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Ines Oddone Bitelli

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 Il 20 maggio 1914, cent’anni fa, moriva di peritonite acuta all’Ospedale Civico di Gallarate Ines Oddone Bitelli, maestra elementare a Gallarate e Crenna. Aveva 40 anni.

Ines rientra in quella categoria di persone che la storia “ufficiale” vorrebbe mettere ai margini: troppo avanzata per il suo tempo. Forzando i paralleli della storia potremmo dire: un’eretica del primo novecento. Nata a Cairo Montenotte nel 1874, compì gli studi magistrali a Sant’Elpidio e a Roma, ma ben presto abbandonò l’ambiente borghese in cui era cresciuta.

Conobbe e sposò un maestro bolognese, Giovanni Bitelli, e con lui arrivò a Gallarate nel 1907; entrambi aderirono alla corrente sindacalista rivoluzionaria, di cui furono tra i massimi dirigenti nazionali, e diressero e rivitalizzarono la locale Camera del Lavoro. Ines affrontava argomenti quali l’emancipazione femminile, la condizione lavorativa delle donne (notoriamente in quel periodo dedite a lavori faticosi e pagate meno degli uomini), la prostituzione, l’uxoricidio, l’infanticidio, la violenza sulle donne, il divorzio; per questo attirò su di sé gli attacchi furibondi dei peggiori reazionari. Nel 1908 venne sospesa dall’insegnamento e condannata assieme a Paolo Campi, futuro sindaco di Gallarate, per vilipendio all’esercito, offese al Re, incitamento all’odio tra le classi sociali; un enorme raduno di operai e contadini nel cortile del Broletto portò loro la solidarietà dei lavoratori gallaratesi, ma i due furono costretti a riparare nel Canton Ticino, dove per Ines, che insegnò pure lì, cominciarono i problemi di salute. Un anno dopo venne amnistiata e tornò a Gallarate.

Ma Ines non fece solo questo: dedicò tutta sé stessa ai bambini.

Lei, che non sapeva cosa fosse il tempo libero, passò i periodi di chiusura delle scuole ad insegnare gratuitamente ai figli dei poveri; nel 1911 fu artefice della straordinaria iniziativa dei “figli dei serrati”, ovvero fece arrivare nel Gallaratese i figli degli operai di Piombino, ridotti alla fame da mesi di serrata padronale. Lei stessa, che non fu madre biologica, prese due bambine piombinesi in affido e, successivamente, adottò il fratellino di una di esse. Non smise mai, nemmeno per brevi periodi, di lottare ed impegnarsi per la causa. Organizzò lo sciopero e le manifestazioni contro l’aggressione imperialista della Tripolitania. Si batté per la liberazione di Ettor e Giovannitti, operai wobblies di origine italiana incarcerati nel Massachusetts dopo lo sciopero di Lawrence. Venne sconfitta solo dalla morte prematura. Il suo “spettro” continuò ad aggirarsi per il mondo: da un lato migliaia di operai e contadini continuarono a piangerne la scomparsa, dall’altro si verificò una clamorosa soluzione di continuità tra le Regie Questure e l’Ovra: alla fine degli anni ’30 la polizia politica fascista continuava a diramare appelli, anche alle spie all’estero, in cerca di notizie sulla pericolosissima gallaratese Ines Oddone Bitelli: erano più di vent’anni che era morta.

Guarda “Nuovi stornelli socialisti“:

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