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La cattura di Mussolini

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Verso le ore 16 del 27 aprile, durante l’ispezione della colonna tedesca in piazza a Dongo, Mussolini viene riconosciuto dal partigiano Giuseppe Negri sotto una panca del camion n. 34. Viene perciò prontamente disarmato del mitra e di una pistola Glisenti, arrestato e preso in consegna dal vicecommissario di brigata Urbano Lazzaro “Bill” che lo accompagna nella sede comunale, dove gli viene sequestrata la borsa di cui era in possesso.

Tutti gli altri componenti italiani al seguito vengono arrestati: si tratta di più di cinquanta persone, più le mogli e i figli al seguito. Tra di essi la maggior parte dei membri del governo repubblicano, più alcune personalità politiche, militari e sociali accompagnati dai loro familiari. Qualcuno si consegna spontaneamente, altri tentano di comprarsi una possibilità di fuga offrendo ingenti somme e valori alla popolazione locale. Gli occupanti di un autoblindo cercano di resistere ingaggiando una sparatoria, Pietro Corradori e Alessandro Pavolini fuggono buttandosi nel lago ma vengono ripresi e Pavolini rimane ferito. Il giorno seguente sedici di essi, tra gli esponenti più in vista del regime, saranno sommariamente fucilati sul lungolago di Dongo; tra gli altri, che rimangono agli arresti a Dongo e saranno trasferiti a Como, un’ulteriore decina di essi, in due notti successive, viene prelevata ed uccisa.

Il fermo della colonna motorizzata tedesca e il susseguente arresto di Mussolini e del suo seguito era stato effettuato dai partigiani della 52ª Brigata Garibaldi “Luigi Clerici”, comandata da Pier Luigi Bellini delle Stelle, nome di battaglia “Pedro”. Il suo commissario politico era Michele Moretti “Pietro Gatti”, vice commissario politico Urbano Lazzaro “Bill” e il capo di stato maggiore Luigi Canali “Capitano Neri”. Tra i gerarchi al seguito del dittatore, furono arrestati anche Francesco Maria Barracu, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alessandro Pavolini, Ministro segretario del PFR, Ferdinando Mezzasoma, Ministro della Cultura Popolare, Augusto Liverani, Ministro delle Comunicazioni, Ruggero Romano, Ministro dei Lavori Pubblici, Paolo Zerbino, Ministro dell’Interno. Fu arrestato anche Marcello Petacci, fratello di Claretta, che a bordo di un’Alfa Romeo 1500 recante bandiera spagnola, seguiva il convoglio con la convivente Zita Ritossa, i figli Benvenuto e Ferdinando e la sorella. Esibendo un falso passaporto diplomatico spagnolo si dichiarava estraneo al convoglio, spacciandosi per diplomatico spagnolo. Anche Clara era in possesso di un passaporto spagnolo intestato a Donna Carmen Sans Balsells. Tra i fermati c’è anche la presunta figlia naturale del Duce, Elena Curti.

Nello stesso tempo, i prigionieri rimasti a Dongo, vengono interrogati e schedati dal “capitano Neri” e separati in tre gruppi distinti: Bombacci, Barracu, Utimpergher, Pavolini e Casalinuovo vengono anch’essi trasferiti a Germasino, i ministri rimangono rinchiusi nei locali del municipio e gli altri, autisti, impiegati, militari tra cui l’agente dei servizi segreti Rosario Boccadifuoco, distribuiti nell’ex caserma dei Carabinieri ed in case private. I Petacci, di cui non si era ancora scoperto la vera identità, vengono alloggiati all’albergo Dongo. La partigiana “Gianna”, in collaborazione con l’impiegata comunale Bianca Bosisio, esegue l’inventario di tutti gli ingenti valori ed i beni sequestrati.

Decisioni del CLNAI a Milano

Nel tardo pomeriggio del 27 aprile il brigadiere Antonio Scappin “Carlo” era riuscito a comunicare su ordine di “Pedro”, telefonando attraverso una linea telefonica privata, la notizia dell’arresto a Milano. Una seconda comunicazione giunse alle 20.20, tramite fonogramma, con la quale si comunicava che Benito Mussolini si trovava sotto controllo a Germasino custodito da partigiani e Guardia di Finanza.

Già nella mattina del 25 aprile il CLNAI, riunitosi a Milano, aveva approvato un Decreto per l’amministrazione della giustizia ove, all’art. 5 si prevedeva che: “i membri del governo fascista e i gerarchi fascisti colpevoli di aver contribuito alla soppressione delle garanzie costituzionali, d’aver distrutto le libertà popolari, creato il regime fascista, compromesso e tradito le sorti del paese e di averlo condotto all’attuale catastrofe, sono puniti con la pena di morte e, nei casi meno gravi con l’ergastolo”. Dello stesso tenore, il 19 aprile era stato emesso un Ultimatum “Sia ben chiaro per tutti che chi non si arrende sarà sterminato”.

Con il diffondersi della notizia, giungeva al comando del CLNAI dal quartiere generale OSS di Siena un telegramma con la richiesta di affidamento al controllo delle forze delle Nazioni Unite di tutti i membri di governo della RSI, secondo la clausola numero 29 dell’armistizio lungo siglato a Malta da Eisenhower e dal maresciallo d’Italia Pietro Badoglio il 29 settembre 1943, che prevedeva espressamente che: «Benito Mussolini, i suoi principali associati fascisti e tutte le persone sospette di aver commesso delitti di guerra o reati analoghi, i cui nomi si trovino sugli elenchi che verranno comunicati dalle Nazioni Unite e che ora o in avvenire si trovino in territorio controllato dal Comando militare alleato o dal Governo italiano, saranno immediatamente arrestati e consegnati alle Forze delle Nazioni Unite». All’aeroporto di Bresso intanto si inviò un velivolo per prelevare il dittatore.

Tuttavia, non appena a conoscenza dell’arresto dell’ex capo del governo, il Comitato insurrezionale di Milano formato da Pertini, Valiani, Sereni e Luigi Longo, riunitosi alle ore 23.00 del giorno 27, decide di agire senza indugio e di inviare una missione a Como per procedere all’esecuzione di Mussolini; questo per aggirare il comportamento equivoco del generale Cadorna, diviso tra i doveri di comandante del CLN e di lealtà verso gli Alleati.

Walter Audisio, “colonnello Valerio”, ufficiale addetto al comando generale del CVL e Aldo Lampredi “Guido” ispettore del comando generale delle Brigate Garibaldi e uomo di fiducia di Luigi Longo vengono incaricati di eseguire la sentenza. Il generale Raffaele Cadorna, riluttante, per evitare che Mussolini cada nelle mani degli Alleati, rilascia il salvacondotto necessario; Audisio, inoltre, viene munito di un secondo lasciapassare in lingua inglese, firmato dall’agente dell’OSS americano Emilio Daddario. Contemporaneamente, peraltro, Cadorna provvedeva a contattare il tenente colonnello Sardagna rappresentante del CVL a Como, al fine di predisporre misure per recuperare Mussolini e trasferirlo in luogo sicuro.

Intanto alle 3 del mattino successivo, il servizio radio partigiano trasmette agli alleati un fonogramma a scopo depistaggio, nel quale si asserisce l’impossibilità della consegna di Mussolini, in quanto già processato dal Tribunale popolare e fucilato “nello stesso luogo ove precedentemente fucilati da nazifascisti quindici patrioti”. Ci si riferiva alla Strage di Piazzale Loreto del 10 agosto 1944.

Germasino

In attesa di decisioni in merito, e temendo per la sua incolumità, il comandante Bellini delle Stelle, intorno alle 18.30 del 27 aprile, trasferisce l’ex duce, insieme a Porta, nella caserma della Guardia di Finanza di Germasino, un paesino sopra Dongo. Prima di ritornare a Dongo “Pedro” riceve la richiesta da Mussolini di portare i saluti alla signora che accompagna il console spagnolo, senza ricevere indicazioni sulla sua vera identità. Dopo l’interrogatorio della signora, Bellini delle Stelle scopre che si tratta di Clara Petacci, che chiede di essere ricongiunta all’amante: il comandante acconsente.

Se al momento dell’arresto Mussolini sembrava oramai privo di energie, col passare delle ore manifesta invece una certa serenità. Già a Dongo rispondeva volentieri alle domande che gli venivano rivolte, a Germasino si intrattiene con i suoi custodi discutendo su temi di politica, sulla guerra e sulla resistenza[55]. Prima di coricarsi alle 23.30, su richiesta dei partigiani di guardia, Mussolini sottoscrive questa dichiarazione: «La 52a Brigata garibaldina mi ha catturato oggi, venerdì 27 aprile, sulla piazza di Dongo. Il trattamento usatomi durante e dopo la cattura è stato corretto. Mussolini». All’1.00 viene svegliato per essere trasferito di nuovo in un posto ritenuto più sicuro e, per non essere riconosciuto, gli viene fasciato il capo. Di nuovo a Dongo, Mussolini è riunito alla Petacci, su richiesta di quest’ultima; poi, i due prigionieri sono fatti salire su due vetture, con a bordo, oltre ai due autisti, anche Pedro, il Capitano Neri, Gatti, la staffetta Giuseppina Tuissi “Gianna” e i giovani partigiani Guglielmo Cantoni “Sandrino Menefrego” e Giuseppe Frangi “Lino” e condotti verso il basso lago.

Scritto originale di Mussolini sulla sua cattura:

“La 52 Brigata Garibaldina mi ha catturato oggi venerdì 27 aprile sulla piazza di Dongo. Il trattamento usatomi durante e dopo la cattura è stato corretto. Mussolini”.

Guarda “27 Aprile 1945 – I partigiani arrestano Benito Mussolini (1883-1945)“:

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pubblicato il in Storia di Classedi redazioneTag correlati:

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