Ginevra 13 antifascisti uccisi
9 novembre 1932
Il 9 novembre 1932, a Ginevra, l’esercito svizzero apriva il fuoco sulla folla, uccidendo tredici persone.
Si tratta dell’ultima occasione in cui le autorità elvetiche hanno richiesto l’aiuto dei militari per assicurare l’ordine pubblico.
Negli anni Trenta, Ginevra è segnata da un’aspra divisione a livello politico. In particolare, il partito fascista «Unione nazionale» (UN) attacca con virulenza quello socialista, il movimento sindacale e la sinistra ginevrina in generale.
In questo clima, il 5 novembre 1932 appare un manifesto che annuncia, per la sera del 9 novembre, una sorta di processo popolare pubblico nei confronti di Léon Nicole e Jacques Dicker, due esponenti socialisti. La sinistra chiede alle autorità di impedire tale manifestazione, ma l’esecutivo risponde picche.
I socialisti e i comunisti decidono allora di organizzare una contro-manifestazione, prevista contemporaneamente all’evento organizzato dall’UN. All’appello della sinistra rispondono diverse migliaia di persone. Dal canto suo, il Governo ginevrino chiede al Dipartimento militare federale di inviare sul posto un contingente per evitare lo scontro tra opposte fazioni.
Nel giro di pochi istanti, avviene la tragedia: dopo alcuni scontri con la folla, i soldati aprono il fuoco sui manifestanti, uccidendo tredici persone e ferendone 65.
Dopo gli spari, la moltitudine di persone si dilegua in pochissimo tempo: «Sotto la luce dei lampioni restavano soltanto i corpi delle persone uccise. Era uno spettacolo terribile».
«La manifestazione del 9 novembre 1932 deve essere situata tenendo conto della paura, presso la popolazione, di un eventuale sollevamento a carattere rivoluzionario», spiega François Walter, storico dell’università di Ginevra.
Gli anni Trenta sono infatti stati caratterizzati da una grave crisi economica a livello mondiale, che ha avuto conseguenze anche sulla Svizzera, segnatamente per quanto concerne la disoccupazione e la sicurezza sociale.
«In quel periodo, la legittimità del sistema democratico era rimessa in discussione. Secondo alcuni, la gravità della situazione poteva giustificare altri esperimenti, per esempio quello di rovesciare le autorità con moti rivoluzionari», aggiunge Walter.
Nel 1932, i timori principali degli ambienti conservatori erano legati a possibili emulazioni della rivoluzione russa: Hitler non aveva ancora raggiunto il potere in Germania, e i pericoli legati al fascismo non erano ancora del tutto conosciuti dalla popolazione elvetica.
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