Fogli di Via in Val Susa: fino a che punto è lecito tacciare di pericolosità sociale persino chi…non c’era?
Questa volta parto dalle conclusioni, tiro le somme senza scrivere gli addendi, arrivo subito alla sintesi.
Di Roberto Mairone, da serenoregis.org
In Valle di Susa e in tutta Italia, ovunque ci siano attivisti e movimenti che manifestano e si oppongono a qualche scelta scellerata della politica o di gruppi economici, Questura e agenti della Digos “agiscono politicamente”, “non fanno il loro lavoro”, si sostituiscono con disinvoltura alla Magistratura e reprimono le libertà di chi la pensa diversamente da loro e da coloro che difendono, ricorrendo a misure di prevenzione opportunamente “modificate” mediante la forzatura dei loro presupposti.
Sabato mattina, 3 febbraio, nell’area antistante il presidio di San Didero (bassa Valle di Susa) che dal 21 novembre si trova “sotto sequestro” insieme al presidio dei Mulini nel territorio di Giaglione, il Movimento No Tav ha indetto una conferenza stampa dal titolo Vola Via Foglio di Via. L’appuntamento ha voluto dare una risposta ferma e determinata alla campagna repressiva che, proprio attraverso i Fogli di Via dai comuni di San Didero, Bruzolo, Chiomonte, Giaglione e Venaus, ha colpito da metà dicembre 2023 ad oggi un cospicuo numero di attivisti sia della Valle di Susa che di Torino e di altre città d’Italia. Sarebbero oltre una cinquantina i colpiti da una simile limitazione della fondamentale Libertà di Movimento!
L’avvocata Valentina Colletta, da anni impegnata nella difesa di molti compagni e compagne del Movimento No Tav colpiti dall’azione repressiva della Questura, Prefettura e Magistratura Torinesi, ha chiaramente spiegato perché l’applicazione così massiccia dei Fogli di Via rappresenta, di nuovo, un tentativo goffo e azzardato di colpire il Movimento No Tav.
Il Foglio di Via, quale unico provvedimento emesso dal Questore, è infatti una misura di prevenzione che si applica ogniqualvolta questa autorità di pubblica sicurezza ritenga che un soggetto possa rappresentare un pericolo per il mantenimento dell’ordine pubblico. La pericolosità sociale del soggetto cui si vuole vietare la presenza in alcuni luoghi deve avere le caratteristiche della concretezza e dell’attualità. Spetta dunque al Questore specificare e motivare i presupposti nonché gli elementi di pericolosità dei soggetti raggiunti dai Fogli di Via.
La motivazione comune contenuta negli oltre cinquanta Fogli di Via è rappresentata dal fatto che altrettanti attivisti sono stati indagati per danneggiamento alle reti dei cantieri e resistenza aggravata a pubblico ufficiale, nello stesso processo penale che ha condotto al sequestro dei presidi della Valle. In particolare, il processo è riferito a fatti avvenuti nel corso di manifestazioni del Movimento No Tav fra aprile e luglio 2023 e che sono stati definiti nientepopodimeno che “assalti” ai cantieri. Altro elemento comune dei destinatari dei Fogli di Via è quello, sempre leggendone le motivazioni, di far parte del movimento No Tav e/o del centro sociale Askatasuna di Torino.
Il ripetuto richiamo al centro sociale torinese, leitmotiv dei provvedimenti giudiziari o amministrativi emessi dalla autorità torinesi, è talmente abusato da venire addotto a motivo di pericolosità sociale addirittura per un attivista che risiede a Catania. Come possa un catanese frequentare sistematicamente, ed essere quindi parte attiva del centro sociale torinese… è davvero un bel mistero.
Ascoltando le parole lette dall’avvocato Colletta si apprende che le attiviste e gli attivisti sono stati raggiunti dai Fogli di Via perché, durante le manifestazioni del Movimento No Tav, “sono stati individuati mentre, con il volto travisato e unitamente ad altri attivisti, assaltavano il cantiere presidiato dalle forze dell’ordine attuando la battitura delle reti, distruggendo parte della concertina, piegando le reti dei betafence e lanciando artifici pirotecnici e pietre in direzione delle forze dell’ordine.” La citata motivazione è riportata indistintamente su tutti i Fogli di Via. Ai legali è dunque sorta, legittimamente, una domanda: “cavolo! Ma proprio tutti hanno lanciato pietre e ordigni pirotecnici addosso alle forze dell’ordine, proprio tutti hanno divelto la concertina? Sono andati tutti lì per questo?”.
In realtà dal procedimento penale si scopre che nessuno di coloro che hanno effettivamente messo in atto le condotte sopraindicate sono stati identificati e che questa mancata identificazione è dovuta al travisamento degli stessi.
Si apprende invece che i destinatari dei Fogli di Via, sebbene anch’essi travisati secondo le indicazioni degli atti, sono stati colpiti dalle misure di prevenzione per il solo fatto di essere stati in qualche modo identificati attraverso il materiale video e fotografico. In altre parole, per gli agenti della Digos e per il Questore esistono due tipi di persone dal volto travisato: quelli la cui identificazione risulta impossibile e quelli che, nonostante il travisamento, sono stati senza alcun dubbio identificati, e quindi sottoposti a misure preventive.
Di fronte a questa curiosa situazione ed essendo “diffidenti per natura”, i legali hanno ritenuto necessario visionare il materiale fotografico e video utilizzato dall’accusa, insieme alla gran parte dei destinatari dei fogli di via. Attraverso l’analisi delle immagini ciascun attivista ha avuto modo di verificare e puntualizzare la sua posizione rispetto a quegli spazi fisici ove sono avvenute le azioni per le quali sono stati accusati e per le quali si sono visti definire come socialmente pericolosi. Ciò che è emerso dall’analisi del materiale probatorio è una “mera presenza” degli indagati nei luoghi ove sono avvenuti i fatti contestati. Si può pertanto affermare che le persone raggiunte dai Fogli di Via non erano travisati e non hanno messo in atto alcun atto violento fra quelli riportati negli atti delle misure preventive.
Se poi, con la massima onestà intellettuale si volesse chiamare in causa l’eventualità del concorso morale, è sempre l’avvocato Colletta a dichiarare che, negli atti, non vi è nessuna indicazione che possa condurci a prendere in considerazione questa evenienza e che la cassazione ha sempre escluso alcun possibile legame fra mera presenza e concorso morale. Venuta meno la prova dell’effettiva partecipazione degli attivisti raggiunti dai Fogli di Via alle azioni contestate, anche altri presupporti di concretezza e attualità si mostrano in tutta la loro debolezza e audacia.
Fra le motivazioni a supporto dei provvedimenti del Questore si leggono, seppur prive di alcun legame concreto e attuale, le eventuali pendenze di altri procedimenti, le segnalazioni o i deferimenti della Digos alla Procura per azioni delittuose o, ancora, la presenza di condanne definitive. Anche in questi casi si è osservato che i deferimenti o le pendenze sono relative a processi per i quali sono già intervenute assoluzioni o prescrizioni. In alcuni casi ci si riferisce addirittura a contestazioni per le quali è intervenuto un proscioglimento in udienza preliminare o a precedenti condanne passate in giudicato nei primi anni ’80 del secolo scorso. Oltre alla concretezza qui è l’attualità a vacillare e a cadere fragorosamente!
A fronte della debolezza e della disinvoltura dei presupposti addotti per definire come socialmente pericolosi gli attivisti e le attiviste, legali e assistiti hanno impugnato tutti gli atti attraverso il ricorso gerarchico al Prefetto nella speranza che questo disconosca quanto affermato e tradotto in atti e misure preventive dal Questore. Nei casi in cui è stato possibile dimostrare, attraverso testimoni e dati di geolocalizzazione, che non solo il soggetto non era presente presso i luoghi dei fatti ma non era nemmeno presente entro il territorio comunale ove sono collocati i cantieri, si è proceduto al ricorso in via di autotutela al Questore stesso. Appare chiaro che laddove alcuni attivisti erano, senza ombra di dubbio, a casa loro o altrove a fare altro, le segnalazioni e i deferimenti degli agenti della Digos al Questore contenevano delle imperfezioni o, addirittura, dei falsi.
In un caso di ricorso in autotutela i legali hanno già ricevuto una risposta, che l’avvocato Colletta non esita a definire “fantastica”. Nella stessa si scrive che in sede amministrativa non è necessaria la prova come nel processo penale e che, pertanto, nella discrezionalità del giudice si può ritenere che un fatto “è più probabile che sia avvenuto piuttosto che no”! Scopriamo quindi oggi, grazie a questa campagna repressiva dei Fogli di Via, che la certezza e la comprovabilità dei fatti sono subalterne alla discrezionalità del giudice.
L’intervento “legale” della conferenza stampa si conclude con un’ultima precisazione. Tutti i fogli di via hanno raggiunto i destinatari senza che sia stato dato loro alcun preavviso, che tra l’altro sta nella prassi laddove non ci sia la necessità e l’urgenza dell’atto stesso, per evitare il reiterarsi dei comportamenti contestati. Questo mancato preavviso ha tolto la possibilità a molti attivisti di presentare delle memorie e avanzare delle richieste necessarie per soddisfare esigenze lavorative, sociali o affettive. Ancora una volta la “giurisdizione torinese” reprime le libertà individuali, si presenta in tutta la sua originalità e fa emergere, a tratti, quel livore “commissionato” che riserva al Movimento No Tav.
Prendendo la parola, l’attivista Luigi Casel si dichiara tra i tanti destinatari dei Fogli di Via e guardando in direzione dell’antistante cantiere di San Didero presidiato dalle forze di polizia, si consegna simbolicamente in quanto reo di aver violato l’interdizione prescritta, per il fatto di essere presente alla conferenza stampa. Nonostante sia indagato per i fatti contestati e che per questa ragione non possa frequentare alcuni comuni della Valle per i prossimi due anni, Luigi dichiara di essere uno di quelli completamente estranei ai fatti poiché, prove alla mano, non presente nei luoghi e nei momenti ove questi sono avvenuti.
Nel proseguire pacatamente il suo intervento, Luigi richiama alla memoria il presunto blocco stradale di via dell’Avanà a Chiomonte, avvenuto il 26 giugno 2019. Nonostante il Giudice, alla fine di gennaio del 2024, abbia prosciolto ventotto attivisti per assenza di reato, questi stessi hanno visto la loro libertà di circolazione ridotta e calpestata per quattro anni proprio grazie a fogli di via emessi a seguito di una segnalazione degli agenti della Digos, che non era veritiera. È evidente, sulla base dei presupposti di tutti i Fogli di Via e di tutte le restrizioni delle libertà emessi nel corso degli anni a danno di attivisti del Movimento No Tav, che si è di fronte ad “un uso politico della Digos e della Questura” che tende addirittura ad esautorare quella Magistratura che, in molte occasioni, ha smantellato impianti accusatori degni delle più buffe teorie cospirazioniste.
Si costruiscono “sciocchezze giudiziarie” a danno degli oppositori per impedire di esprimere il dissenso. Questa repressione passa anche attraverso il divieto di praticare parti del territorio in cui si vive, in cui si pratica la socialità, in cui si coltivano gli affetti, si ragiona collettivamente e si portano a termine i propri impegni, anche quelli di lotta che ciascuno rivendica.
Alle parole di Luigi fa seguito l’interessante suggerimento di Alberto Perino, altro storico attivista del Movimento No Tav. “…Visto che non in tutti i comuni interessati dai fogli di via sono presenti dei cantieri, non sarà che si vuole colpire il movimento per qualche altra ragione? Non è che quest’altra ragione è il Festival Alta Felicità che coinvolge, in modi e in misure diverse, proprio quei comuni elencati nei fogli di via? Non è che, ad esempio, si vuole vietare a molti attivisti di raggiungere San Didero per impedire loro di partecipare alle riunioni preparatorie del Festival che in questo comune hanno sempre avuto sede…”
Sapendo quanto il festival abbia dato fastidio alle alte sfere e quanto in passato ci siano stati tentativi di gettare un’ombra oscura sull’evento, ecco che l’idea di Perino si concretizza, diventa elemento di quel teorema altrui che cerca ogni più piccolo appiglio pur di mettere il nostro movimento all’angolo, in quella posizione dalla quale diventa sempre più difficile difendersi dai soprusi della Magistratura, della Prefettura e della Questura.
Quello che la Magistratura, la Questura e la Prefettura non sanno e che ancora non hanno capito è che tutti noi, che siamo da anni impegnati a lottare contro questa opera ecocida e scellerata, viviamo già in un angolo geograficamente remoto, il più remoto, di questa nostra “povera patria”. Potete reprimere le nostre idee dissonanti, contrapposte, profondamente diverse dalle vostre, potete infliggerci ogni più meschino sopruso ma da qui, da questo nostro amato angolo, abbiamo la miglior visuale possibile sul nostro obiettivo. Abbiamo sempre guardato oltre i vostri caschi blu, le vostre visiere, al di là dei vostri atti giudiziari e siamo ancora qui a resistere. E contateci! Resisteremo!
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