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I corvi beccano sull’impero di Wojtyla

 

“Non si può governare la chiesa con le ave marie”

(arcivescovo Paul Marcinkus)

 

“Dentro le mura può anche esserci tempesta.
L’importante è che fuori splenda il sole della fede e nessuno intraveda le nubi.”

(Pio IX)

 

Che il vaticano fosse un sordido luogo di potere è noto a tutti, a tutte le latitudini.

Che la sua nomenclatura, strutturata in un organigramma di stampo medievale, fosse impermeabile a qualsivoglia intervento esterno, anche.

Ma ciò che sta accadendo in questi giorni nella città del vaticano ha delle caratteristiche di novità.

La presenza dei corvi. E l’utilizzo indiscriminato dei media per blandire un conflitto interno.

Neanche la vicenda Calvi, Sindona e Marcinkus era riuscita a scardinare i giganteschi e millenari chiavistelli dell’ultimo regno medievale.

Neanche le sordide vicende di investimenti, riciclaggio e collaborazioni con mafia, servizi segreti e stragisti, giocate tra la fine degli anni settanta ed i primi anni ottanta.

Tra un caffè un po’ troppo corretto, un ponte inglese un po’ troppo buio ed una miriade di stati conniventi e condiscendenti, il vaticano era sempre riuscito a dribblare i rumors dei conflitti interni di potere, lasciando qua e là sul campo qualche agnello sacrificale, come pecore nere di un sistema immacolato.

Merito indiscusso di tale straordinario architrave occulto è, senza dubbio, da attribuire al beato Wojtyla.

Uno dei politici più lucidi e potenti dell’impetuoso secolo breve.

Un uomo che ha saputo prendere in mano una chiesa scalfita dalla criminale connivenza con il nazifascismo, attaccata dallo straordinario evolversi del comunismo e debilitata dall’economia capitalista atomizzante.

E scossa, dall’interno, da profonde correnti rinnovatrici e libertarie, nate l’indomani del Concilio Vaticano II.

Un papa che ha saputo parlare al popolo con parole dolci, accoglienti e pacifiche, in pieno stile Roncalli, mentre, in parallelo, sosteneva le feroci dittature sudamericane.

Wojtyla è riuscito a mantenere l’intoccabile aurea medievale dell’istituzione papale, mentre costruiva un sistema efficacissimo di potere politico ed economico.

Ha avvallato e sostenuto la costruzione di Opus Dei e Comunione e Liberazione, veri e propri eserciti politico-economici volti a lottare senza quartiere contro la minaccia comunista ed a guadagnarsi progressivamente, e con l’avvallo dei vari governi latini, fette imponenti di mercato.

Ha rifondato lo IOR, la Banca Vaticana, costruita sui modernissimi modelli dei paradisi fiscali, occupandosi di riciclaggio e finanziamento delle più sordide operazioni italiane, da Gladio alla mafia.

Ha debellato, con rara crudeltà, quelle correnti, soprattutto sudamericane che professavano un cristianesimo di lotta alle diseguaglianze.

L’omicidio di Oscar Romero, e la pervicacia nel sostenere la repressione alla cosiddetta teologia della liberazione, spesso coniugata ai movimenti di liberazione nazionale sudamericani, così come la progressiva emarginazione dei preti-operai in Italia, hanno di fatto cancellato l’estemporaneo spirito timidamente innovatore del concilio vaticano II e riportato ordine e disciplina nel ferreo cosmo di potere vaticano.

Un uomo che parlava al cuore della gente mentre distribuiva potere e contava mazzette.

Memorabile fu il suo accorato discorso dopo la strage di Capaci, dove condannava con vigore la mafia, tra gli appalusi festanti della folla. Provocando il risentimento, però, dei suoi clienti siciliani, come testimonia in tribunale il pentito Marino Mannoia dicendo “ma come, ci attacca così? Dopo tutti i soldi che gli abbiamo messo in cassa…”.

Ebbene, dopo quasi trent’anni di operosa e certosina costruzione di Wojtyla, dopo aver abilmente dribblato le accuse di corruzione, pedofilia, protezione di nazisti, sostegno di dittature, finanziamento alla mafia.

Dopo aver eretto la holding del San Raffaele, tanto amata da Nichi Vendola, regolamentato la banca vaticana e costruito un impero immobiliare e finanziario con CL ed Opus Dei, riuscendo a far apparire la sua chiesa addirittura come progressista grazie ad alcune straordinarie mosse promozionali (memorabili il discorso contro la guerra ed i molteplici incontri interreligiosi); la struttura chiusa ermeticamente si fa attraversare dalla fuga di notizie.

 

Ed il mondo intero assiste ad una guerra ad alta intensità tra fazioni agguerrite, degno del peggior sproloquio di Dan Brown.

Sia chiaro, non sarà il libro di un peracottaro dell’informazione come Nuzzi, ne tantomeno l’allupato Mentana a far crollare l’impero vaticano o far vacillare lo IOR.

E non sappiamo se mai, questo potentissimo regno medievale che ancora oggi abbindola milioni di persone pretendendo di dettare leggi morali, sessuali e politiche, sarà realmente intaccato dalla storia.

 

Ciò che sappiamo, oggi, è che l’economia che ha spazzato via la politica le ha indebolito i referenti istituzionali, sempre meno disposti a mediare tra profitti e vite allegre e rigorosi dettami moralistici ed ecclesiastici.

E senza un capo carismatico e politicamente lucido, le correnti spregiudicate ed arriviste interne al vaticano si fanno la guerra per amministrarne i beni, controllarne l’immenso patrimonio ed orientare le scelte politiche.

Così come è accaduto, nel chiuso di quelle spesse mura, per quasi duemila anni.

 

Ma oggi i corvi ce lo raccontano, sin nei particolari più bassi e sordidi, che poco intaccano il quadro generale ma certo incidono sulla coscienza di chi, ancora ancorato a genuine ispirazioni di fede, vede in trasparenza e con disgusto l’estrema lontananza di questa chiesa dal messaggio evangelico.

E l’estrema vicinanza a quel mondo vorace e predatorio della finanza e dell’affarismo.

Parte perfettamente integrante di qual sistema di sopraffazione, sfruttamento e controllo sociale che, oggi come ieri, schiaccia i diritti e prova a sopprimere le istanze di cambiamento.

 

Del resto con una storia millenaria di roghi, genocidi, guerre, conquiste territoriali, banche e corruzioni, non ci poteva certo aspettare una illuminazione sulla via di Damasco.

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