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Anticzarina Cavallo

Mi chiamo Anticzarina Cavallo, anzi Vittoria Anticzarina. Il nome lo ha scelto mio padre, vecchio socialista, per manifestare il suo dissenso nei confronti dello zar, in visita in Italia proprio nell’anno in cui sono nata, il 20 ottobre 1903. Sono la quinta di nove figli cresciuti a Borgo San Paolo, il quartiere proletario rosso di Torino. Ma venivamo dalla Puglia, dal paese di Latiano da cui prima mio padre, poi mia madre con noi figli piccoli, siamo dovuti fuggire a causa della nostra fede socialista. Dai nomi dei miei fratelli potete capire che tipo di famiglia era la mia: Ferrer Vannini Bruno, Lenin, Leonida Transvaal…perché c’era una guerra nel Transvaal. Camilla Ravera ricorda noi sorelle Cavallo nel suo Diario di trent’anni 1913-1943. Di me dice che ero la più vivace e battagliera. In effetti a sedici anni sono stata arrestata per aver inveito contro la corte per sostenere l’innocenza di mio fratello ingiustamente accusato di aver fatto esplodere una bomba. Volevano mandarmi alla casa di correzione, ma io ho chiesto di andare in carcere, alle Nuove, per stare insieme agli altri detenuti politici.
Sono stata operaia in diverse fabbriche torinesi. Mi apprezzavano perché ero abile, veloce e infaticabile, però sono stata più volte licenziata per il mio attivismo politico. Durante il fascismo ci fu una stretta di vite. Il proprietario della Lenci fu invitato a licenziare tutti i ‘sovversivi’. Si oppose dicendo che le sorelle Cavallo Anticzarina, Livia, Preziosa ed Argentina, addette alla confezione delle bambole, erano le migliori lavoranti che avesse. Riuscì a non licenziarci ma il prezzo fu…il licenziamento di papà Leopoldo e di mio fratello Leonida che si occupavano della pittura a mano delle ceramiche
Nel 1926 ho sposato Giuseppe Gaeta, militante comunista, più volte arrestato, torturato e confinato a Ventotene. Ho cresciuto praticamente da sola le mie due figlie Isotta e Milva.
Sono stata partigiana, il mio nome di battaglia era Vera e mia figlia Isotta è stata partigiana con me. Dopo la guerra ho lavorato ancora tanto, senza mai abbandonare l’impegno politico e per la pace. Mi è sempre piaciuto cantare le canzoni di lotta che insieme alle mie compagne cantavamo da giovani alla Camera del Lavoro a Torino.

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pubblicato il in Storia di Classedi redazioneTag correlati:

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