Attentato allo zar a San Pietroburgo
Sof’ja Perovskaja rivoluzionaria populista russa entra a far parte di Narodnaja Volja, che letteralmente significa «Volontà del Popolo», e partecipa all’organizzazione di vari attentati contro lo zar Alessandro II: il primo tentativo è attuato a Mosca nel novembre 1879, il secondo a Odessa nella primavera del 1880 ed il terzo, quello che finalmente provocherà la morte dello Zar, a San Pietroburgo il 13 marzo 1881.
L’attentato contro lo zar
Sof’ja Perovskaja partecipa in prima persona all’organizzazione dell’azione, che prevedeva l’intervento di Rysakov, Grinevickij, Michajlov e Emel’janov, i quali avrebbero lanciato ciascuno una bomba costruita da Kibal’cic qualora quella precedente non avesse colto nel segno.Se ancora lo zar si fosse salvato, come ultima risorsa sarebbe intervenuto Željabov con un pugnale. Purtroppo però, due giorni prima dell’attentato, Željabov viene arrestato. Sof’ja abbandona la casa che condivideva con il suo compagno a Prima Izmajlovskaja e si trasferisce da Vera Figner, assumendo la direzione delle operazioni.
Domenica 13 marzo del 1881, Kibal’čič e Perovskaja distribuiscono le bombe ai quattro lanciatori, i quali cominciano il proprio intervento poco dopo le 14:00: Rysakov scaglia un ordigno contro la carrozza imperiale mancando il bersaglio, ma subito dopo è la volta di Grineviski, la cui bomba colpisce nel segno uccidendo Alessandro II seppur al prezzo della propria vita. In totale i morti sono 3 e i feriti 20.
Già due giorni prima dell’attentato Andrej Željabov, militante di Narodnaja Volja e compagno di Sof’ja, era stato fermato dalle forze dell’ordine per le sue attività cospiratrici. Subito dopo l’attentato, Rysakov era stato immediatamente arrestato e sottoposto a torture e interrogatori pesantissimi che lo avevano indotto a fare i nomi dei suoi complici. Pentito, in seguito ritratterà, ma oramai era troppo tardi.
Così, la polizia segreta può arrestare prima Timofej Michajlov, poi il 22 marzo è la volta di Sof’ja ed infine, una settimana dopo, le porte del carcere si aprono per Nikolaj Kibal’cic [6]. Tutti sono giudicati colpevoli e condannati a morte per impiccagione. La sentenza viene eseguita a San Pietroburgo il 15 aprile 1881.
Ai piedi della forca quattro (Michajlov, Željabov, Perovskaja e Kibal’cic) dei cinque militanti di Volontà del Popolo si abbracciano sorridendo, felici di poter condividere insieme quella sorte. Rysakov, che invece aveva ceduto alle torture durante li interrogatori, viene tenuto in disparte e morirà in solitudine e senza il conforto dei compagni.
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