La battaglia di Little Big Horn
Il 25 giugno 1876 nelle vicinanze del fiume Little Big Horn nel Montana, ci fu una delle battaglie più famose della storia degli Stati Uniti d’America.
Il 7° cavalleria comandato dal generale Custer attaccò un grande villaggio indiano composto per la maggior parte da Lakota e Cheyenne. Custer ed i suoi soldati furono stretti in una morsa e annientati. Nessun superstite che prese parte alla battaglia riuscì a raccontare quello che avvenne effettivamente. Da questo prese forma una leggenda che al giorno d’oggi coinvolge moltissimi lettori. Ad oltre un secolo di distanza gli archeologi cercano di svelare il mistero dell’ultima resistenza di Custer. Fu davvero eroica? O si tratta di un mito? Quando il 25 giugno Custer guidò i suoi uomini sul Little Big Horn e rimasero tutti uccisi il paese rimase scioccato. Il miglior reparto della cavalleria americana umiliato e sconfitto da semplici primitivi!? Custer era il generale più famoso d’America ed il suo mito commosse tutta la nazione.
La stampa ne fece un martire. Ma come morirono Custer ed i suoi uomini? La leggenda della battaglia rimase un mistero finché nell’agosto 1983 un grande incendio nel Montana centrale colpisce proprio la zona dove avvenne la battaglia. Bruciano km. di prateria e di bosco, viene così alla luce il sito archeologico. Ad interessarsi è l’archeologo Richard Fox. Perlustrando la zona si trovano pallottole, cartucce, ossa. Altri archeologi si uniscono a Fox, oltre 240 ettari vengono passati con il metal detector. Vengono trovati e registrati oltre 5000 reperti tra cui un orologio da taschino svizzero, una fede nuziale d’oro, cartucce inesplose, un piede ancora nel suo stivale, un cranio colpito posteriormente da un ascia (segno evidente di un esecuzione). Ogni reperto viene trattato come una prova. La battaglia fu crudele, si capì come avvenne il combattimento. Negli anni successivi gli archeologi tentano di ricostruire passo per passo la dinamica della battaglia. I teschi e le ossa ritrovate forniscono importanti indicazioni e con la medicina legale l’antropologo Willey che lavora per la polizia eseguendo autopsie sugli omicidi riesce a stabilire che: l’altezza media di un soldato era di circa un m. e 50, il peso non superiore ai 70 kg (questo per ridurre lo sforzo dei cavalli), che avevano la spina dorsale deteriorata a causa delle lunghe ore trascorse in sella, ed inoltre i denti in un cattivo stato per la scarsa igiene e la cattiva alimentazione. Vi erano anche soldati minorenni e malnutriti. L’età minima per arruolarsi era di 21 anni, Willey analizzando gli scheletri rileva che alcuni di loro erano molto più giovani. Ora con l’aiuto della scienza da parte di archeologi ed antropologi cerchiamo di fare un’analisi di quelle vicende e di come si svolse la battaglia.
Il 25 giugno 1876 Custer va verso il Little Big Horn a capo di 31 ufficiali, 566 soldati e 35 guide indiane, tra cui Mitch Bouyer, il sanguemisto interprete e capo degli scout, uno dei più esperti cercatori di piste del west. Custer forza i suoi uomini al limite e il suo comportamento innervosisce tutti, rifiutando mitragliatrici e truppe di rinforzo. La vittoria deve andare esclusivamente al suo settimo cavalleria. All’alba del 25 giugno raggiungono un’alta collina sul fiume. A malapena visibile le guide avvistano un grandissimo campo indiano e qui M. Bouyer insieme agli altri esploratori dicono al generale che i nemici sono troppo numerosi, sono come i fili dell’erba e che in caso di battaglia non sarebbero vissuti a lungo. Custer con il suo cannocchiale dato che la visibilità era peggiorata non riesce a scorgere né il fumo del campo indiano e né la grandissima mandria di cavalli. Nota una grande nuvola di polvere e crede che gli indiani stiano smontando il campo. In realtà la polvere è dovuta al gran numero di cavalli circa 10-15 mila. Custer incurante dei consigli decide di attaccare. Divide il suo 7° in tre gruppi. Il maggiore Reno con 11 ufficiali, 129 soldati e 33 esploratori si dirige a sud del campo nemico, Custer con 13 ufficiali 200 soldati e 9 civili a nord, infine il capitano Benteen con 115 soldati deve bloccare una possibile via di fuga. Custer dall’alto della collina si accorge che il nemico lo sovrasta numericamente, ma arrendersi non e’ nella sua natura. Manda un messaggio a Benteen (diventato poi famoso) e gli dice di rientrare con i suoi uomini. Custer non aspetta i rinforzi, si dirige verso il fiume ed il campo indiano. A questo punto qual è il fuoco nemico che Custer si trova di fronte e che armi avevano i suoi uomini? Gli archeologi cercano indizi e trovano migliaia di cartucce. Gli uomini di Custer avevano carabine Springfield 1873 molto precise e a lunga gittata e colt 45 a 6 cartucce (ottima per i combattimenti ravvicinati). Poi la sorpresa, si scoprono pallottole e cartucce non governative, le munizioni indiane. Gli scienziati iniziano così a studiare, pulendo le cartucce da un secolo di sporco e le spediscono al laboratorio di polizia di stato del Nebraska. Si trovano pallottole di carabine Spencer, Sharp, Henry Rifle, per un totale di circa 47 tipi di armi differenti. Nessuno avrebbe immaginato che gli indiani erano così bene armati. Almeno 200 guerrieri possedevano fucili a ripetizione. La carabina H. Rifle dotata di 16 colpi sparava molto velocemente, a differenza dei fucili del 7°, quest’arma in un combattimento ravvicinato riusciva a sparare tutti e 16 i colpi prima che un soldato riuscisse a ricaricare il suo fucile. I bossoli rivelano la portata della battaglia: anche sulle rive del fiume si trovano tracce di combattimento, poche pallottole e bossoli, questo smentisce l’eroica leggenda che il reggimento viene accerchiato in questo guado e trascinato dalle orde di indiani verso il campo di battaglia. Tutto falso dicono gli archeologi. Fox fa di più, confronta i suoi ritrovamenti con le testimonianze indiane dell’epoca. Non si combatté in riva al fiume. Cosa è successo davvero? Secondo Fox, Custer raggiunge il fiume con metà dei suoi uomini ma trova il villaggio deserto, i guerrieri si sono diretti verso il M. Reno. Custer sceglie allora di catturare le donne e i bambini che sono fuggiti dalla parte opposta, poiché il suo obiettivo è di portare gli indiani nelle riserve, catturare donne e bambini significa rendere impotenti i guerrieri e occuparsi di loro più tardi. Tornando al fiume spera di catturare gli ostaggi, ma quando si accorge che sono troppo numerosi per essere trasportati decide di rinunciare.
La battaglia ha inizio con Custer diretto verso il fiume, l’attacco è furioso, gli indiani lo respingono verso la collina. Combattono fino allo stremo, sono in netta minoranza numerica. Per capire l’ultima resistenza gli archeologi esaminano passo dopo passo la riva del fiume. Si trovano centinaia di reperti, fibbie, speroni, ferri di cavallo, bossoli. In base a questi ritrovamenti si stabilisce che i 220 uomini coprono una superficie di 2 km. nei luoghi oggi chiamati Calhoun Hill, Custer Hill, Keogh. Per gli archeologi è una formazione d’attacco. Perché Custer si sente sicuro di sé? E’ convinto che il M. Reno abbia avuto la meglio, Custer ha inviato Benteen per ricevere rinforzi, ma quello che non sa è che i guerrieri hanno respinto Reno. Benteen accorre in aiuto di Reno e lascia Custer da solo. I guerrieri concentrano la loro attenzione su Calhoun Hill, qui ha inizio il primo e più sanguinoso combattimento. Su questa collina i soldati si schierano a 4m. di distanza l’uno dall’altro, è il tipico schieramento della cavalleria. Ma sotto c’è un’altra postazione di indiani nel luogo una volta chiamato Greasy Grass Ridge. Qui vengono ritrovate cartucce calibro 44 e 50. Sono le cartucce degli indiani, la collina ne é completamente ricoperta. Gli indiani si avvicinano sempre di più sul crinale. Il panico e la paura si diffonde tra i soldati che iniziano a disperdersi, la difesa crolla e i guerrieri conquistano Calhoun Hill. Crolla la prima roccaforte di Custer. Anche qui vengono ritrovate ossa, un proiettile in un anca dx, e un cranio. I guerrieri fecero in modo che non vi fossero sopravvissuti. Si ricostruiscono i movimenti dei soldati seguendo i bossoli sparati dallo stesso percussore. Ogni fucile ha una sua impronta digitale. Pochi fortunati si salvano e si dirigono verso Keogh. I guerrieri da Greasy Grass si spostano verso Keogh. Qui è un punto esposto e la battaglia è disastrosa. In meno di 30 minuti cadono due posizioni. Rimane solo Custer Hill. Ora gli scienziati si domandano fu un’eroica resistenza quella degli uomini di Custer? O si tratta di una leggenda senza fondamento? Gli ultimi soldati sono bloccati sul crinale, gli indiani li circondano dal basso. Man mano che il numero dei soldati diminuisce i guerrieri si avvicinano sempre di più. Anche su Custer Hill si analizzano i bossoli, ne vengono rinvenuti pochi e non si riesce a tracciare nessuna mappa. Non viene adottata nessuna strategia. La battaglia è stata breve, nessuna strenua resistenza. Gli archeologi commentano: si trattava sì di soldati valorosi ma la componente psicologica prevalse sul resto, si trovarono in una situazione di caos, panico, paura, disperazione. I soldati vivono attimi di terrore, i guerrieri si preparano per l’ultimo attacco. E’ la fine… Come confermano i racconti dei testimoni indiani la battaglia fu di breve durata. Oggi le lapidi segnano il campo di battaglia del L.B.Horn, furono sistemate dove vennero ritrovati i corpi dei soldati, ed offrono un’ultima chiave di lettura su ciò che successe. Tracciano una linea immaginaria che da Custer Hill scende fino ad un burrone profondo. Gli archeologi stabiliscono che la battaglia finale non si tenne su Custer Hill. Nella gola dove si svolgono gli ultimi atti della battaglia vengono trovate alcune cartucce sparate da un soldato e prove evidenti che almeno 6 guerrieri che lo circondano fanno fuoco su di lui. Il fatto che in 6 avessero il tempo di sparare ad un solo soldato suggerisce che egli fu uno degli ultimi a morire. Oltre alle cartucce si fa una scoperta interessante, un bottone di perla probabilmente indossato da una delle guide e un frammento di cranio con le ossa della mascella molto ampia. Si tratta di un uomo di razza mista. L’unico che corrisponde alla descrizione è Mitch Bouyer. Gli scienziati sovrappongono il frammento di cranio con l’unica foto dello scout, corrisponde esattamente. La supposta profezia di Bouyer che lui e Custer non sarebbero sopravvissuti a lungo si avverò. Tra la lunga fila di lapidi dei soldati la scienza ha dato sepoltura ai resti di Bouyer. La fine di Custer con i suoi uomini fu più terribile di quanto noi potessimo immaginare. Le analisi di Willey parlano di orrende e ampie mutilazioni. Un’amara conclusione sulla fine della battaglia. Lo spettacolo che si trova di fronte il tenente James Bradley la mattina del 27 giugno è raccapricciante. Decine e decine di corpi distesi al sole, alcuni già gonfi e neri, altri senza braccia e/o testa. Era usanza degli indiani delle pianure mutilare i cadaveri. In un punto della valle alla base della collina più alta Bradley trova il corpo di G.A.Custer. Era appoggiato di schiena su altri due soldati morti, con una gamba ripiegata sotto il corpo. Era spogliato completamente, non era stato scalpato ed aveva 2 fori di proiettili, uno all’altezza del cuore, un altro alla tempia sinistra e non presentava alcuna mutilazione. Sicuramente non era stato riconosciuto da nessun guerriero visto che pochi giorni prima della battaglia si tagliò i capelli. Questa fu la fine di Custer con il suo 7° cavalleria. Gli archeologi da veri detectives sono riusciti a smontare uno dei più grandi miti del west americano, con il loro lavoro (circa 20 anni) e le loro scoperte sono riusciti a modificare l’immagine del reggimento di Custer, gran parte di loro erano degli inesperti soldati e la battaglia non fu una strenua resistenza, ma una breve e devastante sconfitta . I reperti hanno permesso di conoscere bene a fondo anche i guerrieri, ben lontani da essere avversari primitivi e privi di qualsiasi tattica militare. Erano bene armati e profondi conoscitori del terreno di guerra. Inoltre quel giorno, è vero che erano presenti molti capi valorosi e famosi, ma le due figure principali furono Toro Seduto, guida spirituale (il quale non prese parte alla battaglia per via delle ferite riportate nella danza del sole svoltasi poco prima della battaglia), e Cavallo Pazzo. Quest’ultimo aveva già galvanizzato i guerrieri con la battaglia del Rosebud il 17 giugno, sconfiggendo il generale Crook (fu militarmente merito suo). Quel 25 giugno Cavallo Pazzo con la sua grande ascendenza sui guerrieri cambiò il loro modo di combattere, non cercare il corpo a corpo, il contare i colpi o catturare armi e cavalli del nemico. Sul Little Big Horn gli indiani combatterono per uccidere chi stava minacciando la loro esistenza, le loro famiglie, le loro donne e i loro bambini.
Fonte: Sentierorosso.com
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