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Sgombero della spiaggia di Peschiera Del Garda, riuscire a leggere una questione al di la’ dei caroselli mediatici

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Pubblichiamo di seguito il secondo contributo della rubrica Essere giovani d’oggi sui fatti di Peschiera del Garda che in questi giorni stanno tenendo banco a livello mediatico, buona lettura!

È il 2 Giugno, giorno di festa, quando la spiaggia di Peschiera del Garda si riempie di giovani che hanno intenzione di passare una giornata di leggerezza in riva al lago all’insegna della musica e del sole che la stagione permette di godersi.

Sono circa 2000 i giovanissimi ad essere lì per trascorrere un po’ di quel tempo che, duramente, ci stiamo riconquistando dopo due anni di isolamento sociale, migliaia di giovanissimi che avevano voglia di trascorrere una giornata tra amici e amiche sotto il sole, accompagnati da un momento musicale in freestyle spontaneamente messo in piedi da ragazze e ragazzi; quando improvvisamente compaiono i blindati della celere a sgomberare coattamente le persone presenti nella spiaggia libera.
L’evento che, secondo le istituzioni “competenti”, avrebbe causato l’intervento delle forze dell’ordine sarebbe stata una rissa circoscritta a dieci ragazzi, già terminata all’arrivo della polizia.
In sostanza, si giustifica un intervento agito in forze e armati di manganello, su migliaia di adolescenti (molti dei quali minorenni) che stavano trascorrendo del tempo in gruppo, con un evento circoscritto, in ogni caso risolto senza l’ausilio del Reparto Mobile.

A qualche giorno dai fatti, emergono altri elementi che ci impongono un’analisi più profonda dell’accaduto.
In primis le molestie ai danni di un gruppo di ragazze tra i 15 e i 20 anni presenti sul treno di ritorno da Garda, agite da un gruppo di coetanei che verosimilmente sarebbero stati tra quelli cacciati sui treni dalla polizia dopo lo sgombero. Un fatto che va preso per ciò che è, un’azione inqualificabile ma che allo stesso tempo è un pezzo di quotidianità per molte donne, giovani e no, che si trovano costrette a vivere disarmate di strumenti sostanziali in una società che riproduce soggetti violenti che troppo spesso incontriamo sul nostro cammino. L’anagrafica dei colpevoli di queste violenze ci restituisce l’urgenza di ragionare, fuori dal perimetro patriarcale, rispetto ad un intervento efficace alla radice del problema.
Non possiamo accettare, però, una propaganda mediatica razzista e ideologica fatta sui corpi delle donne e sulle violenze che subiscono. Spettacolarizzare un episodio di molestia con lo scopo di rafforzare l’idea della condotta criminale del gruppo in questione, è una strumentalizzazione che non consente di cogliere la molto più preoccupante generalità del problema.

Poi ci troviamo a fare i conti con il cosiddetto fenomeno del “vandalismo urbano” agito dai giovani per le vie dell’abitato, spiattellato, attraverso i video, su ogni quotidiano come a giustificazione dell’atto di forza compiuto dalla polizia; a proposito di ciò è bene sottolineare che tutti questi fatti sono accaduti a seguito dello sgombero e delle cariche come risposta istintiva di chi è stato brutalmente cacciato dalla forza pubblica.
Sembra banale dirlo ma, la violenza chiama violenza e questo, la rappresentanza del potere esecutivo dovrebbe saperlo bene. Come ci si può aspettare che, ad un intervento arbitrario come quello compiuto il 2 giugno dalla polizia, corrisponda una reazione composta e collaborativa dei partecipanti?
Questo ci pare ormai un copione ricorrente, le istituzioni che reagiscono ad un fastidioso problema legato ai e alle giovani con una postura gestionale di circostanza, attraverso l’unico mezzo su cui davvero investono: l’apparato repressivo.
Il problema di questa equazione semplicistica “dell’azione-reazione”, risiede nella mancanza di una lettura complessificata della questione, anzi viene fatta una sterile somma di eventi per creare un fenomeno che è più facile sprezzare che affrontare, la “criminalità”.
Non viene mai indagata la natura delle espressioni di violenza, non ci si interroga mai sulle proprie responsabilità, come istituzione, nell’essere una miccia o un elemento esasperante.
I dati e gli esperti ci espongono una situazione preoccupante, fortemente in crescita soprattutto negli ultimi 2 anni rispetto alla condizione giovanile. Sono alle stelle i ricoveri ospedalieri in neuropsichiatria infantile per disturbi psicologici, del comportamento sociale ed alimentare. Ma -udite udite- abbiamo polizia e misure di controllo in crescita e poco più di 300 posti letto, in tutta la nazione, per ricoveri ospedalieri conseguenti a patologie neuropsichiatriche nei giovani. Il dato parla chiaro rispetto alle priorità che vengono poste nei bilanci, o meglio, sulle strategie su cui ragionano di investire.
Noi dobbiamo costruire la forza di imporre un cambio di guardia di questa tremenda tendenza, a partire dal solidarizzare con le necessità e i desideri che le piazze studentesche hanno dimostrato di avere, come punto di partenza nella costruzione di un futuro adeguato ai bisogni di chi lo vivrà. Ascoltando la principale voce che dovrebbe guidarci nella comprensione di questa fase.
Pare evidente quanto, soprattutto dall’avvento della pandemia in avanti, ci sia stata una netta decadenza delle possibilità per i e le giovani all’interno dell’offerta delle istituzioni e se da un lato questo è un dato preoccupante ed evidentemente problematico, dall’altro ha generato però molte spinte spontanee all’apertura di nuove prospettive e spazi di crescita, collaterali se non addirittura contrapposte per definizione, alle risicate proposte dello stato. Incapaci di leggere la ricchezza espressa da una gioventù molto più consapevole e dinamica di quanto i detentori del quieto vivere possano gestire, si frappongono a questa con lo scopo di liquidarla molto velocemente e se tutto va bene, anche insinuando un po’ di sano timore.

A questo quadro già molto composito, aggiungiamo una nuova particolare tendenza italiana, che ipocritamente si serve di una tradizione artistica e culturale riconducibile al nostro paese, per ospitare e investire nei maxi-eventi per proclamarsi sedicenti mecenate, quando nel frattempo annientano e invisibilizzano ogni esperienza contro-culturale che si manifesta, come un contest freestyle su una spiaggia potrebbe rappresentare.
È preoccupante leggere che la prima misura a cui sono ricorse le amministrazioni del Garda siano le già celebri “ordinanze anti-movida”, dimostratesi inefficaci nelle principali città italiane. L’ennesimo pacchetto risolutivo a suon di militari sotto casa. Ma c’è di più! Bisogna ricorrere anche alla buona vecchia “privatizzazione” per completare l’operazione di risanamento dell’area. Si esprime così la sindaca di Peschiera: «Sono anni che chiedo che quel tratto di spiaggia libera venga assegnato a un privato. Sistemerebbe la zona, la controllerebbe meglio», pensiero equidistante al credere che se imponiamo di bere solo nei locali a 7 euro al bicchiere, riusciremo a disintossicare dall’alcol e dal conseguente degrado le nostre belle città-vetrina.

Se consideriamo la questione a caratteri generali e addizionando una serie di avvenimenti che negli ultimi tempi abbiamo avuto modo di poter annotare, dovremmo forse iniziare a porci collettivamente alcune questioni.
Sommando: innumerevoli episodi di violenza poliziesca contro piazze studentesche e non solo, arresti ai danni di numerosi ventenni con la colpa di aver manifestato, daspo urbani diffusi nelle principali città vetrina contro ragazzi che quando va bene sono appena maggiorenni, sgomberi muscolari di ogni spazio o situazione di autorganizzazione giovanile e molte altre micro dinamiche ugualmente intimidatorie che avvengono ad esempio dentro le scuole o nella gestione della cosiddetta movida; otteniamo un quadro chiaro di una situazione che non può essere osservata a compartimenti stagni ma va resa dialettica per comprenderne la gravità.
Per riuscire ad uscire dal perimetro della sola indignazione che naturalmente si diffonde a macchia d’olio all’elenco quotidiano di queste vicende, dobbiamo provare ad incidere su un piano più generale della realtà, per divincolarci fuori dalle infelici situazioni che subiamo ad ogni livello per completa indisposizione all’accettazione tout court della vita miserabile che ci servono.

 

Abbiamo deciso di aprire questa nuova rubrica del sito per raccogliere inchieste, spunti, testimonianze, visioni e sfoghi per indagare insieme quanto sta succedendo nell’universo giovanile.

Vuoi contribuire con il tuo punto di vista? Scrivici sulle nostre pagine social o a infoaut@gmail.com. Qualsiasi tipo di contributo, video, audio, grafico o scritto è gradito.

 

 

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