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La rivolta di Valdagno

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Il 19 aprile 1968 vede a Valdagno una rivolta operaia contro Marzotto e contro l’esasperante repressione politica padronale che impediva una gestione normale di una vertenza sindacale.

Già il mercoledì della settimana precedente era stato indetto uno sciopero selvaggio dichiarato solamente la sera prima. In quella mattinata gli operai avevano picchettato i gradini della fabbrica impedendo agli impiegati l’entrata anche violentemente dove necessario.
Quando il 19 aprile altra data di sciopero gli operai alle 7 di mattina si recarono davanti alla fabbrica per picchettare trovarono un’amara sorpresa, i carabinieri si erano posizionati sui gradoni. Immediatamente gli animi si scaldarono, in particolare quelli delle donne che reagirono violentemente urlando e imprecando contro i carabinieri schierati.
A un certo punto un brigadiere dei CC in borghese tirò fuori una catena legata con un lucchetto ed iniziò a picchiare con questa. Le donne presenti sui gradini quindi vennero caricate dalla polizia e subito gli operai accorsero per opporsi alla carica. Per protestare contro l’uso delle catene fatto dai carabinieri volarono in loro direzione una serie di uova.
Questi primi tafferugli causarono dei feriti tra gli operai che chiesero delle garze alla fabbrica. I dirigenti risposero che si facessero medicare dentro la fabbrica. Lo scopo ovviamente era quello di individuarli ed identificarli. Molti però sono anche i feriti tra i CC.
Alle 9:15 arrivò la celere cercando di disperdere la folla lanciando lacrimogeni e caricando violentemente. Gli operai antistanti i gradini si trovarono quindi imbottigliati tra la celere ed i carabinieri che scesero dalle scalinate.
Alle 10:30 la celere si ritirò in via Gaetano Marzotto e i carabinieri ritornarono sui gradini.
La manifestazione continuò senza fatti particolarmente gravi fino alle 14 quando sulla porta della fabbrica spuntò il direttore amministrativo della Marzotto. La folla alla sua vista iniziò a premere sui cancelli riuscendo a sfondarli.
Di nuovo fino alle 18 poco successe nella piazza ancora piena, ma l’arresto di due operai scatenò la reazione di massa.
I dirigenti dei sindacati CGIL, CISL e UIL a quel punto arbitrariamente senza consultarsi con gli operai concordarono con la polizia il rilascio dei due operai in cambio dello scioglimento della manifestazione.
Ma quando ciò venne annunciato alla massa gli operai si imbufalirono con chi tentava di spezzare le lotte e affermarono di non volersi tirare indietro. La polizia immediatamente caricò e lanciò nuovi lacrimogeni, a quel punto gli operai iniziarono a rispondere con un fitto lancio di sassi. Gli operai lentamente guadagnarono terreno, ma iniziarono immediatamente tutti una serie di caroselli con le camionette.
A questo punto alcuni manifestanti attrezzarono un’auto con un altoparlante e iniziarono a girare per la città invitando la gente a scendere in piazza in favore degli operai. In moltissimi risposero unendosi alla protesta.
Tra questi molti furono gli studenti delle medie inferiori che infervorati dalla voglia di ribellarsi buttarono giù la statua di Marzotto padre e attaccarono direttamente tutti gli esercizi commerciali che i Marzotto avevano in città.
Alle 22, 23 arrivarono i caschi blu da Padova e rastrellarono la città arrestando 200 operai e disperdendo le folle con bombe lacrimogene e a volte vere e proprie bombe a mano.

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