Invasione Israeliana del Libano
Il 20 febbraio del 1992 l’esercito israeliano invase il territorio libanese, al di là di quella striscia di terra unilateralmente definita “di sicurezza”, e con carri armati bombardò per primi due villaggi sciiti nel Libano del sud, Rashaf e Srobbine, colpendo quindi la popolazione civile che fu costretta alla fuga. I mezzi di Gerusalemme, infatti, organizzati in colonne motorizzate coperte da elicotteri e artiglieria, superarono la zona presidiata dal contingente nepalese e dell’isole Figi dell’Unifil spazzandone via, a colpi di ruspa, i mezzi che tentavano di tagliare loro la strada e provocarono 4 feriti.
Agli occhi della comunità internazionale quello alla popolazione libanese fu un attacco giustificato dalla volontà di porre fine al lancio dei razzetti Katiuscia che, diretti alle alture del Golan, venivano talvolta utilizzati dal movimento di resistenza per difendere il proprio territorio e la popolazione libanese. Il lancio di alcuni Katiuscia il 19 febbraio, con i conseguenti 13 feriti lievi tra gli abitanti delle alture dell’alta Galilea, aveva fatto gridare vendetta agli organi di stampa filo sionisti e ai vertici dell’esercito israeliano tant’è che, alla luce della violenza distruttiva dispiegata in quei giorni dell’esercito di Gerusalemme, per giorni in tutto il mondo ci si chiese se questi attacchi sarebbero sfociati in un’occupazione permanente. Non si trasformò in un’occupazione permanente anche perché la resistenza libanese, appoggiata dai combattenti di Amal (pro-siriani e protagonisti della guerra civile libanese del 1975) e con l’Olp pronta ad intervenire, si dimostrò decisa (seppur con una forza non paragonabile alle truppe israeliane e ai miliziani suoi alleati) a pochi giorni, per di più, dall’inizio del negoziato di pace a Washington.
Ciò che denunciarono le autorità libanesi in quei giorni fu una situazione drammatica, con almeno 10.000 profughi in fuga verso Beirut, oltre ovviamente diversi morti e feriti. L’esercito israeliano, infatti, continuò per giorni a bombardare villaggi soprattutto sulle alture dello Iqlim Al Tuffah , la regione del Sidone e alcuni obiettivi definiti strategici in quanto avamposti della resistenza libanese. Tutte queste operazioni sul territorio libanese furono supportate dai mercenari della milizia del generale Lahad, detti anche Els (Esercito del Libano del Sud).
Lungo il confine del Libano del Sud non si assisteva a combattimenti così aspri dal 1982, da quando cioè l’esercito israeliano aveva invaso il Libano con un’operazione denominata Mivtsa Shalom HaGalil “Operazione pace in Galilea”. Durante questa guerra Beirut fu praticamente distrutta, vi furono migliaia di morti tra la popolazione civile e furono cancellati ponti, oleodotti, aeroporti, ospedali, scuole, grandi edifici, abitazioni umili, fabbriche e musei. Migliaia furono i libanesi e palestinesi catturati e mantenuti in condizioni agghiaccianti all’interno di prigioni, in quanto sospettati di appartenere al movimento di resistenza. Sempre nell’82, con Beirut completamente occupata, forze della milizia del’estrema destra libanese organizzate e supportate dai comandanti dell’esercito israeliano, entrarono nel campo profughi palestinese di Sabra e Chatila, compiendo un vero e proprio massacro.
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