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La lotta non si ferma: giù le mani da Marcelo!

Marcelo, al quale la questura di Milano nega il permesso di soggiorno per motivi di pericolosità sociale, ovvero per essere un migrante che ha scelto di lottare e di non abbassare la testa, ha affrontato il processo in cui un giudice è chiamato ad esprimersi sulla questione dei suoi documenti. Il giudice si è riservato del tempo per decidere e si attende la comunicazione della sua sentenza che potrebbe arrivare da un momento all’altro.
Le udienze che si sono susseguite sono state attraversate dalla solidarietà delle lotte di cui Marcelo ha fatto parte in questi anni: i migranti sono la forza e il sangue vivo dei movimenti reali che animano questo paese vecchio e stanco, e quello che oggi riguarda Marcelo è la stessa cosa che potrebbe succedere ad ogni occupante di case, ogni facchino che decide di resistere e passare all’attacco contro lo sfruttamento o la miseria cui viene condannato.

Ogni giorno nelle lotte si costruisce un presente diverso e una vita desiderabile acquista sempre più materialità. Il ricatto del permesso di soggiorno negato a chi si mette in gioco cerca di isolare e colpire là dove tutto questo è più esposto. Scegliere di resistere e non lasciare da soli quei compagni che vengono attaccati vuol dire difendere i mondi nuovi che fioriscono e si fanno strada in mezzo alle macerie dell’esistente, impedire con la nostra determinazione che ce ne vengano portati via dei pezzi.

In queste settimane i flussi migratori stanno tornando al centro dell’attenzione. Muri, filo spinato, hotspot e accordi tra stati come quello tra Turchia e UE disegnano la carta geografica di un sistema che stabilisce l’esistenza di vite in esubero e considera gli esseri umani alla stregua di merci. L’estate scorsa le esperienze di Ventimiglia e Calais hanno mostrato come quelle frontiere dove vengono bloccate centinaia di persone possano anche diventare luoghi di solidarietà e autorganizzazione da parte di chi decide di non cedere alla rassegnazione e affermare la propria libertà di movimento.

La storia di Marcelo è un filo che si annoda a quello di tutti gli altri migranti che lottano, tessendo una trama più forte delle carte, dei timbri di un ufficio immigrazione, delle minacce della polizia. La risposta del giudice, quale che sia, non sarà in ogni modo la parola definitiva, e la lotta andrà avanti. Ma quando questa risposta arriverà, non dobbiamo farci trovare impreparati. Per questo chiamiamo da subito un concentramento alle 18.00 in Piazza Tirana a Milano per il giorno in cui verrà comunicata la sentenza. Invitiamo tutti quelli che quel giorno non possono raggiungere Milano a mobilitarsi in qualsiasi modo ognuno nei propri territori. La strada è ancora lunga, ma la forza delle lotte dal basso è in grado di fare crollare il castello di carte del mondo di sopra!

#rompereilricatto
#celolibre

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pubblicato il in Intersezionalitàdi redazioneTag correlati:

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