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Intervista al coordinamento antinucleare antimilitarista veneto

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PERCORSI E PROSPETTIVE DEL MOVIMENTO

Domanda: Alla luce delle iniziative del movimento antiimperialista, da Comiso fino a quest’ultimo periodo, che bilancio ne potete trarre?

Risposta: Noi pensiamo che questo sia stato un anno positivo nella ricchezza di esperienze e nella crescita di un movimento che da Comiso ha attraversato punti alti di iniziativa e di lotta. Un percorso che ha visto la manifestazione del 22 ottobre a Roma e quella per il ritiro delle truppe dal Libano a Mestre. non sono stati comunque gli unici due momenti – almeno nella nostra regione – di iniziativa; altre lotte sì sono concretizzate nel radicamento di diversi e numerosi comitati, di gruppi di compagni e organismi di massa, nel lavoro all’interno delle proprie zone. Diverse iniziative si sono date non solo sul terreno del riarmo e dell’imperialismo ma anche, seppure con caratteristiche locali ma per questo non meno importanti, sul problema dell’inquinamento, sul problema delle centrali energetiche e sugli inceneritori.

Il bilancio di questi ultimi mesi poi eh abbastanza importante perché ha visto il movimento per la prima volta confrontarsi con l’iniziativa diretta contro la NATO: una prima volta il 1° maggio con il tentativo di blocco della Caserma Ederle e poi con il blocco del 3/6 a Longare. Un blocco quest’ultimo costruito da altri comitati su una piattaforma assolutamente ambigua da un punto di vista politico, come ambigua è stata l’organizzazione stessa dell’iniziativa, ma che la presenza di massa dei compagni, dei comitati popolari e delle varie strutture del movimento antagonista, è riuscita a stravolgere e a portare su un più corretto binario di lotta e di iniziativa. Questo per fare l’elenco delle iniziative più significative che ci sono state quest’anno. Un bilancio politico approfondito però deve partire da più lontano e considerare anche il ritardo che inizialmente il movimento antagonista ha dimostrato nel capire le caratteristiche del movimento pacifista. Un ritardo di comprensione dovuto a una serie di motivi in cui più evidenti sono stati da una parte la forte compressione repressiva a cui il movimento antagonista era sottoposto nei primi anni 80, (che lo costringeva spesso ad una dimensione difensiva o quantomeno di autoconservazione), dall’altra una forte egemonia sul movimento per la pace da parte dei riformisti che si evidenziava in modo chiaro e preciso. Il lavoro – allora – costruito dai comitati e da parte del Coordinamento ha prodotto una maggiore riflessione in un movimento che non poteva considerarsi un semplice movimento di opinione utilizzato come Cassa di risonanza delle battaglie politiche dei riformisti, ma che era frutto anche di una reale tensione presente nel corpo proletario e derivante sì dalla paura della guerra e della catastrofe nucleare ma anche dalla ristrutturazione produttiva conseguente a questi processi di riarmo, dalla militarizzazione del sociale, dal taglio delle spese sociali per finanziare gli stessi processi di riarmo e le funzioni imperialiste, dal generale peggioramento delle condizioni di vita proletarie.

Un bilancio politico deve considerare dunque anche questo aspetto e la capacità che ha dimostrato il movimento antagonista di sapersi approcciare e rendere interno ad un movimento che inizialmente sembrava addirittura refrattario, se non ostile, a percorsi di antagonismo; disposto solo a rapporti istituzionali e con i riformisti. I passaggi che si sono costruiti, sia nella battaglia politica locale, sia nella battaglia politica generale (vedi Comiso) hanno accelerato l’identificazione del movimento in una prospettiva di lotta e di antagonismo reali.

Domanda: Potete precisare meglio le caratteristiche del movimento per la pace e come il Coordinamento vi si è rapportato?

Risposta: Questo movimento vasto ed eterogeneo, mantiene sicuramente ancora oggi al suo interno componenti filo-istituzionali che hanno rallentato e rallentano ancora la sua evoluzione in senso antimperialista e antagonista. Il Coordinamento ha avuto un preciso ruolo di orientamento all’interno di queste aree, prima conquistandosi un internità legittima, a partire dalle lotte, poi operando una continua battaglia politica tesa al superamento dei limiti propri di questo movimento e favorendo lo smascheramento delle manovre politiche dei riformisti; mantenendo comunque un’ottica sempre unitaria e un corretto metodo di confronto dialettico.

Domanda: In che maniera voi intendete la ricomposizione tra movimento antimperialista e movimento antinucleare ed ecologista e come avete tentato di riportare in un unico progetto di sviluppo dell’antagonismo questi diversi aspetti di intervento all’interno di un movimento più largo?

Risposta: Beh, dire che questa ricomposizione sia avvenuta sul piano pratico ci sembra un po’ prematuro. Esiste comunque una tensione continua nel verificare nella realtà i legami che a livello teorico abbiamo riscontrato tra le diverse tematiche di intervento. La nostra battaglia deve andare complessivamente contro tutte le produzioni di morte che oggi vanno a peggiorare le condizioni di vita delle popolazioni e dei proletari anche perché esistono dei legami ben precisi e indissolubili tra la distruzione dei territori, tra un uso capitalistico delle risorse e la battaglia contro il riarmo e la militarizzazione. Evidente in questo senso è lo stretto intreccio tra il nucleare civile e il nucleare di guerra, tra la militarizzazione indotta da una centrale nucleare e quella provocata da una base NATO. Più in generale possiamo affermare che i rapporti sociali, le condizioni di vita in un territorio, vengono peggiorate sia con la presenza di un impianto inquinante, o di un insediamento energetico, o in presenza di una base militare. Tutti aspetti e fenomeni che sono comunque frutto di uno stesso modo di produzione e di un unico progetto di controllo e sottomissione dei proletari. Sulla base di questa convinzione abbiamo articolato interventi diversi: dalla lotta alle basi NATO a quella contro gli inceneritori e le fabbriche inquinanti, a quella contro le centrali.

Su questo abbiamo tentato di fondare un progetto, anche se la natura stessa del movimento per la pace con difficoltà riesce a sposarlo. Manca ancora quel cemento ricompositivo che più volte abbiamo tentato di individuare nella costruzione di un unico movimento di lotta che riesca anche a penetrare in altri settori di classe come gli operai, i disoccupati, gli studenti, ecc. che sono al centro della nostra stessa azione.

Domanda: Nella necessità di superare una frammentazione del movimento sulle singole specificità e contraddizioni locali, come i compagni costruiscono una metodologia di intervento che renda possibile che il proletario che si mobilita e lotta per la chiusura dell’inceneritore di Sacca Fisola riconosca l’importanza di essere presente davanti ai cancelli del Magliocco o di bloccare una base NATO?

Risposta: Schematizzando possiamo dire che oggi esistono due piani diversi di mobilitazione delle popolazioni, dei proletari e degli organismi che si costituiscono: uno di carattere ideale e riguardante i grandi temi sulla guerra sui quali si è sviluppato un movimento con caratteristiche, lo ripetiamo, spesso di opinione che ha comunque saputo individuare i punti alti della ristrutturazione capitalistica e del riarmo imperialista. L’altro piano riguarda l’attivazione di lotte su contraddizioni locali e obiettivi specifici.

In questo contesto si è costituito un movimento segmentato e differenziato di lotta ecologica, di battaglia contro l’inquinamento che proprio per le sue caratteristiche e i suoi ridotti strumenti di rappresentazione non ha mai avuto grossa rilevanza. Questi due piani non sono certo in contrapposizione ma anzi vanno integrati proprio per garantire l’espressione più completa di un movimento che vive di grandi battaglie ideali che però devono tradursi in una pratica quotidiana di radicamento, di sedimentazione organizzativa, di garanzia di continuità.

Per converso l’iniziativa specifica e locale deve trovare sbocchi e momenti di amplificazione da parte del movimento più ampio proprio per l’interesse e la ricchezza che queste lotte rappresentano e per il legame diretto che corre fra obiettivi limitati ad un territorio (inceneritori – fabbriche inquinanti – discariche, ecc.) obiettivi più generali (missili a Comiso – basi NATO – centrali nucleari).

Domanda: Qual è il ruolo dei riformisti nel tentativo di bloccare un percorso ricompositivo del movimento?

Risposta: E’ evidente che l’influenza del PCI e degli altri partitini sul movimento e certamente determinante proprio perché si gioca continuamente su alcune ambiguità di fondo e su elementi di immaturità presenti in alcune componenti del movimento. Primo fra tutte le ideologie della pace, che priva di agganci con le contraddizioni reali che i proletari vivono nei territori, nei posti di lavoro, nelle scuole; inoltre, essendo priva degli strumenti di intervento sugli effetti della corsa al riarmo (aumento delle spese militari – disoccupazione – ecc.), non riesce a radicarsi tra i proletari e a maturare l’organizzazione autonoma di classe. Su questa situazione avviene il recupero del PC attraverso un orientamento istituzionale che viene imposto al movimento attraverso uomini di partito inseriti nei momenti più opportuni, attraverso l’espropriazione e lo stravolgimento delle parole d’ordine e degli obiettivi sui quali vengono costruite le grandi manifestazioni, sulla base di un grande apparato organizzativo e di propaganda.

In alcuni casi comunque la forza, l’estensione, la determinazione del movimento, è riuscita a smascherare queste operazioni come nel caso della lotta di Comiso e della lotta per il ritiro delle truppe dal Libano.

Domanda: Le Amministrazioni Pubbliche sono istituzioni che rappresentano oggi le dirette articolazioni dello Stato nelle sue funzioni di amministrazione e imposizione delle linee di politica economica. Esiste anche una funzione, da parte dello Stato, di controllo e di coercizione sociale.

Da questo punto di vista come registrare il rapporto tra movimento e Stato?

Risposta: E’ un rapporto di pura repressione. Già nel ‘79 si intravvedeva una profonda modificazione nell’atteggiamento dello Stato nei confronti dei movimenti di opposizione. Una modificazione che investiva non sono le avanguardie di lotta, il movimento antagonista, ma preludeva già ad un più puntuale e rigoroso controllo di ogni forma di dissenso sociale. Lo stesso assetto istituzionale si riorganizza con l’obiettivo di chiudere ogni possibilità di mediazione degli interessi di classe e di spazio all’ insorgenza di nuovi movimenti ristrutturandosi nel senso dell’autoritarismo e del decisionismo più sfrenati. Questa caratteristica l’abbiamo verificata in questi ultimi mesi soprattutto nelle cariche di Comiso di agosto e settembre, nelle cariche e negli arresti del 19 dicembre a Mestre ma anche nelle innumerevoli altre iniziative repressive che lo Stato usa nei confronti dei movimenti per bloccarne lo sviluppo. Si tratta di schedature di massa (come nel caso degli obiettori fiscali), denunce a raffica per reati di poco conto (blocchi stradali – attacchinaggi – volantinaggi, ecc.), di continui, e imposti con la forza, a manifestare (anche in bicicletta come è successo a Padova), chiusura di ogni spazio di agibilità e di espressione.

E’ comunque vero che lo Stato non cala la sua repressione in maniera indistinta ma opera con criteri di selettività. Ciò che persegue è nell’immediato impedire la realizzazione degli obiettivi materiali che il movimento di volta in volta si pone, la cui realizzazione segnerebbe una destabilizzazione nel reale delle strutture del comando e della produzione.

I lavori alla base di Comiso non dovevano essere bloccati, l’unica maniera per impedirne il blocco reale è stata la carica. A Genova lo Stato doveva garantire l’accesso dei capi di Stato e dei mercanti d’armi alla mostra navale bellica: raggiunto questo scopo ha tollerato che si effettuassero i blocchi stradali e la manifestazione non autorizzata. Il 3 giugno a Vicenza non impediva che venissero bloccati i cancelli della base di Longare perché non si intaccava sostanzialmente il suo funzionamento. Il criterio di selettività opera anche nel senso di impedire qualunque manifestazione autonoma dell’antagonismo, qualunque iniziativa che non sia stata preventivamente concordata, anche sul livello più basso. Il corteo non autorizzato di 500 compagni il 1° maggio a Vicenza, non è stato tollerato perché si trattava di un’iniziativa autonoma del movimento.

Domanda: Quali sono le scadenze estive a cui sta lavorando il Coordinamento?

Risposta: Stiamo preparando nuovamente l’andata a Comiso anche se la situazione è cambiata rispetto all’anno scorso. Di sicuro c’è la volontà di dare continuità ad un percorso di lotta che ha segnato la ripresa di un movimento antagonista anche a livello nazionale. Contemporaneamente lavoriamo nelle nostre zone di intervento ad alcuni momenti di dibattito, incontro, di socializzazione sul problema delle centrali nucleari, sull’internazionalismo proletario, sull’inquinamento e sull’antimilitarismo.

Fonte: “Autonomia n. 31” – 12 giugno 1984

Guarda “Video sulle battaglie antinucleari a cura del Centro Studi Open Memory“:

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