Se Netflix scambia l’entertainment impegnato con la propaganda turca
E’ sbarcata anche su Netflix Italia la serie “Wolf”, (titolo originale “Börü”), seconda serie di produzione turca, dopo il fantasy “The Protector”, ad arrivare nel nostro paese tramite la celebre piattaforma di intrattenimento.
Se in “The Protector” ci trovavamo alle prese con il nuovo Protettore della città di Istanbul, “Wolf” ci racconta di un’unità di operazioni speciali della polizia che svolge missioni in tutta la Turchia. Un telefilm drammatico/militare che si risolve in una mera e disgustosa propaganda nazionalista turca, con le forze armate impegnate nella lotta al “terrorismo”, cioè tutto ciò che è inviso al sultano Erdogan. Il nome scelto per la serie, inoltre, non può non richiamare alla mente il gruppo fascista e nazionalista turco dei “Lupi grigi”.
La serie è del febbraio di quest’anno, ma giunge in Italia nel momento meno opportuno, quando cioè l’esercito turco minaccia un nuovo attacco alla Siria del Nord e alla rivoluzione del Rojava.
Facile capire il bisogno della Turchia di spingere per produzioni cinematografiche autocelebrative, che narrino la grandezza del regime e demonizzino le sue opposizioni. Vergognoso però che questa immondizia venga silenziosamente diffusa anche da noi e che la propaganda di Erdogan venga distribuita proprio mentre le milizie turche, anziché combattere il terrorismo, tornano ad armarlo e organizzarlo, per scatenare ciò resta dell’Isis e delle bande jihadiste sul confine siriano. Per questi motivi durante la sua distribuzione in Germania, questa serie ha destato molte polemiche.
Curioso anche che il canale di questa propaganda nazionalista sia proprio Netflix, rete che, almeno dalle nostre parti, strizza vistosamente l’occhio a un pubblico sensibile a determinate tematiche; dalle serie come “Sense 8“, esplicitamente schierate per i diritti LGBT, fino alla produzione del film sugli ultimi giorni di Stefano Cucchi, “Sulla mia pelle”.
E proprio riguardo a questo film non possiamo fare a meno di ricordare la crociata di Netflix nei confronti di tutte le realtà che avevano organizzato proiezioni gratuite, dalla cancellazione degli eventi facebook alla minaccia di denunce. In quei giorni diverse voci si levarono tra addetti ai lavori e semplici utenti della piattaforma, in difesa del “diritto d’autore” di Netflix, alcuni anche arrivando a sostenere che un canale così “progressista” andava sostenuto. Confondere una multinazionale dell’intrattenimento (anche se camuffata con contenuti condivisibili) con una produzione di cinema “militante” o “d’autore” ci sembrava e ci sembra tutt’ora un errore non da poco, ma forse quest’ultima vicenda può aiutare anche i più refrattari ad aprire gli occhi al riguardo. Perché, quale che sia la tematica trattata, l’obiettivo di Netflix è solo di trarne profitto.
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