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La Lega Nord cacciata dai Murazzi

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Scontri autonomi-polizia: dodici feriti

Corriere della Sera

Sabato, 14 Settembre 1996

 

A Torino i giovani dei centri sociali tentano di assalire i leghisti. Gli agenti caricano: è guerriglia urbana. Scontri autonomi-polizia: dodici feriti

TORINO – Finisce male. Gli autonomi attaccano, la polizia spara i lacrimogeni, la gente scappa. I giovani dei centri sociali vogliono «punire» i leghisti che gridano «Padania, Padania». Tirano bottiglie e sassi. Gli agenti caricano. Dodici feriti. Una macchina distrutta e almeno dieci danneggiate.

Torino, ieri notte, alla fine della prima giornata «secessionista» della Lega. I lumbard arrivano dopo il comizio di Bossi a Moncalieri: sono un migliaio, non di più. Vogliono vedersi i fuochi d’artificio promessi dall’organizzazione del Carroccio sugli argini del Po, ai Murazzi. Il senatur arriva in battello: alle ventidue in punto dà il via allo spettacolo. Si fermano anche un centinaio di curiosi.

I fuochi «finti» durano un quarto d’ora. Poi cominciano quelli veri. Un gruppo di duecento autonomi lascia il grosso degli amici (che resta sulla sponda opposta del Po per un concerto). Vanno verso i leghisti. Si avvicinano. La polizia (circa quattrocento agenti) prepara un blocco: vuole tener separati leghisti e ragazzi dei centri sociali.

I lumbard si mettono a urlare slogan secessionisti sotto al monumento di Garibaldi. Gli autonomi rispondono con sassi e bottiglie. E qui scatta la carica di polizia e carabinieri. Manganellate e lancio di lacrimogeni. La paura prende tutti: leghisti, curiosi e autonomi cominciano a correre da tutte le parti. Una macchina della polizia viene capovolta e praticamente distrutta. Dieci tra carabinieri, agenti di polizia e vigili vengono feriti, così come due giovani «oppositori». Il più grave è un agente: trauma cranico per il lancio di una pietra. Una decina i «manganellati». Mentre un paio di ragazzi sono fermati e spediti in questura.

Per quasi un’ora agenti e autonomi si fronteggiano in piazza Vittorio Veneto. Bossi è già lontano da Torino. Arriva il questore Giuseppe Grassi: «C’era un concerto degli autonomi. Autorizzato ma distante. Un gruppetto si è staccato voleva raggiungere i leghisti… La polizia doveva intervenire. Non si poteva fare diversamente. Alla fine una minoranza di lumbard ha peggiorato il clima, polemizzando con i centri sociali. Fino all’ultimo ho pensato che potesse vincere il buon senso: mi sono sbagliato». Perché non vietare la manifestazione degli autonomi? «Era lontana, non si può proibire tutto».

Ha riferito a Bossi quello che è successo? Il questore fa spallucce e sorride: «No, naturalmente. Fino a prova contraria sono un questore della Repubblica italiana e non della Padania».

Tra i curiosi c’è anche Furio Colombo, giornalista, parlamentare dell’Ulivo eletto a Torino. Si informa, poi commenta: «Bossi ha creato un clima incandescente. E’ sua la responsabilità di quello che è accaduto. Continua a fare discorsi tragici e a prospettare una strada senza ritorno. Martedì, in aula, dirò che Bossi non può più sedere in Parlamento. Visto che vuole distruggerlo, dovrebbe almeno andarsene».

E gli autonomi? Se la prendono con la Lega e con la polizia. Con i lumbard «perché hanno continuato a insultare e a eccitare gli animi», con gli agenti «perché hanno caricato senza motivo, hanno sparato i lacrimogeni ad altezza d’uomo e hanno manganellato diversi ragazzi». In altri termini: «E’ la polizia che ha voluto e cercato lo scontro». Finisce così, con la guerriglia urbana di Torino, la giornata «del battesimo della Padania». Una giornata cominciata con i fiocchi rosa, le bandiere, il corteo d’auto da Saluzzo verso le sorgenti del Po. Poi la «cerimonia» di Bossi a Pian del Re (circa trecento persone), i comizi a Pian della Regina (un migliaio) e a Moncalieri (meno di tremila). Dalla festa alla battaglia.

 

Questa la cronaca del Corriere della Sera…… A seguire il comunicato stampa di Csa Murazzi e C. D. Senza Pazienza di Torino

 

Venerdì 13 settembre dopo le 20.00 sono affluite in Piazza Gran Madre oltre 10.000 persone. La manifestazione è cominciata con un concerto di Africa Unite, Amici di Roland e Mao e la rivoluzione: il ponte e le zone limitrofe erano presidiate da ingenti schieramenti di polizia e carabinieri.

Verso le 22 mentre la musica continuava una parte dei partecipanti si sono raccolti in corteo e hanno cominciato a muoversi sul ponte. Forzato lo schieramento di polizia, la manifestazione è proseguita raccogliendo 4.000 persone.

Il corteo svolta in Piazza Vittorio e percorreva il lungo Po.

La determinazione dei compagni/e, dei proletari e della gente rompeva così il divieto imposto dalla Questura su ordine del ministro degli interni, il PDS Napolitano.

Il CSA Murazzi e il cd Senza Pazienza hanno invitato a mobilitarsi non per difendere lo Stato e le istituzioni ma per opporsi al razzismo dilagante, alle discriminazioni sociali sempre più pesanti che tendono a difendere solo gli interessi degli industriali, dei commercianti, dei liberi professionisti, degli evasori che diventano sempre più ricchi e potenti mentre impongono ai proletari e ai ceti sociali più deboli maggior sfruttamento, tagli ai salari, disoccupazione e annullamento delle garanzie sociali. La nostra progettualità è fortemente critica rispetto alle facili soluzioni che cavalcano le mode federalista e interclassiste che portano a illudersi, a chi pensa che la riappropriazione del reddito è dei bisogni proletari possa essere ricercata con improbabili rivolte fiscali o con “comunità padane” alternative. L’antagonismo e l’autonomia di classe possono svilupparsi solo con la contrapposizione precisa e netta allo Stato, alle istituzioni e al sistema dei partiti con la capacità quotidiana di creare sovversione, alterità e contropotere a livello di massa e non nella trasgressività virtuale ma nella pratica reale.

La determinazione e la rabbia della manifestazione si sono opposte alle forze dell’ordine con uno scontro in Corso Cairoli: qui la testa del corteo ha respinto la polizia che voleva impedire la prosecuzione della manifestazione. Sono seguite dure cariche a cui i compagni/e presenti sul luogo hanno risposto sostenendo lo scontro. Il successo e la partecipazione di massa alla manifestazione dimostrano che l’indicazione politica di mobilitarsi è stata giusta: chi ha voluto proporre la “strategia della disattenzione” è stato radicalmente smentito dai fatti: chi ha cercato attraverso discorsi fumosi di ridurre il peso della Lega, ignorandone la complessità dei discorsi che vi stanno dietro, ha dovuto ricredersi. La manifestazione di venerdì 13 ha concretamente dimostrato che è possibile costruire mobilitazioni di massa su chiari contenuti antagonisti sviluppando i processi per una reale e forte autonomia di classe.

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