InfoAut
Immagine di copertina per il post

Il rapimento D’Urso

||||

Il 12 dicembre 1980, a Roma, un gruppo di militanti delle Brigate Rosse rapisce Giovanni D’Urso, direttore dell’Ufficio III della Direzione generale degli Istituti di prevenzione e pena.

D’Urso, magistrato che aveva ottenuto il ruolo di responsabile dello smistamento dei prigionieri tra le carceri di massima sicurezza, verrà liberato il 15 gennaio.

Il sequestro D’Urso sarà segnale di alcuni importanti cambiamenti che avverranno all’interno delle Brigate Rosse, in quel periodo sconvolte da una significativa discussione interna, dovuta dalla problematicità della fase politica (è l’anno della “marcia dei 40 mila”) e dalla difficoltà di trovare una progettualità comune alle varie “colonne”.

Questa azione significherà principalmente due cose: da un lato la volontà di portare avanti la lotta alla repressione e dall’altro l’utilizzo e l’attacco che le BR faranno nei confronti dei mass media.

Per quanto riguarda il primo aspetto le BR dichiareranno sin da subito, con il primo comunicato, di richiedere la distruzione del carcere dell’Asinara, simbolo della tortura perpetrata nei confronti dei prigionieri politici.

Per quanto riguarda il secondo elemento, che assumerà maggiore importanza, le BR porranno tra le loro richieste quella che i propri comunicati vengano pubblicati integralmente sui maggiori quotidiani. Il sequestro D’Urso ebbe, più di altre azioni dei vari gruppi armati, una grossa capacità di spaccare il fronte dello Stato. I giornali, infatti, se dapprima si mostrarono uniti nel non soddisfare le richieste dei brigatisti, poi si trovarono costretti a dedicare ampi spazi ai comunicati delle BR, con la speranza di garantire la salvezza a D’Urso. Una certa divisione si ebbe anche nell’ambiente della magistratura, stanca di dover pagare il prezzo di quelle che considera deficienze del sistema politico, oscillante tra il fronte della fermezza e quello che voleva al più presto la liberazione di D’Urso.

Ad infiammare il clima sarà anche la rivolta nel carcere di Trani, che avverrà il 28 dicembre. I prigionieri, che tenevano in ostaggio 19 agenti, con un comunicato si uniranno alla richiesta dei brigatisti di chiudere l’Asinara. Questa unione cambierà di molto gli equilibri e la controparte si troverà a rapportarsi con un fronte unito che chiederà inoltre la “Non proroga e definitivo scadimento del decreto legge sulle carceri speciali, la modifica sostanziale del vigente regolamento carcerari, l’ aumento della socialità interna e con l’esterno, la riduzione sostanziale della carcerazione preventiva, l’abolizione del fermo di polizia e di ogni pratica di tortura nelle carceri e nelle caserme” (Comunicato n 1 del “Comitato di Lotta dei Proletari Prigionieri di Trani”).

La rivolta sarà repressa nel sangue con una maxi operazione dei reparti speciali di polizia, che si concluderà con la liberazione dei 19 agenti e una trentina di feriti.

Intanto il ruolo dei quotidiani diventa sempre più importante e, soprattutto, diventa sempre più netta la frattura tra chi sceglie di pubblicare i comunicati e chi continua a seguire la linea del “black out”. Principalmente i due schieramenti verranno rappresentati rispettivamente da l’Avanti! e dal Corriere della Sera. La questione della pubblicazione dei comunicati viene a assumere un ruolo di prima importanza, e l’opinione pubblica, vista la minaccia dell’esecuzione di D’Urso, arriva a schierarsi quasi nella totalità a favore dell’accoglimento delle richieste dei rapitori (anche a causa degli appelli della moglie del magistrato diretti a ottenere la liberazione del marito).

I brigatisti libereranno D’Urso e pubblicheranno un comunicato conclusivo riguardo al ruolo assunto dai media e dei risultati ottenuti attraverso la propria azione, del quale riportiamo un frammento: “La stampa di regime è un’arma della borghesia contro il proletariato, e averla costretta, indebolendo il suo ruolo, a dare informazione sul movimento rivoluzionario è un risultato non da poco… La chiusura dell’Asinara è una tappa fondamentale nella storia e nelle lotte del movimento dei Proletari Prigionieri”.

Guarda “Le Brigate Rosse rivendicano il rapimento del giudice Giovanni D’Urso – 13/12/1980“:

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Storia di Classedi redazioneTag correlati:

brD'Ursorapimento

Accadeva Oggi

  1. 1968

    Immagine di copertina per il post

    La rivolta di Avola

    Verso la fine degli anni Sessanta, la società rurale siciliana era caratterizzata da forti squilibri sociali e da un pesante sfruttamento dei lavoratori agricoli. Da un lato la riforma agraria del 1950 aveva spezzato i gruppi di potere economico e politico provocando la fuga della grande proprietà latifondista; dall’altro però, solo enti statali e speculatori […]

  2. 1977

    Immagine di copertina per il post

    Il movimento 77 romano si spacca

    “TESTIMONIANZA DI VINCENZO MILIUCCI” Alla vigilia della manifestazione dei metalmeccanici, il 2 dicembre a Roma, il movimento si spacca in due assemblee… D – Come due assemblee…? Miliucci – Si defilano un centinaio di compagni e compagne che seguiranno le indicazioni moderate dei cosiddetti “11” – Bemocchi, Mordenti, D’Arcangelo, D’Avossa, Striano… – che si riuniranno […]

  3. 1977

    Immagine di copertina per il post

    L’ultimo “paziente” di Giorgio Coda

    Il 2 dicembre 1977, un nucleo di Prima Linea ferisce alle gambe lo psichiatra Giorgio Coda, a lungo a capo dei manicomi di Collegno e Villa Azzurra. Nel processo di primo grado che lo vede protagonista per le sevizie contro i piccoli pazienti del manicomio di Collegno, Coda viene condannato a cinque anni di reclusione: […]