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Asimov, ovvero il futuro ancora nelle mani degli uomini e non del profitto e della tecnologia

Cinquanta anni fa, nel 1964, lo scrittore Isaac Asimov, notissimo per i suoi romanzi fantascientifici, scrisse un pezzo per il New York Times con le sue previsioni per il mondo del 2014. Partendo da quanto visto alla Fiera Mondiale di New York Asimov immaginava televisioni in 3d, città sotterranee e colonie sulla Luna. Alcune di queste idee si sono avverate, altre sono rimaste sogni confinati alla fantascienza.

E allora spetta a noi ricordare (e con piacere) che Asimov non è stato “solo” questo, Asimov ha provato anche ad immaginare come sarebbe evoluta l’umanità, il mondo, dal punto di vista sociale, intellettuale, antropologico: chi non ricorda Gaia?! Un pianeta in perfetta armonia, un intero mondo che vive ad unisono, dove tutti coloro e tutto ciò che lo abita è cosciente e connesso del e al resto; quanti di noi hanno pensato che internet e gli altri nostri mezzi di comunicazione siano l’embrione di questa possibile sinergia? Insomma, il progresso tecnologico che corre parallelo con il progresso umano, anzi umanistico.

Asimov è l’inventore della psicostoria: in un pianeta, che ha sviluppato le capacità intellettuali anziché rincorrere la robotizzazione, un gruppo di uomini abilissimi nel prevedere gli sviluppi della storia compiono delle piccole azioni per determinare le sorti dell’universo. Anche tutto questo ci parla di noi come gli oggetti che ci circondano.

Non a caso Asimov fu uno dei fondatori della social science fiction introdotta con il romanzo “Notturno” e conosciuta in Italia come Fantascienza sociologica: forma letteraria che partendo dalla fantascienza classica attraverso speculazioni, formula delle considerazioni sul futuro dell’umanità.

E ci viene abbastanza facile pensare che se non fossimo tanto presi a dominare gli uni su gli altri, se le nostre preoccupazioni non fossero più legate alla necessità di sopravvivere, tema che avremo dovuto liquidare da molto tempo, saremmo in grado di progredire veramente: per avere più tempo, lavorare di meno, capirci di più, dedicarci alle cose che ci piacciono, stare meglio, rendere migliore il mondo che viviamo, ecc.

Possediamo degli oggetti tascabili in grado di collegarsi con un click, ai satelliti, alla rete, anzi alle reti, ma lavoriamo le stesse ore dei nostri nonni e spesso viviamo peggio, questo grazie anche al fatto che tutto, o questi tutto, il beneficio che deriva dal progresso tecnologico non ci è servito per migliorare le condizioni di vita dell’umanità ma è andato solo ad ingrassare i beneficiari di questo sistema iniquo e preistorico che chiamiamo capitalismo.

Mi chiedo allora: cosa direbbe Asimov nel vedere gli oggetti destinati ai suoi personaggi nelle tasche di persone che si ostinano a rimanere legate ad un sistema sociale datato 1700?

da Contro la Crisi

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