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Una vittoria del popolo sardo contro l’occupazione militare

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La fine degli anni ’60 corrisponde con un fermento politico e culturale che non trova confini nazionali. Sono soprattutto le proteste studentesche a tenere banco sui giornali. In Sardegna però l’epicentro di questo fermento non saranno Cagliari e Sassari, dove sono presenti le due università sarde, ma paesi dell’entroterra e soprattutto della Barbagia. I paesi con la maggiore attività dei locali circoli culturali, base culturale ma anche logistica da cui partiranno le numerose lotte del mondo barbaricino, saranno tra i tanti, Mamoiada, Olzai, Gavoi, Baunei e Orgosolo. Proprio quest’ultimo è protagonista di tre importanti battaglie che avranno vita tra il novembre del ’68 e il giugno del ’69.

La prima sarà una mobilitazione nota come “i quattro giorni della Repubblica di Orgosolo”, che ha portato alla destituzione della giunta comunale e all’insediamento al suo posto di una Assemblea Popolare.

La seconda rientra all’interno di una vasta mobilitazione delle comunità barbaricine, ogliastrine e della Baronia contro il progetto di costituzione di un parco nazionale nell’area del Gennargentu.

La terza, la maggiormente conosciuta, è la sollevazione dell’intera popolazione di Orgosolo contro il progetto di installazione di un poligono militare di tiro nel territorio comunale di Pratobello.

La particolarità della mobilitazione sta anche nelle analisi rispetto al progetto. L’istituzione del Parco Nazionale del Gennargentu e del Poligono di Tiro di Pratobello vengono inserite da parte dei locali centri culturali all’interno del medesimo disegno. Il problema principale per lo Stato Italiano era infatti la sua assenza nell’entroterra sardo, numerose inchieste e commissioni vedevano nella pastorizia la causa prima del banditismo e quindi dell’avversione verso Stato, visto dai sardi solo come esattore e repressore. “Commissione Medici” prima e “Progetto di Rinascita” si riproponevano di “liberare” i sardi dal lavoro nei campi, arruolarli nell’industria azioni che dovrebbero avere come conseguenza la scomparsa del banditismo. Il Parco Nazionale e il Poligono di Tiro, la Sardegna conta una percentuale di 66 basi militari su 100 di tutto il territorio italiano, rientrano all’interno dell’ottica di controllo della vasta zona ancora non colonizzata dallo Stato.

“Quella fu veramente una lotta di popolo, una lotta isolata, purtroppo, alla quale partecipò tutto un paese in difesa del proprio territorio comunale… Anche la preparazione di quella lotta fu essenzialmente opera del circolo; i partiti, i dirigenti dei partiti se ne interessarono anche loro, ma l’opinione mia e di noi del circolo è che lo facessero per circoscriverla, in un certo senso, perché effettivamente a pensarci bene, era un fatto veramente eversivo, da tutti i punti di vista, che la popolazione di un paese, di un piccolo paese, si fosse messa in testa di avere ragione dello Stato e dell’esercito”. Intervista a Giovanni Moro del circolo culturale di Orgosolo.

Ultima settimana di giugno del ’69, a Pratobello sono ormai pronti i militari della Brigata Trieste per occupare i terreni destinati al pascolo e cominciare le esercitazioni. A Orgosolo nei giorni prima dell’occupazione si svolgeranno assemblee popolari, volantinaggi rivolti a studenti e operai della vicina Nuoro e cortei sempre più partecipati come quello del 19, data prevista per l’inizio delle esercitazioni. Alle prime luci dell’alba , un ampio gruppo di orgolesi, si avvio verso la provinciale che porta a Pratobello incontrando una prima autocolonna di mezzi militari. Venne predisposto un blocco che subì il lancio di tre bombe a mano da parte dei militari che fortunatamente non provocò vittime. I militari non potranno eseguire le esercitazioni a causa della presenza determinata degli orgolesi.

Comincia così una mobilitazione che si concluderà il 27 Giugno con la vittoria della popolazione locale e la dipartita dei militari. Lotta che ebbe il suo apice il 23 Giugno quando i militari eseguirono una vera e propria “caccia all’uomo” con carri armati ed elicotteri fermando e trasferendo nella vicina questura di Nuoro centinaia di persone, arrestandone diverse altre senza però riuscire ad intimidire la popolazione. La violenza di quei giorni da parte dei militari costrinse sindacati e partiti, fino ad allora rimasti in disparte e spesso favorevoli al poligono, ad appoggiare la protesta, condannando l’uso indiscriminato e immotivato della forza da parte di polizia e carabinieri, chiedendo l’immediata liberazione dei fermati, rivendicando piani di sviluppo economico fondati su progetti che non riducessero l’Isola ad un’enorme base militare e il diritto delle popolazioni di decidere sul destino del proprio territorio.

Alcuni estratti di interventi di braccianti e operai durante le assemblee popolari danno il senso della determinazione e dell’unità degli orgolesi in questa lotta.

Uno stralcio di un documento del circolo culturale “Noi continueremo lo sciopero finché tutti i militari non se ne saranno andati e attenzione a quello che fate – rivolgendosi a poliziotti e soldati – perché qui non siamo né ad Avola, né a Battipaglia”

E ancora un compagno bracciante spiega molto serenamente dal cassone di un camion da dove parlavano gli oratori ” tutti i manifestanti hanno intenzione di operare in modo non violento, ma se da parte delle forze dell’ordine si ricorrerà alla violenza, allora anche gli scioperanti risponderanno con la violenza”.

Da quell’estate Orgosolo è diventata meta turistica di migliaia di viaggiatori attratti dai murales che raccontano quella ed altre lotte popolari in giro per il mondo.

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pubblicato il in Storia di Classedi redazioneTag correlati:

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