Ricapitalizzare e punire: Unicredit fa fuori 14.000 posti di lavoro e resta col futuro incerto
Alla fine che dire: nel 2012 il ministero del tesoro britannico commissionò una seria inchiesta. Su come le ristrutturazioni tecnologiche, le accelerazioni di processo e di prodotto, incidessero nella finanza e nel banking.
Merita una lettura perché, pochi anni dopo, si vede che è questo tipo di mondo che detta i ritmi delle crisi bancarie. Si pensi che l’High-Frequency Trading ancora nel 2008 era ad uno stato, per come è oggi, quasi primitivo. Eppure, oltre a vedere botti come Lehman, allora si scrivevano testi scientifici che si domandavano perché ci fossero così tante crisi bancarie. Oggi le dinamiche di accelerazione, tecnologiche e finanziarie, continuano a ristrutturare quel mondo in maniera ancor più accentuata che allora. E i cambiamenti nel mondo bancario sono di una importanza paragonabile a quelli che, a suo tempo, sono avvenuti nella fabbrica fordista.
Scenario vasto, pericoloso, complesso, abitato da forze poderose quando inquiete perché a caccia di rendimenti in tutto il globo, in ogni momento. Scenario al quale la politica sa ripondere solo adeguandosi al peggio, e il governo Gentiloni-Padoan non tradirà in questo, o con trovate estemporanee come il referendum consultivo sull’euro. Una proposta che, messa come appare oggi, rischierebbe di far evaporare questo paese, forza dell’ostilità della finanza globale, come una candela gettata nell’altoforno acceso. In questo modo ci si avvicina verso un anno nuovo che, immancabilmente, porterà macerie sia attese che inattese. Mentre ciò che si autoproclama politica si racchiude attorno al solito caldo rito magico dell’ultimo quarto di secolo: la modifica della legge elettorale.
redazione, 15 dicembre 2016
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