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Salvatore, un vivo in mezzo a noi

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Ci piace pensare che Salvatore Ricciardi se ne sia andato con un sorriso sotto quei baffi neri mentre nel marzo del 2020 le carceri di mezza Italia si rivoltavano. Il nostro è un saluto dal punto di vista di una generazione che l’ha visto uscire dal carcere e accoglierci con tutto il portato della sua esperienza di costrizione e libertà.

“Lello De Sanctis, detto lo Zoppo, aveva avuto dei contrasti con i marsigliesi e s’era messo in proprio. I giornali si sono occupati di lui soprattutto dopo il rapimento del costruttore Palombini. […]Dopo il primo arresto De Sanctis è riuscito a farsi portare a Regina Coeli in infermeria. La sua gamba poliomielitica aveva bisogno di cure. In camera con lui c’è Ricciardi accusato di essere, insieme a Seghetti e Piccioni, nella direzione della colonna romana delle Br. I soci di De Sanctis organizzano la bella. Gli fanno avere una specie di carrucola con la quale calarsi dal finestrone dell’infermeria sul muro di cinta. Loro con la macchina lo aspetteranno per fargli la copertura. Il giorno convenuto il piantone del centro clinico è immobilizzato. Lello lancia la cima, si aggrappa al gancio e atterra sul girone di ronda. A pochi metri c’è la garitta con una sentinella accoccolata. Lo Zoppo si cala ed è accolto dalle braccia dei soci. Ricciardi come vede Lello sulla strada si aggrappa al filo e cerca di seguire la stessa via. La sentinella sbuca dalla garitta e comincia a sparare costringendolo a ritirarsi. Un coatto direbbe che il mangia era stato pagato solo per uno.”[i]

C’aveva provato, Ricciardi, chissà quante volte. Un uomo di poche parole. L’umiltà lo contraddistingueva. Era proprio quell’umiltà che ti faceva sentire a casa e allo stesso tempo insignificante. Quando era necessario era la, discreto, avvolto dal suo cappello, i suoi baffi e la sua pipa. Solo quella generazione è ancora affezionata alla pipa. Si ricordava i nomi di tutti noi e quando salutava passava da un espressione pensierosa che lo sospendeva nell’etere ad uno scatto improvviso e super affettuoso per magia. Pensavi con timidezza di non poter disturbare la sua postura sospesa eppure in un attimo si connetteva con il mondo, con te. Chissà a cosa pensava mimetizzato nei cortei e nei presidi. Se c’era Salvo quello che succedeva aveva una qualche importanza. L’abbiamo incontrato prima di tutto in radio, nei picchetti davanti ai magazzini della logistica, davanti a Rebibbia ogni 31 di dicembre. Ci è stato vicino soprattutto quando, sicuri della cosa giusta da fare, avevamo bisogno di un ultimo assenso perchè il carcere non l’abbiamo augurato neanche ai nostri carnefici.

No, non è stato il corona virus ad ucciderlo, è stato il carcere. Ma la debolezza fisica che ti infliggono quelle quattro mura e i suoi custodi in divisa è tanta quanta la forza dell’animo. Per questo lottiamo contro quella gabbia che ci opprime. A partire dalla forza di chi l’ha vissuta e combattuta. Per tutti e tutte, perché Salvatore un tempo era un muratore e poi un ferroviere, il resto è storia. Di certo, non una storia qualunque.[ii]

Eppure il fatto che sia morto oggi non ci sembra un caso. In piena pandemia, con i domiciliari forzati per milioni di persone sembra che con la discrezione di sempre ci stia dicendo qualcosa. A voi non sembra?

Una delle disposizioni più opprimenti del carcere è quella che impone la reclusione a chilometri e chilometri di distanza dal proprio luogo di origine. I cari devono stare lontani perchè il contatto umano dona speranza. La costrizione annichilisce e disciplina.

“C’è il corpo innanzitutto, che è una grossa mediazione per la mente. Loro catturano il corpo anzitutto. La fisicità della vita. Il tatto, quindi il piacere di toccare un altro corpo, la sabbia, un albero, l’erba. Questo piacere ti viene tolto e viene sostituito con una regressione anche mentale.”[iii]

I provvedimenti di domiciliazione forzata che stiamo subendo in questi mesi sono imposti perché lo stato a guardia del capitale non è capace di garantire la salute, la prevenzione perché inquina, distrugge, ci impone corpi iper-produttivi snaturandoli e ammalandoli, riducendo la vita e la morte al bene supremo della ricchezza monetaria. Le costrizioni del carcere hanno la stessa radice, quella di sopprimere chi dice di no alle regole del Consorzio Sociale[iv], in un modo o nell’altro, più o meno consapevolmente, rubando o combattendo il nemico alle porte.

Per alcuni popoli antichi, a differenza delle nostre radici cristiane, non è importante come si vive ma come si muore, che poi per morire devi anche vivere e Salvatore è morto fuori dal carcere. Viviamo, dunque, per morire da liberi.

Liberi dalla costrizione che ti impone di stare lontano dai tuoi affetti, dal contatto umano, da quella complicità contro per cui vale la pena di vivere.

Così ci piacerebbe salutare Salvatore. Non come un morto lontano ma come un vivo in mezzo a noi.

Ciao Salvo.

 

[i] Naria Giuliano, Simone Rosella, (2014) La casa del nulla. Milieu Edizioni

[ii] Ricciardi Salvatore (2011) Maelstrom, Derive Approdi

[iii] Infoxoa – Zona di quotidiano movimento (anno 0, numero unico, febbraio-marzo 1998)

[iv] https://contromaelstrom.com/2019/09/13/un-libro-e-qui-potete-scaricarlo-e-eggerlo/

per ulteriori info:

https://contromaelstrom.com/

 

http://www.ondarossa.info/trx/conta

 

https://radiocane.info/ricciardi/?fbclid=IwAR2yu1SW-bxI6ek8WyZvmFy42aUkA8FxeMFlXOZHxJm-c06T5HH7X-9VeQA

 

https://www.deriveapprodi.com/prodotto/maelstrom/?fbclid=IwAR27uBRS3Qq_EBK8CH-6xsF4909G_gmD_1brGMTeOnMRpVIVt_rxM2dKHxo

 

https://www.deriveapprodi.com/prodotto/cose-il-carcere/?fbclid=IwAR2ycrWcL-ShUiZsl9rq1k11viifWvvHF6fBTHY4aQPoQhGO1EWphuP9GQk

 

https://contromaelstrom.com/2019/09/13/un-libro-e-qui-potete-scaricarlo-e-eggerlo/

 

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pubblicato il in Storia di Classedi redazioneTag correlati:

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