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Spagna: il “prete carnefice”

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“La luna lo vedeva e si copriva / per non incrociare il suo sguardo / nel libero, nella croce / e nella Star già scarica / Più nero della notte / meno nero della sua anima / di prete carnefice di Ocaña”.

 

Sono alcuni dei versi anonimi scritti nel 1941 da un prigioniero repubblicano nel carcere di Ocaña, a qualche decina di chilometri da Madrid. Si tratta dell’unica testimonianza scritta sui crimini commessi da quello che è passato alla storia come “il prete carnefice” di Ocaña. Così – o anche ‘il prete assassino’ i prigionieri avevano ribattezzato il cappellano della prigione nei pressi di Toledo dove per molti anni dopo la fine della guerra civile furono rinchiusi migliaia di repubblicani e antifascisti. Moltissimi dei quali non ne uscirono vivi. E tra coloro che si incaricavano di togliere la vita ai prigionieri c’era proprio lui, dedito spesso a dare il colpo di grazia ai repubblicani condannati a morte.

 

“Tutti sapevamo che lui era un prete. Partecipava ai pestaggi e poi gli piaceva impugnare la pistola e sparare l’ultimo colpo. Però sapevamo poco di lui. Non si faceva vedere in paese e un giorno sparì dalla prigione. Non ricordo neanche il suo nome” ha raccontato pochi giorni fa al quotidiano spagnolo Publico il 75enne Celedonio Vizcaíno. Suo nonno, dal quale ha ereditato il nome, fu fucilato l’8 luglio del 1939 con l’accusa di appartenere alla gioventù del Partito Comunista. Nella memoria dell’ormai anziano Celedonio rimane vivida un’immagine: quella di decine di prigionieri politici che camminano dal tribunale verso il cimitero, in piena notte, in una lunga e ordinata fila, seguiti da una camionetta dell’esercito. Secondo i registri dei carcerieri quella notte furono 57 i fucilati. Le condanne a morte durarono a lungo, ricorda l’uomo, e le tre fosse comuni del cimitero locale spesso erano aperte per ricevere i nuovi resti, poi ricoperti di calce viva.

Solo a Ocaña, un paesone di neanche 11 mila abitanti, i repubblicani, gli antifascisti e i comunisti vittima tra il 1939 e il 1959 della repressione franchista furono 1300. Per la maggior parte vennero fucilati al termine di processi sommari, ma alcuni morirono di stenti, di fame e di malattie. O per le botte prese da qualche carceriere. In quel lager morirono anche molti bambini, anche piccolissimi. “Era normale che le madri venissero rinchiuse incinte e partorissero nelle celle oppure portassero con loro i figli che non potevano badare a loro stessi. E molti di loro non sopravvivevano ai gelidi inverni” racconta Carmen Diaz, vicepresidente dell’associazione dei Familiari dei prigionieri giustiziati nel carcere di Ocaña. “Una prigioniera fu condannata a morte ma aveva un bambino ancora in età da allattamento. Le suore permisero di rimandare la sentenza finché il bimbo non compì due anni; a quel punto glie lo tolsero dalle braccia e la fucilarono”. Il nonno di Carmen fu giudicato tre volte dai tribunali franchisti: la prima per condannarlo a morte, la seconda per commutargli la pena in 30 anni di prigione, l’ultima per condannarlo di nuovo a morte. E la sentenza fu eseguita all’improvviso, senza avvisare i famigliari.

Nel carcere passarono anche vittime ‘illustri’ del franchismo, come i poeti antifascisti Miguel Hernandez e Marcos Ana, il primo nel 1940-41, il secondo più tardi, dal 1944. “Miguel Hernandez insegnava a leggere e scrivere ai prigionieri repubblicani e organizzava addirittura lezioni di poesia. La poesia sul ‘prete carnefice’ fu il prodotto di queste lezioni” ricorda Julián Ramos, il cui nonno venne fucilato nel cimitero di Ocaña con la colpa di essere il sindaco socialista di un paese vicino, San Bartolomé de las Abiertas. Una poesia tramandata fino ai nostri giorni dal militante comunista Miguel Nuñez, poi scomparso nel 2008, anche se non è stata mai confermato che a scriverla sia stato Miguel Hernandez.

 

Di seguito la poesia intera, così come è stata tramandata fino ai giorni nostri:

 

Muy de mañana, aún de noche,

Antes de tocar diana,

Como presagio funesto

Cruzó el patio la sotana.

¡Más negro, más, que la noche

Menos negro que su alma

El cura verdugo de Ocaña!

 

Llegó al pabellón de celdas,Allí oímos sus pisadas

Y los cerrojos lanzaron

Agudos gritos de alarma.

“¡Valor, hijos míos,

que así Dios lo manda!”

Cobarde y cínico al tiempo

Tras los civiles se guarda,

¡Más negro, más, que la noche

Menos negro que su alma

El cura verdugo de Ocaña!

 

Los civiles temblorososLes ataron por la espalda

Para no ver aquellos ojos

Que mordían, que abrasaban.

Camino de Yepes van,

Gigantes de un pueblo heroico,

Camino de Yepes van.

Su vida ofrendan a España,

Una canción en los labios

Con la que besan la Patria.

El cura marcha detrás,

Ensuciando la mañana.

¡Más negro, más, que la noche

Menos negro que su alma

El cura verdugo de Ocaña!

 

Diecisiete disparosTaladraron la mañana

Y fueron en nuestros pechos

Otras tantas puñaladas.

Los pájaros lugareños

Que sus plumas alisaban,

Se escondieron en los nidos

Suspendiendo su alborada.

La Luna lo veía y se tapaba

Por no fijar su mirada

En el libro, en la cruz

Y en la “star” ya descargada.

¡Más negro, más, que la noche

Menos negro que su alma

El cura verdugo de Ocaña!

 Fonte: Marco Santopadre da Contropiano

 

Traduzione:

Molto presto, era ancora notte / Prima che risuonasse la sveglia / Come un presagio funesto / Attraversò il cortile la sottana. / Più nero della notte / Meno nero della sua anima / Il prete carnefice di Ocaña!

 

Giunse al padiglione delle celle, / Lì sentimmo i suoi passi / E i catenacci lanciarono / Grida acute di allarme. / “Coraggio, figlioli, / così Dio comanda!” / Codardo e cinico a un tempo / Dietro le guardie si nasconde, / Più nero della notte / Meno nero della sua anima / Il prete carnefice di Ocaña!

 

Le guardie tremebonde / Li legarono con le mani dietro la schiena / Per non vedere quegli occhi / Che mordevano, che ardevano. / Verso Yepes vanno, / Giganti di un popolo eroico, / Verso Yepes vanno. / La vita sacrificano alla Spagna, / Un canto sulle labbra / Con cui baciano la patria. / Dietro cammina il prete, / Insozzando il mattino. / Più nero della notte / Meno nero della sua anima / Il prete carnefice di Ocaña!

 

Diciassette spari / Perforarono il mattino / E bucarono i nostri petti / Altrettante pugnalate. / Gli uccelli del luogo / Che si lisciavano le piume, / Si nascosero nei nidi / Sospendendo il risveglio. / La luna lo vedeva e si copriva / per non rivolgere lo sguardo / sul libro, sulla croce / e sulla Star già scarica / Più nero della notte / meno nero della sua anima / il prete carnefice di Ocaña!

 

 

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