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Fallito attentato del Superclan all’ambasciata Usa di Atene

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Mercoledì 2 settembre, Atene: una Volkswagen azzurra con targa svedese, sulla quale vi sono un ragazzo e una ragazza, dopo aver compito numerosi giri attorno all’isolato dove ha sede l’ambasciata americana in Grecia, parcheggia davanti all’edificio, vicino a molte altre auto. I due occupanti prima di scendere rimangono un po’ di tempo a bordo, poi, proprio mentre le portiere stanno per aprirsi, si sente una forte esplosione, e le fiamme divelgono l’auto.

I ragazzi all’interno dell’auto vengono identificati da un impiegato dell’albergo nel quale i due erano alloggiati: sono Maria Angeloni, milanese di 31 anni, e Giorgio Tsekouris, cipriota con passaporto svedese, di 25.

Recentemente Alberto Franceschini ha individuato in Maria Angeloni e Giorgio Tsekouris due appartenenti al famoso Superclan, struttura superclandestina guidata da Corrado Simioni, con sede a Parigi e con l’intento di coordinare le organizzazioni terroristiche su scala internazionale: Simioni, che aveva progettato l’attentato all’ambasciata, prevedendo la presenza di una donna, si era inizialmente rivolto a Mara Cagol, chiedendole di parteciparvi e, al suo rifiuto, aveva infine trovato come volontaria Maria Angeloni.

La figura di Corrado Simioni, fondatore del Superclan, è particolarmente controversa: uno dei principali studiosi di Luigi Pirandello, inizia la sua attività politica militando nelle fila del Movimento giovanile socialista con Bettino Craxi, dal quale viene poi espulso per “indegnità morale”. Nel 1969 fonda, insieme a Curcio, il Collettivo Politico Metropolitano, ma in seguito i rapporti con Curcio e le neonate Brigate Rosse vanno piano piano deteriorandosi, per evidenti discordanze politiche.

L’azione all’ambasciata americana ad Atene segna infatti la definitiva rottura dei rapporti tra il Superclan e le Brigate Rosse; Curcio, in un’intervista rilasciata nel libro intervista “A viso aperto” di Mario Sciajola dice: “Tutto cominciò da uno scontro di potere al convegno di Pecorile. Corrado Simioni arrivò con l’intenzione di conquistarsi una posizione egemonica all’interno dell’agonizzante sinistra proletaria: pronunciò un intervento particolarmente duro, e sostenne che il servizio d’ordine andava ulteriormente militarizzato. La sua operazione non riuscì, ma una volta tornato a Milano non si diede per vinto: propose attentati inconcepibili per una organizzazione ancora inserita in un movimento molto vasto e, praticamente, aperta a tutti. Margherita, Franceschini e io ci trovammo d’accordo nel giudicare le sue idee avventate e pericolose. Decidemmo così di isolarlo assieme ai compagni che gli erano più vicini, Duccio Berio e Vanni Mulinaris: li tenemmo fuori dalla discussione sulla nascita delle Brigate rosse e non li informammo della nostra prima azione, quella contro l’automobile di Pellegrini. Simioni radunò un gruppetto di una decina di compagni, tra cui Prospero Gallinari e Francoise Tusher, nipote del celebre Abbé Pierre: si staccarono dal movimento sostenendo che ormai non erano altro che cani sciolti. C’erano però degli amici comuni che ci tenevano informati delle loro discussioni interne e conoscevamo il loro progetto di creare una struttura chiusa e sicura, super-clandestina, che potesse entrare in azione come gruppo armato in un secondo momento: quando noi, approssimativi e disorganizzati, secondo le loro previsioni saremmo stati tutti catturati”.

Proprio per queste ricordanze la figura di Maria Angeloni, compagna deceduta durante un’azione, verrà per lunghi anni dimenticata o taciuta, per ritornare ad essere ricordata più di trent’anni dopo, quando suo nipote, Carlo Giuliani, verrà ucciso da un carabiniere durante il G8 di Genova 2001.

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pubblicato il in Storia di Classedi redazioneTag correlati:

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