idranti e polvere urticante hanno disperso i manifestanti che hanno resistito per quanto hanno potuto.

Molti studenti sono stati fermati dai Carabinieri e trasportati via nelle camionette; altri sono stati físicamente colpiti dalla dura repressione. La storia sembra allora ripetersi. Come nel 2006 la lotta e’aspra e l’accusa al governo esplicita. “El Chile debe salir de su locura neoliberal” si sentiva dire al corteo. Ma cio´non sembra affatto uno scenario all’orizzonte. Le elezioni in vista il prossimo inverno potrebbero infatti affidare nuevamente le redini del governo al conservatore Se’bastian Pinera, imprenditore e uomo piu’ ricco del Paese che risulta in testa ai sondaggi nonostante scandali e conflitti di interessi enormi. E’ anche con questo possibile scenario all’orizzonte che i movimenti tentano di apportare ora una pressione importante affinche’ si costituzionalizzi la centralita’ dell’universita´pubblica e la difesa di quest’ultima da fondi privati speculativi e dall’interesse capitalista. Ma, di nuovo, il processo sembra ancora lungo. La dignita´dell’educazione pubblica in Cile attende.

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