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Cecca ci scrive dal carcere delle Vallette!

Cari compagn*, cari amic*,

volevo portare i saluti ed i ringraziamenti delle detenute che insieme a me affrontano questo periodo di detenzione. Un ringraziamento alle Mamme in Piazza e al Movimento No tav che sempre vengono a portarci solidarietà ed allegria con i presidi fuori da queste mura. Non solo la musica, ma anche quelle parole di affetto e determinazione che ci trasmettono forza la consapevolezza di non essere sole come vogliono farci credere, al contrario, fuori da questo luogo ci sono persone che lottano per i nostri diritti e per far sentire le nostre voci.

Vi vogliamo ringraziare per aver accettato la nostra richiesta di materiale per parrucchiere, soprattutto per aver colto il significato profondo di questa richiesta. Noi esistiamo! Continuiamo ad essere donne con una dignità anche fra queste mura, il riconoscerci come tali passa anche dal vedersi belle e curate allo specchio.

In questo momento nelle principali sezioni femminili, viviamo una condizione di sovraffollamento che nei mesi è andata peggiorando. Ad oggi non ci sono celle vuote e chiaramente,  nonostante lo spazio ridotto siamo in due.

Sono venuti  a parlarci di “Giustizia Riparatrice”, un progetto inserito nella legge Cartabia che prevede un percorso di riconoscimento del proprio reato, una sorta di mea culpa con pentimento e scuse per ridurre il rischio di recidiva. Questo percorso permette di avere la possibilità di usufruire di pene meno afflittive del carcere. Peccato che questo progetto, già di per sé lacunoso, ad oggi è solo sulla carta perché mancano tutte quelle figure di supporto, come ad esempio i mediatori, per far sì che diventi attivo. Ci siamo sentite prese in giro. Non da chi ci ha parlato di questa possibilità, ma prese in giro da un sistema che continua ad ignorare le vere cause del problema del sovraffollamento. Purtroppo è chiaro che viviamo in un paese che sa solo affrontare emergenze come si è visto con la tragedia in Emilia Romagna. E un pensiero va a tutte le vittime e alle donne e uomini che hanno perso tutto.

Ora si è costretti ad affrontare l’emergenza perché per anni si è ignorato le voci di chi parlava di tutela dei territori, chi diceva no a grandi opere inutili e sì a piccole opere utili. Basti pensare alle cifre esorbitanti spese per il cantiere Tav, che devasta l’ambiente e lo rende più fragile, cifre che dovevano essere investite per la pulizia dei boschi e dei fiumi, per la tutela di aree verdi e contro la cementificazione selvaggia.

Un’emergenza come qui dentro. Perché rendersi conto che le carceri sono piene di donne e uomini che nella maggior parte dei casi arrivano da vite difficili, da quartieri completamente dimenticati dalle istituzioni. Perché non sono quartieri che producono turismo, perché distanti dal centro vetrina. Quartieri in cui l’abbandono scolastico è altissimo perché per arrivare a fine mese serve pure lo stipendio di un figlio. Perché il razzismo e l’emarginazione non possono far altro che aggravare la situazione e portare altre persone a commettere “reati”. E’ inutile pensare ad un progetto di “Giustizia Riparatrice” perché magari ne salverà uno ma non va a combattere il vero problema. Solo una società equa e giusta, in cui le distanze fra le persone si accorciano e la possibilità di avere una vita dignitosa per tutti e tutte, può e deve essere la soluzione per questa emergenza! Allora sì che potremmo parlare di giustizia, per ora ci sentiamo solo prese in giro e non viene fatto nulla di concreto per far uscire le persone da questi posti. Perché solo fuori si può pensare ad un vero percorso riabilitativo, sicuramente non qua dentro che è il regno dell’immobilismo.

A presto, Cecca

da notav.info

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