La strage di Piazza Tlateolco
A Città del Messico il 3 ottobre 1968 la piazza di Tlatelolco è ricoperta da centinaia di morti: sono quasi tutti studenti. A ordinare una feroce sparatoria è stato il presidente Gustavo Diaz Ortaz. L’esercito ha sparato dagli elicotteri e dai tetti del ministero degli Esteri.
Il 1° settembre il presidente Diaz Ordaz chiude ogni possibilità di trattativa e accusa gli studenti di voler sabotare i giochi olimpici che si sarebbero inaugurati il 12 ottobre.
Il 18 settembre l’esercito occupa l’Università: il rettore Javier Barrios Siena si dimette per protesta.
Nella notte tra il 2 e il 3 ottobre gli studenti si danno appuntamento in piazza delle Tre culture (detta anche Piazza Tlatelolco). Polizia e esercito sparano all’impazzata, dopo avere bloccato le uscite della piazza: il bilancio in termini di morti è altissimo, anche se non se ne avrà mai un resoconto definitivo.
Molti sostengono che fu una strage pianificata a tavolino (l’operazione militare era infatti già partita alle 18 del 2 ottobre); passata alla storia come la più sanguinosa e crudele repressione del movimento studentesco.
Dopo aver bloccato le uscite della piazza polizia ed esercito spararono all’impazzata: le cifre ufficiali parlano di 15.000 proiettili (8.000 militari di vari corpi impegnati nell’azione, 300 mezzi fra carri armati, blindati vari e jeep armate di mitragliatrici) che provocarono, non meno di 700 feriti ed un numero di morti che oscilla tra i 150 e i 300. Furono arrestati e detenuti 5000 studenti, alcuni dei quali sottoposti a torture e a finte fucilazioni, alcuni dei quali, 300, rimasero in carcere fino all’amnistia del 1971.
Il regime messicano, allora preoccupato di mostrare al mondo la propria faccia democratica e moderna attraverso le imminenti Olimpiadi, da subito insabbiò la strage di Piazza Tlatelolco; una strage provocata ad arte, che segnò in generale la società messicana e che dette un duro colpo al movimento studentesco, centrato soprattutto sull’attivismo degli studenti della UNAM (Universidad Nacional Autonoma de Mexico) e del Politecnico che rivendicavano un’apertura democratica nei confronti dell’autoritarismo del regime fondato sul Partido Revolucionario Insitucional (PRI).
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