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Deflazione, un’arma di classe

Vero. Ma quello che non viene detto è quali soggetti economici vengono colpiti duramente da questo processo; ciò perchè la deflazione è una pesante arma di classe, conseguente diretto delle politiche economiche messe in atto negli ultimi anni a paritre dallo scoppio della crisi globale. Di fatto la deflazione è una caduta dei prezzi al consumo, quindi un’inflazione di segno negativo; l’inflazione è una componente fondamentale dell’economia, sulla quale si calcolano anche ad esempio i salari.

Una caduta dell’inflazione porta ad un adeguamento al ribasso dei salari, riducendo quindi il reddito e la capacità di spesa. Il problema è che mentre le remunerazioni per le offerte di lavoro ( e dei contratti nazionali al momento del rinnovo) si adeguano immediatamente al ribasso, non c’è alcuna regolazione dei prezzi in generale sul sistema economico.

L’indice dei prezzi al consumo su cui si calcola l’inflazione infatti è rappresentativo solo di una serie di rivenditori di beni di consumo di diversi tipi. Il che vuol dire che ad una decurtazione secca dei salari potrebbe NON coincidere un abbassamento dei prezzi! Determinando così un’estensione del caro-vita e dei tagli alla quota di ricchezza sociale delle fasce di popolazione meno abbienti (già prese in giro dalla truffa-copertina degli 80 euro, che in previsione di ulteriori tagli al welfare sono stati tutti risparmiati o usati per pagare debiti pregressi).

Inoltre i debiti aumentano, come fa capire chiaramente questo esempio tratto dalla Stampa. “Se ho un debito che è pari a 100 e una carota vale 1, il mio debito equivale a 100 carote. Ma se la carota arriva a valere 0,5, allora il mio debito raddoppia: per pagarlo dovrò rinunciare a più carote del previsto.” E aumentano sia a livello individuale sia a livello degli Stati, che si troveranno (in particolare quelli della sponda Nord del Mediterraneo) a dover tagliare ancora di più le spese di welfare.

In barba a tutti quei piani di rilancio e di sforamento dell’austerità propagandati dall’inetto premier fiorentino, che vedremo presto invece tornare a preparare provvedimenti impopolari anche in corrispondenza dell’entrata a vigore del Fiscal Compact. Basti guardare alla Francia, dove la caduta del primo governo Valls e il successivo rimpasto sono dettati unicamente dalla necessità di un piano di tagli PIGS-style, annunciato entusiasticamente da Valls proprio di fronte ai giovani della Confindustria transalpina. Ca va sans dire che tutte queste politiche non porteranno minimamente ad una ripresa della crescita e dei consumi, ovvero l’obiettivo dichiarato ma mai effettivamente perseguito, per quanto poi ci sarebbe da aggiungere che tra crescita e redistribuzione della ricchezza c’è una bella differenza.

A favore di chi tutta questa situazione? Delle individualità e degli Stati ricchi, le cui cui ricchezze perderanno si di valore in senso relativo ma in senso assoluto permetteranno un nuovo processo di concentrazione di ricchezza nelle mani di pochi. Inutile dire che la responsabile della deflazione è soprattutto l’austerità degli ultimi anni imposta in Europa dalla Troika.

Infatti è proprio per il continuo calo della domanda che i prezzi base dei beni si sono abbassati: ma questo non si traduce in un guadagno per la gente, che usa i pochi soldi che ha per risparmiare o appunto pagare l’aumento probabile dei debiti, in uno scenario che vedrà anche le aziende medio-piccole vendere di meno e quindi dover licenziare ancora più persone..e sprofondare le condizioni delle fasce subalterne del paese ancora più in basso di quanto anni di politiche neoliberiste non abbiano già portato..

 

 

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pubblicato il in Culturedi redazioneTag correlati:

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