La superficialità dello sfruttamento è Carpisa
All work and no pay makes…Carpisa: la polemica sulla campagna pubblicitaria del brand Carpisa è solo un altro esempio delle “superficialità” con le quali viene trattata la formazione, il lavoro e la vita, sopratutto dei giovani, nel nostro Paese. Per poter accedere allo stage del famoso brand i passi preliminari sono l’acquisto di una borsa e l’ideazione di un piano comunicativo, poi solo un under 30 vincerà un mese all’ufficio comunicazione del marchio.
Forse qualche sindacato può anche mostrarsi stupito e indignato ma questo è quello che succede nella maggior parte dei casi, e lo sconcerto non è solo per il dover acquistare una borsetta. Concorsi basati sul lavoro assolutamente gratuito sia prima che dopo il periodo dello stage: perché creare una campagna di comunicazione richiede del tempo e delle competenze, perché lavorare un mese gratis (o se va di lusso a rimborso spese di 500€) significa sacrificare la propria dignità e il proprio portafoglio.
Non è una superficialità, come si giustifica l’azienda, non è un fraintendimento, come dicono i ministri ad ogni offesa gratuita. È un costante attacco alle condizioni di vita e realizzazione il cui obiettivo è rendere assolutamente normale il fatto che il mondo della formazione e del lavoro funzionino così: dall’alternanza scuola-lavoro, ai tirocini universitari agli stage post laurea. La ministra Fedeli ha la faccia tosta di dire che si laureano pochi studenti perché le famiglie povere sono ignoranti e non fanno studiare i figli: studiare ha dei costi molto elevati in questo paese e quello che c’è dopo è solo un lungo susseguirsi di “opportunità” come quella offerta da Carpisa.
Carpisa tra l’altro vanta un forte investimento nella ricerca: materiali per i loro prodotti che vorrebbero indistruttibili e sopratutto sostenibili. Queste ricerche sono portate avanti nei centri dell’Università Federico II di Napoli. Sarebbe bello sapere chi svolge queste ricerche ma scommettiamo che sono studenti non retribuiti, che nella maggior parte dei casi non vedono neanche riconosciuti i loro meriti e che però pagano fior fiore di tasse per stare all’università?
La holding di cui fa parte Carpisa comprende altri due marchi (Yamamay e Jake) e nello scorso anno ha superato i 300milioni di fatturati promettendo nuovi investimenti e ampliamenti, insomma non certo in crisi. In crisi sono migliaia di ragazze e ragazzi che magari partecipano anche a questo concorso nella speranza di “fare esperienza”. L’esperienza che permette ai grandi brand di guadagnare milioni sulle nostre spalle, l’esperienza per cui viene sacrificata dignità, formazione e retribuzione: insomma l’hashtag giusto sarebbe #YourBagMyLife.
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