Assassinio di Emiliano Zapata
Il 10 aprile 1919 moriva assassinato presso l’hacienda di Chinameca, il leader della rivoluzione messicana, Emiliano Zapata.
Nato l’8 agosto del 1879 nel villaggio di Anenecuilco, nello stato di Morelos, Emiliano è il penultimo dei dieci figli di una delle tante famiglie impoverite dalle haciendas, le grandi aziende agricole divoratrici di terre che sono l’asse della modernizzazione promossa dal dittatore Porfirio Díaz.
Emiliano riceve l’istruzione elementare fino a quando, rimasto orfano all’età di 16 anni, comincia a lavorare distinguendosi ben presto come buon agricoltore. Dotato di una mente inquieta e di una natura indipendente, non tarda a conquistarsi una posizione di prestigio all’interno della comunità.
All’inizio del secolo conosce due personaggi che giocheranno un ruolo importante nella sua vita: Pablo Torres Burgos e Otilio Montaño. Entrambi sono maestri di scuola.Il primo gli mette a disposizione la propria biblioteca dove vi può leggere anche “Regeneración”, la rivista clandestina dei fratelli Flores Magòn. Il suo battesimo politico avviene nel 1909 quando eletto sindaco di Anenecuilco appoggia il candidato governatore Patricio Leyva. La vittoria dell’aspirante ufficiale, Pablo Escandón, provoca ad Anenecuilco dure rappresaglie e nuove perdite di terre. Dopo aver cercato di risolvere i problemi del pueblo (contadini) per via legale nella seconda metà del 1910 Zapata e i suoi iniziano ad occupare e a distribuire le terre. é a questo punto che si lancia definitivamente nella lotta armata diventando, dopo la morte di Torres Burgos, il capo indiscusso della rivoluzione nel Sud. Appoggiato dai pueblos, riesce a tenere in scacco le truppe governative fino alla rinuncia del dittatore nel maggio del 1911. Nel frattempo il neo presidente Madero, che aveva promesso gli adeguamenti di terre per i contadini, si mostra invece insensibile ai problemi del pueblo. La rottura è inevitabile e Zapata e i suoi riprendono le armi lanciando il Plan de Ayala dove si definisce Madero un traditore e si decreta la restituzione delle terre.
Scrive Zapata al suo futuro successore Gildardo Magaña, ” sono disposto a lottare contro tutto e tutti”. Ha inizio una guerra lunga e difficile, prima contro Madero, poi contro Huerta e infine contro Carranza. I soldati dell’Ejército Libertador del Sur combattono in unità mobili di due o trecento uomini comandati da un ufficiale con il grado di “colonnello” o “generale”. Applicando la tecnica della guerriglia, colpiscono i distaccamenti militari per poi abbandonare la carabina 30/30 e scomparire nel nulla. Invano, i federales mettono il Morelos a ferro e fuoco: gli zapatisti sono inafferrabili.
Verso la fine del 1913, grazie anche alle spettacolari vittorie di Villa al nord, l’antico regime traballa. Dopo la fuga di Huerta (15 luglio), nell’autunno 1914 si celebra ad Aguascalientes una Convenzione tra le differenti frazioni rivoluzionarie che però non riescono a trovare l’accordo. Tra la costernazione dei presenti, il delegato zapatista, Antonio Díaz Soto y Gama, strappa la bandiera nazionale proclamando la necessità di “farla finita con tutte le astrazioni che opprimono il popolo”.
In dicembre, in seguito alla rottura con Carranza, che rappresenta la borghesia agraria del nord, le truppe contadine di Villa e Zapata entrano trionfanti a Città del Messico inalberando i vessilli della vergine della Guadalupe, patrona dei popoli indigeni. Gli abitanti della capitale hanno paura dell’Attila del Sud, però i rivoluzionari non commettono saccheggi né atti di violenza. In un gesto poi diventato famoso, Zapata rifiuta l’invito a sedere sulla poltrona presidenziale: “non combatto per questo. Combatto per le terre, perché le restituiscano”. E torna nel Morelos, territorio libero dopo la fuga dei proprietari terrieri e dei federales.
Nel 1915 prende forma la comune di Morelos, dove gli zapatisti distribuiscono terre e promulgano leggi per restituire il potere ai pueblos affiancati da giovani artisti ed intellettuali provenienti da Città del Messico.
Dopo qualche anno di declino della rivoluzione, nel 1919 Emiliano Zapata viene attirato in un imboscata e assassinato.
Zapata non ha mai smesso di cavalcare insieme agli indigeni messicani per la libertà e contro lo sfruttamento. L’abbiamo rivisto verso la fine del 1900 riprendere in spalla il fucile per i più poveri, per il suo popolo.
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