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Muore Camillo Torres

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Camillo Torres (nato a Bogotà il 3 febbraio 1929) si era unito alle forze guerrigliere dell’ELN all’inizio del 1963.

Diversi anni prima aveva deciso di lasciare il sacerdozio: “Non celebrerò più messa finché non sarà raggiunta giustizia nella mia patria”. In precedenza Camillo Torres era stato rappresentante del Cardinale presso la Giunta direttiva dell’Istituto Colombiano della Riforma Agraria e lì aveva preso coscienza delle condizioni di vita di gran parte della popolazione colombiana e di come gli aiuti dati dal governo e dalla Chiesa servissero unicamente a mantenere il popolo in una condizione di schiavitù. Da studente di Diritto all’Università Nazionale della Colombia aveva poi fondato un giornale: Fronte Unido, di denuncia e di lotta, e tentato di dare vita ad un sindacato di lustrascarpe. Per queste sue posizioni, tra cui anche la richiesta di espropriazione dei beni della Chiesa, fu dimesso da ogni incarico e ridotto allo stato laicale dalle gerarchie ecclesiastiche.

Nel 1963 aveva iniziato viaggiare per il Paese, passando di villaggio in villaggio a predicare la Rivoluzione e smascherare l’inutilità delle elezioni:

“Non ho mai visto il volto di Gesù Cristo osservando i tratti della minoranza che tiene in scacco i poveri del mio paese. Li osservo invece, ogni giorno, in mezzo alle folle dei diseredati (…) Sono un rivoluzionario, come colombiano, come sociologo, come cristiano e come sacerdote. Come colombiano, perché non posso estraniarmi dalle lotte del mio popolo. Come sociologo, perché, grazie alla mia conoscenza scientifica della realtà, sono giunto alla convinzione che soluzioni efficaci non sono raggiungibili senza una rivoluzione. Come cristiano, perché l’essenza del cristianesimo è l’amore per il prossimo e solo attraverso una rivoluzione si può ottenere il bene della maggioranza. Come sacerdote, perché dedicarsi al prossimo, come la rivoluzione esige, è requisito dell’amore fraterno indispensabile per celebrare l’eucarestia” Presto alla parola decide di affiancare il fucile e sale in montagna unendosi alla guerriglia dell’ELN:

“un cattolico, un sacerdote cattolico, non può essere spettatore inerte in un sistema sociale che nega alla maggioranza la possibilità di mangiare, di vestire, di avere una casa. Proprio perché sono colombiano, cattolico e prete, non posso non essere rivoluzionario. Se mi uccidono in montagna, la mia morte indicherà una strada”

Camillo Torres muore il 15 febbraio del 1966 insieme ad altri due militanti dell’ELN. Il suo corpo non fu mai più trovato, il luogo della sepoltura viene tuttora tenuto nascosto perché “segreto militare”.

Queste sono le parole di Camillo Torres diffuse dall’ELN alla sua morte:

Per la presa del potere da parte delle classi popolari, fino alla morte, io sono entrato nella lotta armata. Dalle montagne colombiane penso di proseguirla fino a conquistare il potere per il popolo. Mi sono arruolato nell’Esercito di Liberazione. Vi ho trovato l’attuazione in un’unità, la base contadina, senza differenze, né religiose, né di partito. Senza “caudilli”. Cercheremo di liberare il popolo dallo sfruttamento, dalle oligarchie economiche e dall’imperialismo”

 

Da molti anni i poveri della nostra patria,

da molti anni attendono il grido di battaglia,

il grido per gettarsi nella lotta finale

contro l’oligarchia e contro il capitale.

contro l’oligarchia e contro il capitale.

 

A questo punto il popolo non crede a chi ha il potere

a questo punto il popolo non crede alle elezioni,

non c’è più via legale che possa esser tentata,

non resta altro al popolo che la lotta armata.”

 

Il popolo è deciso a offrir la propria vita

per dare ai propri figli un tetto e da mangiare,

per dare soprattutto a chi verrà domani

la patria non più schiava dei nordamerìcani.”

 

E devo dire al popolo che io non l’ho tradito,

son stato sulle piazze d’ogni città e villaggio

chiamando chi lavora ai campi e alle miniere

a unirsi e a organizzarsi per prendere il potere.”

 

Chiunque è un patriota stia sul piede di guerra

finché possano sorgere i capi guerriglieri;

dobbiamo stare all’erta, scambiarci le opinioni,

raccoglier le provviste con armi e munizioni.”

 

La lotta è prolungata e i colpi all’oppressore

sian piccoli, se occorre, purché siano sicuri;

proviamo cosa valgono di fronte agli avversari

coloro che si dicono dei rivoluzionari.”

 

Agisci senza sosta, ma agisci con pazienza,

la guerra sarà lunga e ognuno dovrà agire;

importa soprattutto che la rivoluzione

quando è il momento giusto ci trovi dall’azione”

 

Abbiamo incominciato perché la strada è lunga,

però questa è la strada per la rivoluzione:

con noi fino alla morte a unire e organizzare.

con voi fino alla morte, la classe popolare.”

 

Con noi fino alla morte perché siamo decisi,

con voi fino alla morte, a andare fino in fondo:

la presa del potere non è ormai più illusoria,

lottar fino alla morte vuoi dire la vittoria

 

Questa canzone di Fausto Amodei, “Proclama di Camillo Torres”, è una parafrasi assai fedele dell’ultimo discorso di Camillo Torres al popolo colombiano “Dalle montagne, gennaio 1966”, considerato il suo testamento spirituale.

 

Guarda “Proclama di Camilo Torres”:

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