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Sciopero generale nel maggio ’68

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All’inizio i dirigenti del PCF avevano minimizzato le mobilitazioni studentesche e i leader sindacati avevano cercato di ignorarle. L’Humanité pubblicò un articolo a firma del futuro leader del PCF Georges Marchais con il titolo “Falsi rivoluzionari da smascherare” . Ma di fronte alla generale indignazione popolare e alla pressione della base, la burocrazia sindacale fu costretta a muoversi. L’11 maggio, i principali sindacati tra cui la CGT proclamarono lo sciopero generale per il 13 maggio.

Tornato in tutta fretta a Parigi, Georges Pompidou annunciò la riapertura della Sorbona per quello stesso giorno. Questo voleva essere un gesto di compromesso per scongiurare ulteriori esplosioni sociali. Ma era troppo poco, e troppo tardi.

Il fermento tra gli studenti fu solo la più evidente manifestazione di malcontento nella società francese. Nonostante il boom economico, i padroni francesi avevano applicato una pressione senza pietà sui lavoratori. Sotto una superficie di calma apparente si accumulavano in enorme misura malcontento, amarezza, frustrazione.

Lo sciopero generale del 13 Maggio segnò un punto di svolta qualitativo. Centinaia di migliaia di studenti e operai riempirono le strade di Parigi. Un’idea di questa giornata la può dare la seguente descrizione dell’imponente corteo di un milione di persone che percorse le strade di Parigi il 13 Maggio:

“Scorrevano senza fine. C’erano interi spezzoni composti da dipendenti sanitari in camice bianco, alcuni portavano cartelli con scritto ‘Où sont les disaparus des hopitaux?’ (‘Dove sono i feriti scomparsi’). Ogni fabbrica, ognuno dei principali luoghi di lavoro, sembravano essere rappresentati. C’erano numerosi gruppi di lavoratori delle ferrovie, postini, stampatori, dipendenti del Metro, operai metalmeccanici, lavoratori degli aeroporti e dei mercati, elettricisti, avvocati, lavoratori degli impianti fognari, impiegati di banca, operai edili, lavoratori del vetro e chimici, camerieri, impiegati municipali, verniciatori e decoratori, lavoratori del gas, commesse, impiegati assicurativi, spazzini, operatori cinematografici, conducenti di bus, insegnanti, operai delle nuove industrie plastiche, fila dopo fila dopo fila, la carne e il sangue della moderna società capitalista, una massa senza fine, una potenza che avrebbe potuto spazzare via ogni cosa davanti a sé, se solo avesse deciso di farlo.”

I dirigenti sindacali speravano che questo sarebbe stato sufficiente a fermare il movimento. Questi dirigenti non volevano che lo sciopero generale continuasse e si diffondesse. Vedevano la manifestazione come un mezzo per far diminuire la pressione. Ma una volta che iniziò, il movimento presto acquisì una propria vita. La convocazione dello sciopero generale fu come una pietra pesante gettata in un lago tranquillo. Le onde raggiunsero ogni angolo della Francia. Nonostante fossero soltanto tre milioni e mezzo circa i lavoratori organizzati in sindacati, dieci milioni scesero in sciopero e un’ondata di occupazioni di fabbriche prese avvio in tutta la Francia.

Il 14, il giorno dopo il corteo di massa a Parigi, gli operai occuparono le fabbriche di Sud-Aviation a Nantes e della Renault a Cléon, seguiti dai lavoratori della Renault a Flin, Le Mans e Boulogne-Billancourt. Gli scioperi colpirono altre fabbriche in tutta la Francia, e inoltre l’azienda di trasporti RATP e le ferrovie della SNCF. I giornali non venivano distribuiti. Il 18 maggio i minatori di carbone incrociarono le braccia e il trasporto pubblico si fermò a Parigi e in altre importanti città. Le ferrovie nazionali furono le successive a bloccarsi, seguite dal trasporto aereo e marittimo, gli operai del gas e dell’elettricità (che decisero di mantenere attive le forniture domestiche), i servizi postali e i traghetti attraverso la Manica.

Gli operai presero controllo delle forniture di carburante a Nantes, rifiutando l’ingresso a tutte le cisterne di benzina che non avessero ricevuto l’autorizzazione dal comitato di sciopero. Venne organizzato un picchetto presso l’unica pompa di benzina funzionante in tutta la città, in modo da assicurare che soltanto i medici potessero rifornirsi. Vennero stretti contatti con le organizzazioni di contadini nelle aree circostanti e vennero garantiti rifornimenti di cibo a prezzi fissati dagli operai e dai contadini. Per evitare speculazioni, i negozi dovevano esibire un adesivo nelle vetrine con la scritta: “Questo negozio è autorizzato e aperto. I suoi prezzi sono sotto la supervisione permanente dei sindacati.” L’adesivo era firmato da CGT, CFDT e FO. Un litro di latte era venduto a 50 centesimi contro i normali 80, un chilo di patate era scontato da 70 a 12 centesimi, un chilo di carote da 80 a 50, e così via.

Studenti, insegnanti, professionisti, contadini, calciatori, : tutti vennero trascinati nella lotta.

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