Sandino, general de hombres libres
21 febbraio 1934
La notte del 21 febbraio 1934, Augusto Cesar Sandino, dopo un colloquio con il neo presidente Sacasa, all’uscita del palazzo presidenziale di Managua viene catturato e poi ucciso dalla Guardia Nacional.
La storia del Nicaragua di inizio ‘900 è storia di liberali e conservatori, presidenti corrotti che si alternano alla guida di un vero e proprio protettorato statunitense. E’ in questo contesto di lotte intestine tra eserciti di partito che spicca la figura di Sandino, Generale degli uomini liberi. Nel 1926 combatte nelle fila liberali di Moncada contro le truppe d’invasione nordamericane, che difendono il presidente conservatore Chamorro. Nel marzo del ’27, quando lo stesso Moncada scopre che il denaro U.S.A. può garantirgli la presidenza del paese e pone quindi fine alle ostilità, Sandino decide che la guerra antimperialista può e deve continuare.
Alla testa di trenta uomini inizia una vera e propria lotta di liberazione che dalle montagne de Las Segovias lo porterà a controllare quasi tutto il paese. Le fila del primo sparuto gruppo di combattenti si ingrossano fino a raggiungere le dimensioni di un vero esercito: oltre 3000 volontari scelti, tra contadini e proletari urbani, a cui si aggiungono militanti di brigate internazionali da tutto il Sud America.
Già all’inizio del 1928, il generale degli uomini liberi è conosciuto a livello mondiale: una delle divisioni dell’esercito rivoluzionario di Mao Zedong viene denominata “Sandino”, e il suo nome è già una bandiera di lotta per tutta l’America Latina.
Gli Stati Uniti capiscono presto che quella sul fronte nicaraguense non è una guerra facile da vincere: i militari tornano al nord solo con i piedi in avanti, e l'”Esercito pazzo” ha elaborato una moderna strategia di guerriglia che gli permette di scoprire il fianco raramente. Quello che possono fare i marines è bombardare i villaggi e colpire i civili, spingendoli sempre più ad appoggiare la rivolta. E’ a causa di ciò che gli U.S.A. decidono di non inviare più contingenti in Nicaragua e optano per la costruzione di un apparato militare indigeno addestrato dai marines, con l’unico scopo di sconfiggere militarmente la guerriglia: la Guardia Nacional.
All’inizio del ’33 la Casa Bianca annuncia il ritiro delle truppe nal Nicaragua, e pone al governo il liberale Sacasa. Con l’uscita dei gringos dal paese, Sandino crede che ci siano le condizioni per trattare la smobilitazione del suo esercito di patrioti. Il 2 febbraio del 1933 accetta di deporre le armi in cambio di un’amnistia per i guerriglieri e della distribuzione alle loro famiglie di terre di proprietà statale, e si ritira con un centinaio di uomini nella zona di Wiwilí dove organizza una cooperativa agricola.
Ma la pace dura molto poco: l’assegnazione delle terre non viene effettuata e presto si scatena anche la persecuzione nei confronti dei militanti sandinisti da parte della Guardia Nacional comandata da Anastasio Somoza. Di questo si discute al palazzo presidenziale la sera del 21 febbraio 1934, prima che Sandino venga assassinato, il villaggio di Wiwilì venga distrutto e la sua popolazione massacrata.
Di lì a poco lo scenario politico in Nicaragua cambia notevolmente: nel ’36 Somoza depone Sacasa ed instaura una dittatura dapprima personale e poi familiare, che dura oltre quarant’anni. Il nome di Sandino viene bandito in tutto il paese dal ’34, e forse anche questo fatto fornirà combustibile alla vittoriosa rivoluzione che nel ’79 porterà al potere il Frente Sandinista de Liberaciòn Nacional.
Guarda “Augusto Sandino: Symbol Of Resistance Against U.s. Imperialism“:
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