8 dicembre 2021: un ostinato vento di lotta e resistenza (video)
Non si tratta di concludere la celebrazione di una ricorrenza, ma di aver vissuto un’ulteriore battaglia della lotta No Tav.
Una tappa importante per la forza che sprigiona grazie alla certezza granitica di essere dalla parte giusta e alla capacità di non arrendersi mai. Dopo essersi ritrovati ai Mulini lo scorso week end, il 7 e l’8 dicembre hanno avuto come terreno comune il nuovo cantiere di San Didero. Martedì sera ci si è ritrovati nel piazzale del presidio per una cena condivisa e un concerto al quale ha fatto seguito una passeggiata intorno ai jersey del cantiere. Qui, tra fuochi d’artificio, battiture e cori No Tav si è comunicato forte e chiaro quanto la militarizzazione della Val di Susa non sia tollerata da questo territorio.
La giornata dell’8 dicembre è iniziata a Borgone, dove ci si è ritrovati sotto la neve per la marcia popolare No Tav. Alle 13, mentre il piazzale si stava riempiendo, alcune signore che passavano in mezzo a chi si riscaldava con un piatto di polenta prima di partire, sorridevano alla vista dei tanti giovani e giovanissimi presenti.
La marcia ha attraversato il paese contornato dalle montagne innevate, per poi passare davanti al vecchio presidio di Borgone, dove è stata ricordata con forza e commozione la sua storia da chi da trent’anni fa parte del movimento No Tav.
Una storia che ha avuto un ruolo importante durante le giornate di Venaus 2005 evocate dalla lettera scritta da Dana, ancora privata della sua libertà.
Sono tanti i compagni e tante le compagne che in questa giornata non hanno avuto la possibilità di essere insieme al movimento a causa della persecuzione della questura e della procura di Torino, a partire da Emilio da pochi giorni estradato in Francia nell’incredulità e nella rabbia comuni.
Arrivati al presidio di San Didero, in tantissimi ci si è accalcati intorno alle recinzioni sventolando bandiere, battendo sulle reti e lanciando qualche palla di neve. Nel momento in cui alcuni metri di concertina venivano strappati, gli idranti hanno iniziato a sparare acqua sulle persone lì presenti.
Sugli anziani, sui ragazzi, su chi era lì per dare una mano concreta, su chi era lì a sostenere l’iniziativa battendo le mani, su chi dal piazzale si godeva lo spettacolo. Nessuno se n’è andato, anche quando il cancello del cantiere stava traballando sempre di più e le forze dell’ordine hanno iniziato a sparare lacrimogeni sulla folla.
In quel momento, oltre l’odore acre dei lacrimogeni, si è respirata aria di lotta.
L’aria di un 8 dicembre che non è passato per rimanere nei ricordi di qualcuno, ma l’aria di un 8 dicembre che spinge nella direzione di un vento ostinato, fino alla vittoria.
da notav.info
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