Una minaccia incombe tra Veneto e Trentino: la diga sul Vanoi.
Ripubblichiamo in questa sezione un articolo di Fabio Balocco in quanto il tema dell’acqua, della sua gestione e dei progetti che vorrebbero essere realizzati sul territorio piemontese ritorna con una certa frequenza. Inoltre, abbiamo avuto modo di approfondire il ciclo idrosociale grazie a un seminario organizzato dal collettivo Ecologia Politica Torino all’interno del percorso di mobilitazione verso il G7 Ambiente & Energia.
Riprendiamo innanzitutto alcuni spunti in merito al seminario che individua nel ciclo idrosociale dell’acqua una rappresentazione delle dinamiche di potere che riguardano le modalità in cui la risorsa acqua viene gestita. L’acqua, nel suo percorso, permette infatti di configurare strutture sociali, relazioni e identità.
Occorre tenere alta l’attenzione in merito alla situazione critica in cui versano le acque del nostro territorio, tra inquinamento da PFAS e siccità. La presenza di quantità significative di Pfas registrata nelle acque di numerose città del Piemonte (Torino compresa), è diventato ormai fatto di cronaca, grazie soprattutto all’inchiesta portata avanti da Greenpeace, che ha scatenato un acceso dibattito. Gli ultimi aggiornamenti e novità sulla questione vanno a intrecciarsi con una situazione già critica delle acque inquinate a Spinetta Marengo, a causa dell’industria Solvay e in Val di Susa, dove si sospetta l’esistenza di un rapporto causale con la presenza di lavori estremamente invasivi sul territorio per la costruzione dell’alta velocità e l’inquinamento delle acque.
Sul territorio piemontese abbiamo avuto modo di reperire numerosi progetti di dighe, in particolare in Val Soana, in Val di Viù, dove il lavoro prezioso di persone che praticano la tutela dei territori si concretizza nel progetto Una montagna sacra nel Gran Paradiso, in Val Sessera dove il comitato Custodiamo la Val Sessera sta portando avanti un lavoro di controinformazione e sensibilizzazione, oltre che di opposizione al progetto.
Di seguito l’articolo di Fabio Balocco che partendo da un caso singolo allarga la questione a quali siano le cause di quella che viene chiamata “digomania”.
Sull’arco alpino la “digomania” imperversa, un po’ giustificata dalle scarse precipitazioni di questi anni, un po’ dalla supposta energia verde che si ricava dall’idroelettrico. Di tutte le nuove opere, quella sicuramente più devastante sarebbe quella sul torrente Vanoi, a cavallo tra Veneto e Trentino Alto Adige. E cominciamo proprio da qui, perché a volere la diga e a portarsi avanti con l’iter è il Veneto, ma lo sbarramento della diga (alto ben 116 metri) poggerebbe con una spalla su territorio Veneto e con l’altra su quello Trentino, mentre l’invaso, della capacità di 33 milioni di mc, sarebbe invece pressoché tutto in Trentino. Che infatti si è dichiarato formalmente contrario alla realizzazione.
Da notare che la giunta trentina è leghista come è leghista Zaia, e ha approvato una mozione del Pd: stranezze della politica. Sono più di cent’anni che si parla di realizzare una diga sul Vanoi, ma fino ad oggi nulla è stato possibile costruire, soprattutto a causa della geologia locale, in particolare dei terreni franosi in cui il corso d’acqua scorre. In compenso, nel bacino del torrente Cismòn, tributario del fiume Brenta, sono stati realizzati nel secolo scorso ben sei invasi: Fortebuso, Val Noana e Val Schenèr in Trentino e Ponte Serra, Senaiga e Corlo in Veneto.
Dicevamo della pericolosità dei versanti. In proposito giova riportare un passaggio della nota del 18/05/2023 dell’allora Assessore all’ambiente della Provincia autonoma di Trento: “A queste considerazioni si aggiunge anche l’evidenza della pericolosità dell’area dove è prevista la costruzione del serbatoio, connotata perlopiù da pericolosità massima (P4) della carta di sintesi della pericolosità provinciale (approvata con deliberazione della Giunta provinciale n.1317 del 4 settembre 2020) dovuta a potenziali crolli ed alla particolare situazione lito geomorfologica dei versanti oltre che naturalmente dalla massima pericolosità fluviale/torrentizia.” Ma questo non sembra costituire un ostacolo per il soggetto che lo sbarramento lo vuole fortissimamente, e cioè il Consorzio di Bonifica Brenta con sede a Cittadella (Padova), anch’esso a guida centrodestra. Consorzio che ha comunque indetto una gara per la progettazione dell’opera.
Capita spesso, anzi sempre più spesso, che prima si pensi di realizzare delle grandi opere e solo in seguito a come giustificarle. Qui la giustificazione sarebbe la creazione di una riserva di risorsa idrica per la pianura, ma anche una centralina idroelettrica dalla portata irrisoria (molto meno di 2 megawatt). Così, con la scusa di portare eventuale acqua in pianura (ovviamente non si parla di risparmiare acqua in pianura o di risanare le reti idriche colabrodo o di dragare la ghiaia e il limo dai bacini esistenti) si causerebbe un disastro ambientale di immani proporzioni: il Vanoi è uno dei pochi corsi d’acqua integri del Nord-Est, tant’è che è habitat della trota marmorata, è frequentato da escursionisti e kayakisti.
Un’opera che necessita del consenso di due regioni, un’opera in un ambiente integro, un’opera che se non si è realizzata fino ad oggi perché la si ritiene pericolosa, eppure si spendono soldi pubblici per la sua progettazione. Mi viene un dubbio: sarà perché invece che acqua, dal cielo di questi tempi piovono i soldi del Pnrr?
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