Muore Luis Auguste Blanqui
“il capitale è lavoro rubato”
“Il comunismo, che è la Rivoluzione stessa, deve stare attento a non prendere l’aspetto dell’utopia e a non separarsi mai dalla politica.”
“chi ha del ferro ha del pane”
“L’economia politica è il codice dell’usura.”
E’ sufficiente leggere alcune delle sue citazioni, per comprendere il carattere innovativo e pionieristico del suo pensiero, delle sue azioni e innumerevoli gesta.
Auguste Blanqui detto l’Enferme, l’arrestato, perché passò più anni della sua vita in carcere che in libertà, muore il 1° gennaio di 1881, a settantasei anni, di ictus. Ma nel ricordarlo, più che la sua morte, ci interessa la sua esistenza e la sua inarrestabile, questa sì, volontà di insorgenza contro il potere costituito e padronale, che è essa stessa testimonianza del suo pensiero politico e indomitamente rivoluzionario.
D’ ispirazione e indole comunista e marxista, e formatosi anche grazie alle teorie cospirative di Buonarroti, e della carboneria francese, che lo vide aderire poco più che diciannovenne, nell’arco della sua vita compì innumerevoli tentativi insurrezionali – circa nove contro quattro regimi successivi- tentativi che non vennero mai scoperti anzi tempo. Partecipò e fondò diverse società segrete, in uno stato di cospirazione permanente, che non fu mai placato nemmeno dagli innumerevoli processi e le relative condanne che ricevette durante la sua militanza politica.
Tra le sue gesta è da ricordare l’organizzazione dell’Insurrezione del 1839, sommossa che mirava alla presa della Prefettura di Parigi e del Palazzo di Giustizia, allora sotto il governo di Luigi Filippo. Questa azione, il cui piano era stato appositamente pensato da Blanqui, dal punto di vista politico, ma anche tecnico, (con tanto di studio dei punti strategici, disposizione e struttura delle barricate, organizzazione delle fila rivoluzionarie in colonne) lo rivela come ambizioso stratega sempre in prima linea, oltre che teorico intellettuale, anche attivo protagonista delle sommosse, un uomo d’azione, un agitatore di masse.
Fu uno degli ispiratori della Comune Di Parigi, anche se non vi prese parte, poiché venne arrestato il giorno prima della Proclamazione, accusato dell’occupazione dell’Hotel de Ville di Parigi nell’ottobre 1870.
Blanqui rivendica (anche nelle aule di tribunale) di essere rivoluzionario di professione, un proletario, un rivoluzionario proletario, appellativo che gli rivolse lo stesso Marx.
Uno dei suoi pregi, da come si legge in Istruzioni per un’insurrezione armata, del ‘68, è quello di aver puntato il riflettore sul miglioramento dell’organizzazione per una pratica rivoluzionaria che punta alla vittoria. «Senza organizzazione, nessuna possibilità di successo. L’organizzazione è la vittoria: la dispersione, la morte». Il problema cardine nel suo pensiero è l’inesperienza e la confusione, serve disciplina e arte, specialmente, spiega, quando il governo è «in piena anarchia» e «le truppe demoralizzate».
La sua visione politica avrebbe influenzato fortemente il pensiero operaio, quello socialista e quello comunista dell’Ottocento, al cui interno si sarebbe sviluppata una vera e propria corrente ispirata al pensiero di Blanqui, appunto il Blanquismo, teoria rivoluzionaria che mira alla presa del potere da parte del proletariato attraverso un colpo di stato, operato da ristretti gruppi di rivoluzionari, o avanguardie, perfettamente addestrati. Questa sfumatura che fa emergere nel suo pensiero il carattere prettamente tecnico avanguardista dell’azione rivoluzionaria gli procurò la critica di verticismo e immaturità strategica politica, anche da parte di Marx, che però ereditò proprio da Blanqui e dal suo pensiero l’espressione “ Dittatura del proletariato”.
Guarda “ENTRE PRISON ET INSURRECTION : BLANQUI – Minutes Rouges ep 48“:
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