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George Jackson

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Commozione e rabbia nella comunità afroamericana e fra tutti i detenuti rivoluzionari degli Stati Uniti per la morte di George Jackson, avvenuta il giorno precedente. Il 21 agosto 1971, infatti, nel cortile della prigione San Quentin veniva ucciso a colpi di fucile da un secondino George L. Jackson, field marshal per le prigioni del Black Panther Party.

L’omicidio diede il via ad una feroce campagna di repressione contro il movimento dei neri che coinvolse, fra gli altri, anche la militante comunista Angela Davis.

Nel 1972 vennero pubblicati i testi politici di Jackson che era riuscito a far uscire dal carcere appena una settimana prima della sua morte. La raccolta, dal titolo Blood in my Eye, comprendeva una serie di saggi scritti dopo la morte del fratello minore Jonathan, ucciso dalla polizia mentre cercava di allontanarsi dal tribunale di San Rafael insieme a tre prigionieri liberati poco prima.

“Sono stato in rivolta per tutta la vita” scrisse George Jackson in una sua lettera. La prima rivolta fu il crimine. George Jackson fu arrestato per la prima volta a 14 anni per il furto di una borsetta, Da qui fu un susseguirsi costante di arresti, riformatori e rilasci provvisori. A 18 anni fu arrestato per il furto di 70 dollari da un distributore di benzina; ebbe una condanna a tempo indeterminato: da 1 anno a vita.

Proprio in carcere iniziò la sua maturazione politica:

“…scoprii Marx, Lenin, Trockij, Engels e Mao, e ne fui redento. Durante i primi quattro anni non studiai altro che economia e discipline militari. Conobbi i guerriglieri neri, George “Big Jake” Lewis, e James Carr, W.L. Nolen, Bill Christmas, Terry Gibson e molti, molti altri. Tentammo di trasformare la mentalità del criminale nero nella mentalità del rivoluzionario nero.”

Il governo cominciò contro Jackson e gli altri detenuti politicizzati una feroce campagna terroristica fatta di celle di isolamenti, pestaggi, rifiuto di ogni libertà provvisoria. Si cercava inoltre di spingere gli altri detenuti ad ammazzarli; fra i detenuti bianchi girava la voce: «Stangate Jackson, e otterrete qualche ricompensa».

Il 13 gennaio 1970 nel braccio di sorveglianza speciale della prigione di Soledad venne aperto un nuovo cortile per la passeggiata dove furono inviati 6 neri e 8 bianchi. Senza nessun preavviso un secondino aprì il fuoco dalla torre di guardia: tre detenuti neri, tra gli uomini più vicini a Jackson furono uccisi e un bianco rimase ferito.

I neri sopravvissuti dichiararono che uno di loro, ferito, fu lasciato morire dissanguato sul lastricato di cemento. Tre giorni dopo la commissione di inchiesta della contea di Monterey dichiarò che le uccisioni erano giustificate. Meno di un’ora dopo dall’annuncio di questa decisione una guardia fu trovata uccisa. Tutti i detenuti del braccio in cui erano avvenute le uccisioni furono messi in isolamento. Il 28 febbraio Fleeta Drumgo, John Clutchette e George Jackson vennero formalmente accusati del delitto per cui rischiavano la pena di morte.

Il 7 agosto 1970 nel tentativo di far evadere tre detenuti, morì il fratello diciassettenne di Jackson insieme ad altri tre militanti delle Pantere Nere ed al giudice che era stato preso in ostaggio.

 

Dopo la morte del fratello, Jackson scrisse in una lettera:

“Non ho versato una lacrima, sono troppo fiero per farlo. Un bellissimo, bellissimo uomo-bambino con un fucile automatico in mano. Lui sapeva come essere con il popolo. Ho amato Jonathan, ma la sua morte ha solo rafforzato la mia volontà di lottare. Per essere fiero mi basta sapere che era carne della mia carne e sangue del mio sangue.”

Gerorge Jackson fu trasferito nel carcere di San Quentin e tenuto in isolamento per lungo tempo.

Terminò di scrivere il libro nell’agosto del 1971. Poco dopo organizzò con gli altri detenuti una rivolta. I cecchini lo colpirono alle spalle, il suo corpo fu rimosso dal cortile della prigione solo verso sera.

“Per lo schiavo, la rivoluzione è un imperativo, è un atto cosciente di disperazione, dettato dall’amore”

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