“Rendiamo onore alla memoria del compagno Salvatore Cinieri”
Salvatore Cinieri nasce a Grottaglie, in provincia di Taranto, il 27 aprile 1950, ma appena adolescente si sposta prima a Genova ed infine in Piemonte, ad Asti e, in parte, a Torino.
In un primo tempo Salvatore è, come si diceva un tempo un “proletario extra legale”, cioè un rapinatore che però non sottostà alle logiche mafiose ed organizzate del crimine italiano; conosce il carcere di Marassi a soli 18 anni, e nel 1969 è già in prima fila nella famosa rivolta del carcere.
Girati moltissimi carceri, tra cui i più duri, Volterra, Sassari e Nuoro, ma mai piegato dalla durezza della repressione, esce nel 1972, si trasferisce a Torino, ma viene ben presto arrestato di nuovo: proprio all’interno delle strutture di detenzione Salvatore entra in contatto con prigionieri politici, che accelerano il suo processo di presa di coscienza. Uscito finalmente dal carcere egli comincia a dedicarsi alla solidarietà ai detenuti e, infine, decide di compiere il decisivo passo verso la lotta armata e la semiclandestinità e, nel 1977, insieme a Gianfranco Faina, fonda Azione Rivoluzionaria.
Il 1977 è un anno molto intenso: numerosissime sono le azioni che l’organizzazione porta avanti, in particolare contro i media e contro la Democrazia Cristiana, sempre senza mietere vittime. Infine, nell’ottobre 1977, Salvatore Cinieri viene di nuovo, definitivamente, arrestato.
Anche in questo caso continua a battersi contro l’istituzione carceraria, e prende parte a numerose battaglie dei detenuti.
Nel 1979 si trova nel carcere di Pianosa, compagno di cella di un altro personaggio dell’extralegalità che si era avvicinato alle posizioni di Azione Rivoluzionaria. Il compagno di cella viene accusato da altri detenuti di essere un informatore, e Salvatore, coraggiosamente, si prende la responsabilità di chiarire il fatto, dichiarando che se l’altro fosse stato davvero un traditore avrebbe pensato lui stesso alla sanzione mentre, in caso contrario, lo avrebbe difeso.
Al suo trasferimento alle Nuove di Torino Cinieri arriva con l’animo tranquillo di chi ha la coscienza a posto, nonostante abbia fatto un grossolano errore di valutazione, e manda un messaggio ai compagni che sono fuori: ” P. non mi risultava infame e perciò non l’ho sanzionato. Non si può colpire nel dubbio. Adesso so che è diventato una carogna e, se lo trovassi, lo colpirei, ma allora non era così”.
Il 27 settembre, però, durante l’ora d’aria in cortile, viene avvicinato da un detenuto comune che lo riteneva responsabile di aver salvato la vita al traditore, e accoltellato a morte.
Il 4 ottobre, durante un’udienza del processo, i suoi compagni di Azione Rivoluzionaria presenteranno un documento dal titolo ” Rendiamo onore alla memoria del compagno Salvatore Cinieri”, in cui scriveranno, tra l’altro: “Non abbiamo eroi da celebrare, non ne vogliamo neppure. Ma pretendiamo il rispetto della verità d’un percorso umano che sappiamo senza ombre, che sappiamo cristallino nelle sue sofferenze, nei suoi slanci, nelle sue miserie, nelle sue grandezze. Non siamo abituati alla retorica e non abbiamo da esibire nulla di spettacolare. Intendiamo soltanto i momenti della vita di un proletario come tanti altri, un proletario determinato a porre fine allo stato presente delle cose.”
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