I circoli del proletariato giovanile impediscono la Prima della Scala
I Circoli del proletariato giovanile cominciarono a diffondersi agli inizi del ’76, specialmente nell’aerea milanese, nel tentativo di darsi una struttura stabile e riconoscibile nell’ambiente sociale. Riunendo i giovani della periferia su base ambientale (il bar, il centro ricreativo di quartiere, un ritrovo nel paese-satellite) essi fornivano più che obiettivi precisi o un programma determinato, un luogo di scambio sociale
Nacquero infatti dal rifiuto totale di schemi e valori espresso da un’intera generazione di giovani che si affacciò alla politica tra il 1975 e il 1976; rifiuto che si risolse successivamente nella lotta aperta e nella ricerca di vie alternative attraverso le quali poter soddisfare il bisogno di un’altra socialità e di un altro sapere.
Data la continuità di queste forme comunitarie, successivamente si avviarono alcune azioni politiche quali, per esempio, le iniziative di autoriduzione nei cinema e, più tardi, la contestazione della prima della Scala a Milano, il 7 dicembre 1976, che segnò l’inizio del movimento del ’77.
A Milano, la borghesia milanese inaugurò in questa data, con la prima della Scala, un nuovo anno di sfruttamento e di dominio, ostentando la sua ricchezza e i suoi privilegi. Il 1976 era infatti per la borghesia un’occasione di affermazione politica sul proletariato e un’ostentazione di una forza che si stava ricostruendo, un insulto al proletariato costretto a fare sacrifici per mandare i borghesi alla prima.
Quella sera, la città fu teatro di violentissimi scontri tra i giovani dei Circoli del proletariato giovanile e un ingente schieramento di forse dell’ordine, 5000 carabinieri.
La nottata si risolse con lancio di bottiglie molotov contro la polizia e di uova, sassi vernice contro le signore impellicciate che andavano a vedere la prima dell’Otello di Zeffirelli; 250 i ragazzi fermati, 30 gli arresti e 21 i feriti.
I Circoli del proletariato giovanile davano così inizio ad una serie di rivendicazioni caratterizzate da un invito esplicito all’esproprio proletario: ”alla riappropriazione cioè di quegli oggetti – vestiti, dischi, libri – attraverso i quali organizzazioni mafiose ci sfruttano (…). Nell’orgia consumistica del Natale vogliamo anche noi il diritto al regalo (…). La logica dei sacrifici dice: ai proletari la pastasciutta, ai borghesi il caviale. Noi rivendichiamo il diritto al caviale: perchè siamo arroganti, perchè nessuno potrà mai convincerci che in tempi di sacrifici i borghesi possono andare in prima visione e noi no, che loro possono mangiare il parmigiano e noi no, o addirittura a costringerci a digiunare. I privilegi che la borghesia riserva per se sono i nostri, li paghiamo noi. Per questo li vogliamo conquistare e ne facciamo una questione di principio.”
Guarda “Autonomi alla Scala (Collettivo Cinema Militante milanese, 1976)“:
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