Il 12 marzo 1977 a Roma parte da piazza dell’Essedra per percorrere via Nazionale uno dei cortei che segnerà i caratteri di quell’anno. Un corteo di centomila persone, di centomila compagni solca la città.
Immediatamente il corteo si trova la strada sbarrata da un massiccio schieramento di polizia davanti a via Nazionale. Per evitare la dispersione della piazza che ancora si stava riempendo i compagni decidono di cambiare il percorso. Il corteo quindi devia in via Cavour passando per via dei Fiori Imperiali e poi Piazza Venezia.
Da parte di un numero cospicuo di compagni dunque avviene un attacco alla sede della DC in Piazza del Gesù. Qui il corteo si divide in due tronconi: uno prosegue verso piazza Argentina e l’altro rifluisce verso piazza Venezia per poi proseguire verso il Teatro di Marcello ed il Lungo Tevere che costeggia il Ghetto. I due tronconi si sono poi qui riunificati e hanno proseguito costeggiando la riva del fiume fino a Piazza del Popolo. Tutti i ponti sul Tevere erano bloccati dalla polizia in assetto da guerra ugualmente a tutti gli accessi nel centro città e nelle vicinanze dei ministeri e delle banche. La rivolta del proletariato, la rabbia di una generazione esclusa dal patto sociale non doveva arrivare con i propri echi alle orecchie dei padroni.
I compagni però si sono resi conto che tentare di forzare quegli sbarramenti avrebbe significato uno scontro a fuoco con Carabinieri e Polizia. Lo stesso valeva nel cercare di attraversare il Tevere per arrivare al carcere di Regina Coeli.
Il corteo di massa quindi è finito in Piazza del Popolo. Fino ad allora ogni avventurismo era stato evitato e le azioni di violenza armata erano state effettuate da nuclei del servizio d’ordine che si defilavano dal corteo, agivano e poi tornavano nel suo centro, in pieno concerto con la massa che attraversava quella mobilitazione. Il corteo fino ad allora era stato il centro logistico delle azioni che poi erano state demandate al servizio d’ordine. Ma tutti i compagni hanno avvertito da Piazza del Popolo in poi l’impossibilità di mantenere la compattezza del corteo e la sua protezione nei fianchi. L’indicazione è stata quella di defilarsi rapidamente per evitare rastrellamenti e da quel punto in poi l’attacco del movimento è stato demandato al servizio d’ordine, ai collettivi organizzati e ai gruppi di compagni formatesi spontanei.
A scontri finiti la polizia arresta a freddo centocinquanta compagni.
Pubblichiamo adesso il comunicato dei Comitati Autonomi Operai di Via dei Volsci sui fatti accaduti.
GIORNI CHE VALGONO ANNI
Non si può dare un giudizio sui fatti del 12 marzo a Roma, senza vedere la straordinaria capacità che il movimento ha avuto da Piazza Indipendenza in poi di superare in ogni scadenza quella precedente e di creare contemporaneamente presupposti per quella successiva. Sul nostro giornale “Rivolta di Classe” abbiamo scritto “giorni che valgono anni” e rispetto a questa verità notiamo due atteggiamenti principali. Da una parte ci sono gli idioti che continuano a scambiare la storia per i frammenti o per i vetri rotti che la storia produce, dall’altra parte ci sono i nemici più “intelligenti” che hanno sollevato un denso e intenso polverone propagandistico, ma che sanno altrettanto bene che non possono eludere la sostanza politica di massa che rimane salda dietro al polverone. A questo proposito è sufficiente appena scorrere gli interventi all’ultimo Comitato Centrale del PCI.
La granitica montagna del partito revisionista, la cui immobilità e la cui durezza tanta sfiducia politica ed organizzativa ha seminato tra i compagni in questi ultimi anni, sta subendo oggi un profondo scossone interno. Bruscamente risvegliati dall’incalzare vertiginoso degli avvenimenti e dopo aver con veemenza scaricato le loro cattive coscienze contro gli “squadristi”, le “bande armate”, i “provocatori”, ecc. i dirigenti del Pci si trovano oggi costretti a fare i conti con quello che per loro poteva all’inizio ancora essere un incubo, ma che andava via via prendendo i contorni netti della realtà.
Questa realtà ha infatti dimostrato di non essere tanto facilmente esorcizzabile dalla miseria degli anatemi, delle misure repressive, delle parate di regime.
La stessa capacità (di forza e di creatività) il 12 marzo e nelle precedenti scadenze di offendere e di difendersi dalla criminalità delle istituzioni, sancisce oggi, al di là di qualsiasi mistificazione, la reale volontà, la reale materialità di quei bisogni e di quelle aspirazioni comuniste che sono oggi alla base dei movimenti di coscienza e di prassi rivoluzionaria che animano tutti i settori del proletariato.
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