La “Nuova” Autonomia
25 ottobre 1986
Per i “columist” della stampa di regime, e per i tuttologi della politica, ma molto più semplicemente, per la corporazione dei giornalisti la manifestazione del 25 ottobre di Roma è stata la giornata da “vivisezionare” per ricavarne i “capi di accusa” contro il movimento, contro i compagni.
Non è un caso, che dopo aver taciuto per anni sulle iniziative intraprese dai compagni, costoro si inventano “La Nuova Autonomia” offrendo all’opinione pubblica elementi di “dis/informazione” che aiutano il potere a legittimare gli arresti e la repressione.
Nelle pagine seguenti offriamo uno spaccato di come la stampa abbia affrontato la data del 25 ottobre,
Un dato è per noi scontato: o il movimento sarà capace con le lotte, con la capacità di esercitare “influenza” su altri settori della società e quindi “demistificare” l’informazione del potere, oppure, per una lunga fase dovremo ancora sopportare le menzogne e le vere e proprie volgarità politiche che costoro scagliano sul movimento.
Scopo di questo Dossier, nonostante i suoi limiti, è anche questo: contribuire a ripristinare un corretto punto di vista della realtà ed offrire un utile strumento per ottenere, al più presto, la Libertà dei compagni arrestati.
La manifestazione del 25 ottobre a Roma doveva essere, nelle intenzioni dei promotori, la solita sfilata, la solita passeggiata romana di fine settimana come se ne sono viste molte negli ultimi anni. Indetta da uno schieramento di forze piuttosto ampio, esprimeva un’evidente povertà di contenuti, ai quali si preferiva supplire con la triste passerella finale che vedeva l’avvicendarsi sul palco di politici, sindacalisti e gruppetti vari, tutti in cerca di facili consensi. Una diretta RAI assicurava le immagini del corteo anche a coloro che, troppo pigri, non se l’erano sentita di recarsi fino a Roma, e l’atmosfera doveva essere, come sempre, quella della festa di piazza.
Tuttavia qualcosa nell’organizzazione di quella giornata non ha funzionato. La partecipazione alla manifestazione di uno spezzone del movimento antagonista, uno spezzone diverso, portatore di contenuti realmente alternativi, creava non poche contraddizioni. Come compagni dell’Autonomia Operaia, infatti, pensavamo e pensiamo che manifestazione come quella del 25 abbiano fra gli obiettivi principali quello di calmare le acque attorno a problemi come il nucleare (acque che si erano un po’ troppo agitate dopo il disastro di Chernobyl) riportando così la protesta anti-nucleare su un terreno decisamente istituzionale, in preparazione della conferenza nazionale sull’energia dove, con tutta probabilità, prevarranno mediazioni e “buon senso” per arrivare infine a sancire il mantenimento delle centrali in funzione e la conclusione di quelle in costruzione. Crediamo assai poco agli antinuclearisti dell’ultim’ora, alle facili conversioni di coloro che da sempre sono stati fra i più agguerriti sostenitori della banda dell’atomo; crediamo invece che l’azione diretta, i blocchi sotto le centrali, le assemblee con gli operai dei cantieri e l’unità fra le forze realmente anti-nucleari possano dar fiato a una lotta che è ancora agli inizi.
Ecco quindi che, in uno scenario come quello del 25 che vedeva i vari gruppi ecologisti e ambientalisti felici e contenti di andare a ripararsi sotto l’ombrello istituzionale, la nostra posizione, di fatto l’unica voce dissonante e stonata, veniva interpretata come una provocazione. E di certo, se sui giornali usciti all’indomani del 25 siamo stati dipinti più volte come dei provocatori, non è stato il riferimento alle azioni dirette che si dono verificate durante il corteo (l’insegna della campagna aerea del Sud-Africa andata in pezzi, i lanci di pittura contro la Banca Americana, la contestazione dei comizi a Piazza del Popolo).
Per costoro in realtà la provocazione è insita nell’esistenza stessa di un movimento che riafferma la sua identità antagonista e antistituzionale facendo propri contenuti e forme di lotta che si vorrebbe ormai morti e sepolti. In realtà le provocazioni sono state ben altre, pensiamo alle squallide manovre, ormai solite in manifestazioni come quella del 25, che tendevano a relegare i compagni alla fine del corteo a far da compagnia ai celerini. Provocazioni iniziate ancor prima che il corteo fosse partito e che vedeva l’uso di polizia e carabinieri e a cui si opponeva la pronta reazione dei compagni.
Questa la cronaca reale della giornata del 25, ben diversa la cronaca che all’indomani portavano i quotidiani. In un crescendo di immagini sempre più truculenti se ne inventavano di tutti i colori: “passanti pestati a sangue”, “ragazze sfregiate”, “lamette incastrate alla cima dei bastoni”, “lattine piene di calce scagliate come proiettili”: il Mattino di Napoli parlerà di “ripetuti lanci di molotov” e chi più ne ha più ne metta; segue quindi la condanna dei “gravi incidenti” e si spreca la deplorazione della violenza (salvo gioire poi per la caccia all’autonomo scatenata dal servizio d’ordine del P.C.I. dopo la manifestazione e degli autonomi “malmenati e gettati nella fontana”… Questi signori sono non violenti solo quando fa comodo a loro!). Il tutto viene condito con frasi ad effetto del tipo “la massa compatta e scura degli autonomi che mette paura ai manifestanti della pace”, “il buco nero di Autonomia”, “il muro nero di volti coperti”.
Il tentativo di distorcere le cose, di creare il vuoto attorno ai compagni, di criminalizzare è evidente. Il più solerte nella sua volontà repressiva è ancora una volta il P.C.I., che con un’interpellanza di Giovanni Berlinguer, invita a chiare lettere polizia e magistratura ad intervenire contro i compagni, legittimando di fatto gli arresti del 21 novembre. Si susseguono intanto coi giorni le provocazioni striscianti, come gli articoli sull’Espresso e Panorama in cui si arriva a sostenere che gli Autonomi altro non sono che fenomeni endemici paragonabili alla violenza negli stadi… Si dimentica volutamente il patrimonio di lotta che i compagni da anni portano avanti, dalla lotta contro l’installazione dei missili a Comiso, alle lotte contro la produzione di morte, contro le centrali nucleari, alle lotte nei quartieri per una migliore qualità della vita. Da notare inoltre le gravi mistificazioni seguite alla manifestazione per il lavoro del 20 novembre a Napoli in cui alla legittima rabbia dei disoccupati che si era espressa durante il corteo con alcuni lanci di uova diretti contro le sedi dei sindacati, le banche e contro alcuni negozi, i giornali rispondevano scrivendo dei “gravi incidenti (?) provocati (guarda un po’) da gruppi di Autonomi che imbottiscono il movimento dei disoccupati”. E’ l’ennesimo tentativo di di criminalizzare un movimento che si batte per ottenere quello che dovrebbe essere un diritto, e cioè il lavoro, e che ha l’unica colpa di organizzarsi autonomamente al di là delle compatibilità dei partiti e sindacati con le loro misere piattaforme-truffa.
Si arriva quindi agli arresti del 21 novembre.
I giornali si sentono ormai in diritto di scrivere qualunque cazzata, si vedano in particolare articoli quali quelli del Giorno, il ciarlare sulle vecchie e nuove leve, i miscugli fra Brigate Rosse ed esperienze di movimento, la criminalizzazione dei centri sociali e delle radio legate al movimento. Si tratta di articoli il cui unico obiettivo è quello di creare confusione. Si distingue anche in questo caso il Partito Comunista che con un articolo sull’Unità a due giorni dagli arresti accomuna insieme in un farneticante delirio fantapolitico terrorismo di destra, criminalità organizzata e movimento comunista.
L’unica risposta da dare a costoro sta nel continuare l’iniziativa, con il blocco della centrale di Montalto di Castro, contro il nucleare civile e militare, contro tutte le produzioni di morte. Ribadiamo il nostro diritto ad organizzarci autonomamente, fuori delle istituzioni, per la crescita dell’autonomia di classe all’interno dei movimenti, il nostro diritto a una pratica antagonista che fa dell’azione diretta uno dei terreni centrali del nostro agire politico.
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