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I miti dell’8 marzo

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Caro Manifesto,

in tutte le costruzioni mitiche ci sono sempre frammenti di realtà storica. E’ questa abilità combinatoria che rende i miti pressoché indistruttibili. Un esempio di costruzione mitica dura a morire è quello dell’incendio nella fabbrica tessile Cotton dell’8 marzo 1908 a New York in cui morirono 129 operaie, evocato da Mariuccia Ciotta e da Maurizio Galvani a proposito della tragedia di Chittagong sul manifesto del 25 febbraio. La realtà storica che sta sotto al mito è che nella fabbrica di abbigliamento femminile della Triangle Shirtwaist Company, posta negli ultimi tre piani di un edificio di dieci a un passo da Washington Square, a New York, ci fu un incendio (accidentale) il 25 marzo 1911.

Era una fase di agitazioni operaie e i proprietari avevano chiuso a chiave le porte, per impedire che le operaie potessero scendere in sciopero. In seguito all’incendio morirono 146 donne, quasi tutte italiane e ebree esteuropee, in parte bruciate e soffocate e in parte per essersi buttate dalle finestre. Non c’è rapporto tra questi fatti e l’8 marzo, che invece risale alla rivendicazione, rivolta dalle donne socialiste statunitensi al loro partito, di una data celebrativa delle lotte delle donne da tenersi nella quarta domenica di febbraio di ogni anno. Quella festa fu celebrata per la prima volta a New York il 23 febbraio 1909 (in coincidenza con una manifestazione per il suffragio femminile). Nel 1910, su sollecitazione delle statunitensi, Clara Zetkin propose all’Internazionale socialista riunita a Copenhagen l’adozione di una “Giornata della donna”. Fu accettata.

La festa fu anche celebrata, in seguito, ma il suo destino seguì quello infausto della Seconda internazionale. Solo dal 1920 sarà celebrata nella Russia postrivoluzionaria la prima Giornata della donna, a ricordo della sollevazione delle donne di San Pietroburgo nel 1917 (l’8 marzo nel nuovo calendario, fine febbraio nel vecchio) e della vecchia rivendicazione approvata dieci anni prima a Copenhagen. Marisa Ombra e Tilde Capomazza avevano già detto come stanno le cose e ricostruito le origini del mito in un libro del 1987. Le somiglianze tra Chittagong 2006 e New York 1911 sono evidenti e dolorose. Rimane il fatto che la storia “vera” dell’8 marzo socialista e comunista ricorda non un martirio, ma due momenti alti di protagonismo sociale e politico delle donne.

 

Cari saluti.

Bruno Cartosio

 

Lettera dello storico Bruno Cartosio a “Il manifesto” del primo marzo 2006

 

 

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