
NO al NUCLEARE
1 dicembre 1985-1986
1985 – 1987: Il Movimento antinucleare in Piemonte
Sul finire del 1984 un gruppo di compagni/e di Torino e di Chieri inizia a seguire le mobilitazioni antinucleari che si danno a livello cittadino. Sarà con il blocco del Consiglio regionale il 4 gennaio ‘95, in occasione della designazione di Trino Vercellese come sito per una nuova centrale nucleare, che la nostra attenzione diventerà partecipazione attiva e ci porterà in breve tempo a costruire il “collettivo contro l’energia padrona”.
Presidio il 4 gennaio 1985 sotto il consiglio regionale a Torino dove volevano deliberare il nuovo sito per la centrale nucleare a Trino Vercellese:






Nella nostra città da anni era attivo il “comitato per il controllo delle scelte energetiche “, che aveva la sua sede in via Assietta ne facevano parte ricercatori, tecnici, professori e una lunga serie di realtà: associazioni ambientaliste, verdi, Dp, Acli, Lc e molte altre. Era un organismo che aveva sviluppato una efficace azione di sensibilizzazione, lo individuiamo come un valido canale di confronto e di coordinamento nella futura battaglia contro la nuova centrale di Trino, per questo iniziamo ad andare alle riunioni settimanali.
Coordinamento nella molteplicità delle posizioni presenti ma anche autodeterminazione nei percorsi di lotta, senza mai accettare che qualcuno voglia riportare le lotte dentro le compatibilità istituzionali o le faccia diventare un elemento simbolico di supporto all’azione parlamentare.
Sfoglia “Seconda centrale nucleare in Piemonte” e “Crescentino – Marcia antinucleare Domenica 24 marzo“:


Iniziamo a recarci con continuità nei paesi che circondano Trino, facciamo conoscenza con individualità e piccole realtà a Crescentino, Cigliano, Livorno Ferraris, Mazze. Usiamo la cascina di Domizio a Maglione come appoggio logistico. Il 15 febbraio a Vercelli si tiene una prima manifestazione, seguita da decine di assemblee nei paesini del Vercellese per preparare la prima marcia.
La marcia, il 24 marzo si svolge tra Crescentino e Trino, 15 km in una giornata assolata in mezzo a una distesa di risaie con 8.000 partecipanti. A dare manforte nei numeri al nostro spezzone concorrono decine e decine di compagni /e di altre città. A fine marcia al comizio conclusivo fischiamo rumorosamente l’intervento dell’esponente della Fgci in versione anti-nuke in un partito il Pci profondamente nuclearista, come si capisce bene dal manifesto appeso nel Vercellese dal Pci.
Sfoglia “No alla Centrale Nucleare – Volantini – 1985“:


Domenica 24 marzo 1985, Trino Vercellese, un piccolo paese della bassa piemontese, è il teatro di una delle più grandi manifestazioni contro il nucleare in Italia, ed è un passaggio fondamentale di questo movimento.
La manifestazione era stata indetta contro il progetto di costruzione di una centrale nucleare sul territorio di Trino della potenza di 2000 Mw.
E’ importante dire che in questo comune era già presente dal 1964 un’altra centrale nucleare da 270 Mw, la Enrico Fermi, la quale fu una delle primissime centrali non solo in Italia ma anche nel mondo, e che detenne il primato di maggior produttività mondiale per quasi tutti gli anni ’60.
Il progetto della nuova centrale era stato varato dalla giunta regionale e sostenuto dalla giunta del PCI di Trino. La giunta comunale si offerse di ospitare il sito nucleare a causa del rifiuto espresso da tutti i paesi circostanti.
Il movimento contro la centrale ed in generale contro l’utilizzo dell’energia nucleare aveva già mostrato la sua combattività e decisione in un presidio sotto la regione Piemonte, in cui numerosi contadini e abitanti di Trino e dintorni, insieme ai comitati anti-nucleare, avevano resistito alle pressanti cariche della polizia che voleva bloccare la protesta.
La manifestazione del 24 marzo si svolse attraverso una marcia di 15 km da Crescentino a Trino, la quale vide la partecipazione di più di 8.000 persone. Alla marcia parteciparono i comitati popolari contro il nucleare, Legambiente, liste dei Verdi e Fgci.
Il corteo si svolse sostanzialmente in modo tranquillo e senza particolari momenti di tensione; questo dovuto molto probabilmente alla camminata per molti estenuante,; la scelta di questa formula era stata spinta e supportata dall’arco delle organizzazioni “istituzionali” ed ambientaliste, che volevano smorzare e costringere il malcontento popolare, che già aveva espresso enormi potenzialità e propositive di conflittualità.
Infatti la maggioranza degli abitanti della zona limitrofa alla centrale non voleva che il territorio fosse ulteriormente deturpato da un’altra centrale che avrebbe sicuramente compromesso il comparto agricolo e non caddero nel “tranello” tesogli dai sindacati che cercavano di far accettare la centrale come opportunità di nuovi posti di lavoro.
Quella giornata di mobilitazione fu molto importante dal punto di vista politico per il movimento anti nucleare, perché fu capace, sebbene non in modo completo, di opporsi alla partecipazione della FGCI fischiandone i rappresentanti durante il comizio finale, impedendo di fatto i tentativo del PCI di recuperare consensi fra la popolazione.
Fu inoltre una giornata decisiva per la contestazione dal basso e proletaria al PEN (Piano Energetico Nazionale), perché fu capace di unire i comitati popolari contro il nucleare e contribuì ad un effettivo avanzamento della lotta anti-nucleare senza che potesse essere rinchiusa all’interno dei binari del pacifismo. E diede alla lotta contro la distruzione del territorio e contro il piano di ristrutturazione energetica la propulsione e la capacità di essere anche e soprattutto lotta contro il capitale e contro le sue strutture.





Il 20 aprile a Roma decine di migliaia di partecipanti alla manifestazione “In nome del popolo inquinato” indetta da Lega Ambiente. Da Torino viene organizzato un treno speciale.


14 novembre 1985: presidio in 400 davanti al Tar a Torino.
26 aprile 1986: la nube proveniente dall’incidente alla centrale nucleare di Chernobyl semina il terrore per tutta l’Europa. Ricordiamo l’Italia sotto la nube, assalti ai banchi dei surgelati, latte verdure e frutta off-limits, il governo che minimizza i dati sulla radioattività, in pochi giorni la stragrande maggioranza della popolazione diventa contraria alle centrali nucleari.

11 maggio 1986: marcia Casale Monferrato -Trino Vercellese
Domenica 11 maggio sull’onda delle preoccupazioni e della rabbia dovuta alla nube radioattiva che aveva investito l’Europa 30.000 persone e attivisti antinucleari sfilano da Casale a Trino in una marcia di 16 km, partenza alle 10 da Casale, intermezzo con pranzo sociale a Morano Po a metà strada, arrivo a Trino verso le 17. Arrivati a Trino un migliaio di compagne/i lasciarono la sfilata e si recarono di fronte alla centrale in funzione “E. Fermi” per concludere la marcia, indicando che andare in massa alle centrali per bloccarle era la strada su cui il movimento antinucleare doveva incamminarsi.
Manifestazione a Trino Vercellese – 1986:









25 settembre 1986: primo blocco dei lavori al cantiere della centrale di “Leri-Cavour” di Trino. Fin dal mattino presto si bloccano i cinque ingressi del cantiere e alle 10 si procede all’occupazione del sito sotto una pioggia battente.
Sfoglia “Nucleare NO – 1985” e “REBELLES n. 1 – Giornale del Collettivo Comunista Torinese“:


10 ottobre 1986 – Blocco al cantiere di Trino Vercellese
“Autonomi si scatenano a Trino” fu il titolo della pagina che “La Stampa” dell’11 ottobre 1986 dedicò all’assalto del giorno precedente al cantiere della centrale nucleare di Trino vercellese. A rileggerlo oggi, il 10 ottobre 1986 continua a rappresentare una tappa fondamentale del movimento antinucleare, e più in generale di tutto il movimento antagonista italiano. Si era nel pieno degli anni ottanta, gli anni dell’edonismo, della “Milano da bere” e del rilancio economico; sulla parte antagonista era invece ancora percepibile il vento freddo del riflusso, la sconfitta operaia, il disimpegno delle masse proletarie. Diverse migliaia i compagni ancora in galera. In un momento storico per i movimenti difficilissimo, la lotta contro il nucleare fu dunque il terreno sul quale si formarono nuove generazioni di compagni, che presero in mano l’eredità del movimento del 77 e le istanze dell’autonomia operaia e seppero proiettarle nel futuro.
Il 10 ottobre 1986 vennero organizzate in contemporanea in diverse località italiane delle marce antinucleari, che avevano come obiettivo il blocco dei lavori all’interno dei vari cantieri. A Trino vercellese ci fu il salto di qualità. Una parte consistente dei manifestanti non si accontentò del semplice blocco, ma entrò direttamente nel cantiere, occupandolo. Ruspe e altri macchinari furono danneggiati e messi fuori uso. I danni furono calcolati in 500 milioni di lire di allora. Il movimento aveva dato un segnale preciso: non erano più sufficienti l’azione simbolica, il gioco della mediazione, la semplice testimonianza. Occorreva agire direttamente, impedendo nei fatti il proseguimento dei lavori. Il governo e tutti quanti avevano interessi nell’affare nucleare dovevano sapere che se avessero continuato coi loro propositi avrebbero dovuto fare i conti con un’opposizione sociale sempre più consapevole e determinata. E questo nonostante l’opera di “pompieraggio” svolta dalle componenti istituzionali del movimento, che – ieri come oggi – fecero di tutto per riassorbire all’interno di percorsi di delega e rappresentanza le spinte di cambiamento e trasformazione che provenivano dalle lotte. Di seguito riportiamo alcuni stralci di documenti dell’epoca, pubblicati come supplemento alla rivista Rosso Vivo, n. 6. Inoltre, pubblichiamo la scansione delle foto originali dell’epoca, a suo tempo causa di diversi ordini di perquisizione nei confronti di alcuni compagni e di alcune sedi di collettivi politici dell’autonomia.
Il filo rosso di una stagione di lotta
10 maggio a Roma. Un corteo di 100.000 persone attraversa le strade di Roma […]
11 maggio a Trino. Una grande manifestazione di 30.000 persone da Casale a Trino contro la costruenda centrale nucleare […]
1 giugno a Cavarzere (Venezia). Manifestazione regionale contro il nucleare. 5000 partecipanti.
11 luglio. Blocco a Caorso (PC). 200 compagni attuano il blocco degli ingressi della centrale in funzione da 2000 Mw […]
5-20 luglio. Campeggio di lotta contro il Pec di Brasimone […] (svariate iniziative antinucleari si tennero durante il campeggio)
28 luglio – 4 agosto. Campeggio antiNato a Maniago […] (fra le iniziative il 2 agosto il corteo ad Aviano con sassaiole contro strutture Nato)
2-10 agosto. Campeggio antinucleare a Montalto di Castro. Al cui interno viene organizzato: 6 agosto, 5000 compagni bloccano l’ingresso della costruenda centrale da 2000 Mw […]
25 settembre. Blocco dei lavori a Trino vercellese […]
10 ottobre. Blocco dei lavori a Montalto, a Trino, a Latina al Pec di Brasimone […]
Contro l’energia padrona
In questi ultimi mesi, nel cosiddetto “dopo-Chernobyl”, le lotte del movimento antinucleare, a livello nazionale ma anche qui, nel Piemonte, hanno avuto una vigorosa ripresa. I blocchi del 25 settembre e del 10 ottobre hanno dimostrato che una fase nuova si è aperta, quella dell’azione diretta di massa, puntuale, compatta e militante.
Per anni il ceto politico presente all’interno del movimento antinucleare piemontese ha svolto un ruolo di freno per l’iniziativa antinucleare. Forme di mediazione più o meno istituzionali si sono incrociate con marce domenicali, anche grandiose (30 mila persone il 10 maggio alla Casale-Trino), ma che ben poco avevano da esprimere dal punto di vista della lotta reale.
Per troppo tempo questo ceto politico, verdi, DP e affini vari, si sono barcamenati dentro a un metodo di lavoro che tendeva a rappresentare le lotte come elemento simbolico, come forma di pressione da utilizzare dai vari partitini per la propria azione parlamentare, e coccolandosi PCI e sindacato.
La componente di classe, tesa a ricostruire un tessuto collettivo di lotta a Torino, ha ribattuto in tutte le occasioni di lotta, dando battaglia politica alle manovre riformiste e indicando il terreno sul quale un movimento reale, non d’opinione, si deve misurare.
In occasione della “marcia” del 10/5 più di mille compagni uscirono dalla sfilata e si recarono di fronte alla centrale in funzione “E. Fermi”, indicando chiaramente che quello di andare in massa di fronte alle centrali era la strada su cui il movimento antinucleare doveva incamminarsi.[…]
Per noi il piano nucleare non è nè la maledizione di belzebù, nè una delle malefatte dell’uomo, bensì una scelta precisa che stato e padroni fanno. […]
Per questo interpretiamo la lotta al nucleare come la lotta all’energia padrona. Cioè di una lotta che partendo dalla critica del ciclo nucleare, quali la nocività, la pericolosità, la militarizzazione, sia in grado di generalizzarsi per mettere sotto accusa il maggior produttore di nocività: sia esso il capitalismo o il “socialismo” sovietico… […]
Trino 10/10 – Note in merito a…
Sulla giornata di lotta del 10 ottobre, che ha visto praticato a Trino, oltre al blocco dei lavori, l’occupazione di massa del cantiere nucleare e la conseguente messa fuori uso di strumenti e macchinari del cantiere, alcuni burocrati di partito (lingue biforcute) hanno posto una serie di obiezioni. “Lingue biforcute che cercano, in ogni occasione, di ridimensionare l’agire politico dell’autonomia operaia e proletaria coi soliti metodi stravaganti, che si caratterizzano con un notevole astio per tutti coloro, “orrore”, che non si adeguano ai “nuovi valori” imperanti, verdi o riformisti che siano, fatte di una serie di dogmi della non violenza che coincidono, sovente e stranamente, con la legalità borghese.
Quello che ci dà fastidio è che questi “non-violenti” non sono quelli “lineari”, quelli dei training autogeni, ma bensì noti trasformisti della politica, che dopo una lunga e travagliata navigazione, magari chiudendo qualche scheletro nell’armadio, hanno raggiunto ben più tranquille sponde e ben più robusti scranni.
Alcuni ci hanno detto: “i tempi non sono maturi, il movimento non è maturo, non è ancora pronto”.
Ma quando lo sarà? […]
Il metro di misura su cui ci si muove è fondato sui rapporti di forza e sulla crescita che il movimento si dà, e non certo sul dilemma “violenza e non violenza” o su un presunto galateo non violento. Un movimento di lotta reale, non può essere rinchiuso dentro schemi preordinati sulle proprie forme di lotta, che vengono decise e calate dall’alto, altrimenti ci si muove dentro un’ottica ben misera di un movimento modellato a proprio uso e consumo, incapace di autodeterminare i propri percorsi di lotta. Ogni tentativo di “incanalare” dentro i propri parametri paraistituzionali le forme e i passaggi di lotta da praticare non riuscirà. I blocchi dei lavori a Leri Cavour del 25 settembre e del 10 ottobre, l’occupazione del cantiere nucleare, la presenza “vivace” a Trino, la pratica dell’obiettivo lo dimostrano e sono il dato politico che bisogna sviluppare ulteriormente. Su tutto ciò è necessario costruire lotta, dibattito e organizzazione autonoma. […].











Sfoglia “NO Nucleare – 1986” e “Cronache di una lotta antinucleare“:


Sfoglia “Ora e sempre NO al Nucleare” e “Collettivo Comunista Autonomo – No al Nucleare“:


Sfoglia “Agenzia stampa PO1 – Luglio/Agosto 1985” e “Agenzia stampa PO1 – Settembre 1985“:


Sfoglia “PoUno/Notizie – Febbraio 1986” e “Zona smilitarizzata – Marzo 1986“:


Sfoglia “PoUno/Notizie – Marzo 1986” e “PoUno/Notizie – Luglio 1986“:


Sfoglia “PoUno/Notizie – Settembre 1986” e “PoUno/Notizie – Novembre 1986“:


Sfoglia “PoUno/Notizie – Aprile 1987” e “Biellese Proletario“:


Sfoglia “Eppure soffia – 1984“, “Eppure soffia – 1985“:


Sfoglia “Zona smilitarizzata” e “Eppure soffia – 1986“:


“Gioventù operaia – Giugno 1986“:

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