Gianfranco Manfredi
26 novembre 1948
È nato a Senigallia il 26 novembre 1948. Ha lavorato come cantautore, scrittore, attore, sceneggiatore cinematografico e televisivo e fumettista. Negli anni Novanta inizia un’intensa attività di sceneggiatore di fumetti.
Da un articolo del 2 marzo 1976:
Ma non è una malattia
Gianfranco Manfredi, già del Gruppo Gramsci e ora redattore di “Re Nudo”, è un autore «dell’area dell’autonomia», intendendo con questo termine non una delimitazione di confini politici di organizzazione quanto piuttosto l’indicazione di un riferimento e di un’ispirazione a comportamenti, idee, clima culturale in qualche modo omogenei. La sua presenza in questa antologia non risponde semplicemente a un’esigenza di completezza (dar voce anche a questa componente dell’area politica di sinistra) ma è motivata dalla qualità del suo lavoro. La sua produzione infatti, seppure contraddittoria e approssimativa, ha una sua originalità e ricchezza di intuizioni.
Si può dire che Manfredi non copia nessuno dei più vecchi ed esperti autori politici (cosa rarissima), ed è difficile collocarlo nei filoni tradizionali del canto militante contemporaneo; questo anche per l’eterodossia del patrimonio culturale dell’area politica a cui appartiene e di cui il suo ultimo lavoro (Ma non è una malattia) è fedele espressione. È un patrimonio culturale che meriterebbe un’analisi approfondita non perché particolarmente complesso (anche chiamarlo «patrimonio» è probabilmente eccessivo, non trattandosi di alcunché di definito e di consolidato) ma perché singolarmente contraddittorio rispetto ai consueti riferimenti culturali della sinistra riformista e di quella rivoluzionaria. Un’area politica, quella a cui Manfredi appartiene, che, nata in radicale e diretta contrapposizione alla sinistra nel suo complesso, era inevitabile rompesse radicalmente anche col retroterra ideologico di quella; tale rottura ha proceduto su due itinerari diversi ma, infine e singolarmente, coincidenti: il primo è quello del recupero del giovane Marx (quello dei Manoscritti economico-filosofici, per intenderci, della Sacra famiglia, dell’Ideologia tedesca), quello che scrive della necessità per l’uomo di riappropriarsi di «tutti i rapporti umani che ha con il mondo, vedere, udire, odorare, gustare, toccare, pensare, intuire, sentire, volere, agire, amare; in breve: tutti gli organi che costituiscono la sua individualità»; è un recupero non inutile, e perché si tratta di un Marx che il marxismo tradizionale ha censurato e mutilato, e perché in questo recupero si esprime la volontà di larghe masse di riconoscere i propri bisogni e i propri desideri dentro un’ispirazione collettiva, dentro un quadro di riferimento che è quello della concezione materialistica del mondo.
Il secondo itinerario è quello del recupero della grande cultura non marxista di questo secolo per ritrovarci il filo conduttore di un discorso sull’uomo totale e annetterlo alla nuova cultura rivoluzionaria in formazione e in trasformazione. Da qui, una rilettura di Breton, Freud, Kafka, Nietzsche, Artaud, Adorno, Lacan e il ripensamento sul surrealismo e l’irrazionalismo, sul decadentismo e l’esistenzialismo.
La coincidenza tra i due itinerari non è certo facile e può comunque avvenire solo a prezzo di contraddizioni anche laceranti; ma questo non appare un limite a chi intende fare di questa «nuova cultura», innanzitutto, terreno di contrasti e di conflitti; i limiti veri sono rappresentati dal possibile schematismo nell’opporre, alla resa dei conti, Marx giovane a Marx vecchio, Marx umanistico e Marx economicista, o addirittura Marx sensuale a Marx asessuato, da una parte; e dall’altra di ripetere il vecchio discorso riformista (un’altra consueta forzatura del marxismo) sulla possibilità per la cultura della classe operaia di assumere e sintetizzare tutta la grande cultura della borghesia («La cultura rivoluzionaria come continuazione di tutta la storia della cultura delle classi dominanti», come scriveva Occhetto dieci anni fa caricaturizzando Lenin). Il che poi, sul terreno della cultura quotidiana intesa come gusti, scelte, orientamenti, porta ad affastellare indiscriminatamente, nel giudizio positivo, Sergio Leone e Peckinpah, II portiere di notte e Ultimo tango, Easy Rider, Dario Fo, Carmelo Bene, Paolo Poli, Giorgio Gaber e Kerouac (vedi la canzone Quarto Oggiaro Story, che non è solo una canzone ironica); e, ridotto in termini ancora più spiccioli, fa scrivere alla rivista «Rosso»: “A noi invece piacciono i film western, quelli della crisi, il teatro-provocazione (quando lo è veramente), il rock, i fumetti più illogici possibile, i libri senza martiri e senza eroi, la riscoperta del proprio corpo, della immaginazione e della fantasia, ci piace il whisky e il comunismo lo pensiamo come una cosa molto lussuosa dove nessuno starà a piedi nudi su una zolla di terra a sudare piscia e sangue». Tutto ciò si ritrova anche nei testi di Manfredi, detto con sapienza e dolcezza maggiori. Il risultato, musicale e letterario, ci sembra – al di là del nostro radicale dissenso – quanto di meglio 1′ «area dell’autonomia» ha prodotto in campo culturale. L’ingenuità e le leziosità, gli schematismi e le rozzezze che pure ci sono – e sono numerosi – non annullano, in sostanza, il carattere di novità del lavoro di Manfredi; e la sua coerenza nel voler esprimere in canzone il suo (loro) modo di coniugare il personale e il politico, «la curva dei fianchi» e «il mitra lucidato», «i momenti di ubriachezza» e «la fine dello Stato».
2 marzo1976.
Alla composizione delle canzoni di Manfredi hanno collaborato Ricky Gianco e Giuliano Illiani.
-Ma chi ha detto che non c’è-
Sta nel fondo dei tuoi occhi
Sulla punta delle labbra,
sta nel corpo risvegliato
nella fine del peccato
Nella curva dei tuoi fianchi
Nel calore del tuo seno
Nel profondo del tuo ventre
Nell’attendere il mattino.
Sta nel sogno realizzato,
sta nel mitra lucidato.
Nella gioia e nella rabbia,
nel distruggere la gabbia
Nella morte della scuola, nel rifiuto del lavoro
Nella fabbrica deserta, nella casa senza porta
Sta nell’immaginazione, nella musica sull’erba,
sta nella provocazione, nel lavoro della talpa,
nella storia del futuro , nel presente senza storia,
nei momenti di ubriachezza, negli istanti di memoria.
Sta nel nero della pelle, nella festa collettiva,
sta nel prendersi la merce,
sta nel prendersi la mano, nel tirare i sampietrini,
nell’incendio di Milano,
nelle spranghe sui fascisti nelle pietre sui gipponi
Sta nei sogni dei teppisti
e nei giochi dei bambini,
nel conoscersi del corpo,
nell’orgasmo della mente,
nella voglia piu’ totale,
nel discorso trasparente.
Ma chi ha detto che non c’e’.
Sta nel fondo dei tuoi occhi
Ma chi ha detto che non c’e’.
Sulla punta delle labbra
Ma chi ha detto che non c’e’.
Sta nel mitra lucidato
Ma chi ha detto che non c’e’.
Nella fine dello Stato
C’e’, si’ c’e’
Ma chi ha detto che non c’e’.
Ma non è una malattia
Mi hanno detto: sei scoppiato
come ti sei rovinato
dimagrito, sembri quasi uno zombie
…sarà colpa delle notti
che ho passato ad aspettare
cose che forse dovevano arrivare.
Ma non è una malattia
no, non è una malattia
e non è una malattia
malattia.
E mia madre m’ha guardato
dice: come sei finito!
cosi in basso non t’avrei pensato mai…
Sì ma in basso puoi scoprire
le sottili incrinature che non puoi studiare all’Università.
Ma non è una malattia
no, non è una malattia
e non è una malattia
malattia.
Mi hanno detto: il tuo vestito
sembra veramente usato
non ti cambi mai, mi sembri proprio giù.
Beh scusatemi ragazzi,
oggi non ho altro da pensare
ho il mio abito di dentro da cambiare.
Ma non è una malattia
no, non è una malattia
e non è una malattia
malattia.
Mi hanno detto: il tuo lavoro
non è una cosa sicura
ogni mese cambia e dopo che farai?
Forse sono un pò svanito
ma il domani non esiste
e quest’oggi io non voglio essere triste.
Ma non è una malattia
no, non è una malattia
e non è una malattia
malattia.
Quarto Oggiaro Story
T’ho incontrata a Quarto Oggiaro davanti al Supermarket
saccheggiato (oh ye) avevi in tasca una scatola di tonno dello
Wyoming… si vede che la tua coscienza politica era scarsa…
lo ci ho qua il bourbon, io ci ho qua il vischi io ci ho qua
il caviale che a differenza del tonno non fa male, lo questa sera
mi bevo lo champagne circondato da quattro compagne…
Mentre tu te mange ‘o tonno
con quel fesso di Totonno
Ti ho incontrata alla prima visione, dopo l’appropriazione. Tu hai
visto un Franchi ed lngrassia mentre lì vicino facevano un film
inchiesta sulla CIA. Eh ma la tua coscienza politica è proprio
scarsa lo ho visto il Bertolucci, ho visto la Cavani S. Francesco
e i sette nani vestiti da nazisti ho visto Scapponsanfan’ dei
fratelli Taviani, C’eravamo tanto armati e diciotto film di marziani
(micidiale!) in cineteca. lo questa sera mi vedo i filmini svedesi
con due compagne cinesi…
E tu te vede ‘a televisione
co’ Totonno fetentone
Ti ho incontrata alla Feltrinelli, tu fregavi solo gialli, neanche
belli… ristampe. Si vede che la tua coscienza politica è proprio
scarsa. Guarda me: io ci ho qua il Kerouac, ci ho qua il Garcia
Marquez ci ho qua il teatro di Fo, chissà che cosa me ne fo…
lo questa sera mi leggo la Morante con una bimba tutta
pimpante
E tu te legge Agata Criste
co’ Totonno poro criste
T’ho incontrata davanti all’armeria in attesa, con la borsa della
spesa… esagerata! Io compravo i soldatini, tu un fucile coi
piombini. Si vede che la tua coscienza … è in crescenza. lo ci
ho a casa la Corazzata Potiemkin Politoys, ci ho la spada del
nonno carabiniere, ci ho le pistole di madreperla e il matarello
di madre pirla, ci ho le guns di plastica di Jasse James e il
mitra in simillegno con il fodero in similpelle e proiettili in
silmilsalve
E tu te mette a ffa cagnara
co’ stu cazz’ de lupara
e Totonnino ‘o fetentone
tene ‘na sberla de cannone
e un tuo amico di Potopp
tene quaranta molotopp
e uno dell’autonomia viaggia sempre co’ la zia
”cocosa c’entra la zia?” Pesa cinquecento kili e può sempre
servire.., calata dall’alto. Forse la tua coscienza è troppo
in crescenza…
Guarda “Gianfranco Manfredi Ma chi ha detto che non c’è“:
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