Il fatto che ora si pensi di impegarli direttamente in piazza, per le  prevedibili proteste di massa di questo autunno, secondo un  irrefrenabile “bisogno” di seguire l’esempio egiziano (e non solo), dà  la misura di quanto questo governo di “larghe intese” sia  costitutivamente fascista nella concezione del potere. Del resto, non è  che un gruppo di obbedienti esecutori agli ordini della Troika (viene  ricordato anche oggi su diversi media: “se  salta questo goerno, arriva  direttamente la Troika”, senza più la finzione di un governo nazionale).  E il ministro della difesa Mauro, ora “montiano” (ovvero Troika doc!)  viene direttamente da Alleanza Nazionale. Come un Gasparri qualsiasi,  insomma, ma con un po’ di aplomb nelle parole ufficiali ma pronto a  sparare altrettanto piombo sui (propri?) cittadini. Conto terzi,  naturalmente.
Inviteremmo i compagni a non prendere sottogamba questa analisi che  prendiamo in prestito dal blog /www.forzearmate.org/; anzi, sarebbe  meglio addentrarsi in proprio nella “direttiva” emanata dal ministero  della difesa.
Euro-rigore ad ogni costo: ora si prepara anche l’esercito 
Un  ipotetico scenario alla luce delle difficolta’ economiche, sociali e  lavorative in Italia e in Europa.
L’Italia sta per subire uno choc socio-economico  così forte da provocare disordini e rivolte: la profezia che  Gianroberto Casaleggio ha affidato a Gianluigi Nuzzi è così realistica  che se ne starebbe occupando persino l’esercito, nell’eventualità di  dover rinforzare l’ordine pubblico in previsione di sommosse, provocate  dal regime europeo dell’austerity. Lo sostengono Eugenio Orso e Anatolio  Anatoli, che nel loro blog analizzano la recentissima “Direttiva  ministeriale in merito alla politica militare per l’anno 2013” (vedi  qui:
http://www.difesa.it) emanata dal ministero della difesa, retto  dall’ex Pdl Mario Mauro, ora montiano. L’aspetto sconcertante, osservano  i due analisti, riguarda l’impegno diretto delle forze armate verso  obiettivi non propriamente militari: e cioè il rispetto assoluto dei  trattati europei dell’austerity a cominciare dalla intangibilità  dell’Eurozona, condizioni che vengono elevate al rango di  elementi-chiave per la sicurezza nazionale.
La premessa è fosca, in una cornice di guerra  imminente: «Non può essere ignorata la possibilità, per quanto remota,  di un coinvolgimento del paese e del sistema di alleanze del quale siamo  parte in un confronto militare su vasta scala e di tipo “ibrido”,  ovvero che implichi sia operazioni convenzionali, sia operazioni nello  spettro informativo, sia operazioni nel dominio cibernetico», afferma il  ministero. «Elemento irrinunciabile della politicanazionale è anche il  pieno rispetto degli impegni assunti in sede europea». Impegni che il  ministero della difesa considera «finalizzati a garantire la stabilità  di lungo periodo della moneta comune e, con essa, dell’intero sistema  economico comunitario». Proprio la stabilità dell’Eurozona «deve essere  considerata come essenziale per il perseguimento del fine ultimo,  costituito dalla sicurezza del sistema internazionale e delle relazioni  politiche ed economiche che in questo si sviluppano».
L’Italia, pertanto, «deve operare con  determinazione per azzerare il deficit di bilancio e ricondurre nei  tempi previsti il debito pubblico entro i limiti stabiliti a livello  europeo». Strano che ad occuparsi di questo tema non sia il ministero  dell’economia, ma quello della difesa. «Il mantenimento di una  consapevole disciplina di bilancio lungo un arco di tempo pluriennale –  conclude la nota – rappresenterà, quindi, un vincolo ineludibile nella  definizione delle scelte in materia di difesa che, negli anni, saranno  adottate». Mettendo insieme questi punti e sapendo leggere fra le righe,  scrivono Orso e Anatoli, il quadro che ne esce è a dir poco  preoccupante: «Obbiettivo primario è il pareggio di bilancio, il  mantenimento e la difesa dell’euro a qualsiasi costo (anche a costo del  sangue della popolazione) e il conseguente mantenimento dell’Italia,  checché ne dica il popolo, nel lager dell’Eurozona, fondamentale spazio  globalista in cui rinchiudere i popoli europei adattandoli, con le buone  o con le cattive, al nuovo ordine neocapitalistico».
Il vincolo ineludibile della disciplina di  bilancio nel lungo periodo informa anche le scelte in materia di difesa e  di impiego delle forze armate, perché, sempre leggendo fra le righe,  «la minaccia risulta chiara: se il popolo ridotto allo stremo si  ribellerà – a partire dall’autunno inverno di quest’anno, poniamo – non  si esiterà a impiegare la forza, armata, per ridurlo a più miti  consigli, in un possibile conflitto “ibrido” in cui molte saranno le  armi impiegate, accanto a quelle convenzionali».
Ed ecco che quella “possibilità remota” di  coinvolgimento militare in un conflitto «diverrebbe drammaticamente  concreta», al punto che «la forza militare nazionale sarebbe impiegata,  da uno spregevole governo collaborazionista degli occupatori del paese,  contro lo stesso popolo italiano, a vantaggio, come si scrive nel testo  riportato, della stabilità di lungo periodo della moneta comune,  controllata da entità private euroglobaliste, nonché del mantenimento di  una consapevole disciplina di bilancio (ormai recepita in Costituzione)  lungo un arco di tempo pluriennale».
Per Orso e Anatoli, il messaggio è  inequivocabile: «In presenza di disordini sociali estesi, ai quali la  repressione poliziesca e dei carabinieri non riuscirà a far fronte,  scenderanno in campo le forze armate». Scenario possibile? «Se ti  tolgono il lavoro, la sicurezza, la possibilità di un minimo di  pianificazione dell’esistenza e persino il cibo», è facile che si possa  ricorrere all’uso di armi magari improprie, per «spaccare tutto,  cercando di fermare i tuoi nemici», scrivono i due blogger, che accusano  i politici italiani di essere «collaborazionisti dell’euro-nazismo,  dell’atlantismo, dell’Occidente, del libero mercato globale e della  liberaldemocrazia». Autunno caldo: «Il rischio di estesi sociali  disordini, in Italia, è quindi un rischio reale», anche se Letta e  Napolitano «continuano a negare l’evidenza».