InfoAut
Immagine di copertina per il post

I sindacalisti CGIL costretti a scendere e salir per la politica: perfino gli scioperi a volte tornano

di Franco Piperno

La debolezza, dirò così, strutturale del sindacalismo operaio sta nel condividere lo stesso orizzonte “salvifico” dei padroni: la crescita esponenziale della produzione mercantile, imposta dal dispositivo finanziario dell’interesse composto, cioè, in breve, dall’usura. Ciò che rende irrealizzabile la crescita esponenziale è quel suo essere al di là di ogni misura, senza limite insomma.

A livello di senso comune, per avere una misura di questa dismisura basta un semplice calcolo, alla portata di tutti: dato un determinato tasso annuale di crescita, per stabilire il tempo necessario perché la produzione mercantile raddoppi basta dividere 70 per il tasso dato. Per esempio: supponendo che la produzione di merci in Cina aumenti ogni anno del 7%, occorreranno dieci anni, solo dieci anni, perché tutto raddoppi. Questa crescita forsennata tende a rimuovere ogni memoria, ad imporre un mondo inutilmente nuovo, dal momento che di tutto ciò che esiste nel mercato, oltre la metà è stato prodotto nel corso di pochi decenni, una frazione di vita umana.

Ora, l’esperienza dimostra, con ogni evidenza, che una crescita esponenziale, che non sia di breve periodo, non è mai stata registrata in nessuna civiltà, lungo tutta la storia dell’umanità. Inoltre, per coloro ai quali l’esperienza non basta, giova ricordare l’acquisizione fondamentale della teoria della complessità – secondo la quale nessun sistema può crescere esponenzialmente nel medio periodo perché affiorano al suo interno fenomeni dissipativi che contrastano la crescita per poi bloccarla fino a distruggerla.

—-

Lo sciopero generale annunciato dalla CGIL: fuori tempo massimo, quando ormai il luogo della trasformazione sociale non è più la fabbrica ma la strada, il quartiere, la città, la metropoli. Il mercato mondiale unificato spinge “naturaliter” verso l’innovazione, l’invenzione di nuove merci – via maestra per parare il fenomeno della saturazione, la sovrapproduzione insomma. In questa fase, il capitale sembra voler impadronirsi non tanto del plus-lavoro dell’operaio quanto impossessarsi del sapere tecno-scientifico, o, per dirla con Marx, del “general intellect” – e poi usare la tecnologia per aumentare la produttività e competere a livello globale.

La prova provata di questa svalorizzazione del lavoro salariato, della perdita di centralità della condizione operaia, appare con ogni evidenza sol che si guardi – come suggerisce M. Bookchin non senza cattiveria – dal buco della serratura: sul costo totale della merce, la quota dovuta al lavoro vivo incide per pochi punti percentuali; in genere si situa sotto il 7%.

Così, nel comune sentire, la condizione di fabbrica si è svalutata fino al punto di smarrire quella vaga “aura” progressista, quella speranza “nel domani migliore”; tratti che, circondandola, l’avevano resa a noi familiare, nelle società occidentali, per oltre due secoli. La fabbrica è entrata in una crisi che sembra senza ritorno. Infatti, la lotta operaia, dove ancora c’è, è quasi sempre intenta a conservare il regime di fabbrica; sicché la stessa lotta appare in realtà come un ultimo sussulto di un sistema che sta per essere sostituito da una tecnologia ad alta intensità di capitale, strutturata sull’automazione e la cibernetica.

Val la pena notare che questa lunga agonia del regime di fabbrica non si svolge solo nel ricco Occidente; anche nei paesi detti emergenti il ruolo della classe operaia è costretto fin da subito al declino, prima ancora d’aver conseguito il suo successo.

Non vi sarà mai più una concentrazione di decine di migliaia di corpi operai in uno stesso luogo, in una mega-fabbrica. Non vi sarà una “Putilov” a Pechino, né più una “Mirafiori” a Brasilia. È questo con ragione, perché nei paesi emergenti la tecnologia adoperata non è certo quella novecentesca, bensì la stessa che si ritrova in Occidente, volta al risparmio di lavoro umano.

Su questo dileguarsi del “fabbrichismo” e delle relative ideologie non c’è da versare lacrime, fosse anche una sola. Come ebbe a dire – tanti anni fa, nel 1971, a Gela, davanti all’assemblea operaia, in un discorso che aveva qualcosa di luciferino – il rivoluzionario sardo Gianbattista Marongiu, la fabbrica non è mai stata il luogo della rivoluzione e della libertà ma quello della disciplina e della necessità, della miseria umana in ultima analisi. Gli episodi d’insurrezioni operaie, che si sono succeduti negli ultimi due secoli – in Francia, in Russia, in Spagna, in Italia – hanno avuto come protagonisti degli “individui in transizione d’identità sociale”, dei contadini, divenuti operai da troppo poco tempo, che avevano conservato la temporalità della campagna e si sentivano ostili al tempo cronologico della fabbrica.

Per chiudere senza concludere, sembra ragionevole affermare che la fabbrica non è più il “locus” della grande trasformazione sociale. Ai nostri giorni, probabilmente, i luoghi propri dove ancora abita la sovversione, con quella sua cattiveria sognante, sono le strade, i quartieri, le città. Forse perfino la metropoli, la grande Babilonia.

Franco Piperno

Tratto dal suo profilo fb

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Culturedi redazioneTag correlati:

cittàpiperno

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Culture

Dario Paccino: dall’imbroglio ecologico.. alla crisi climatica

Recensione di Louis Perez, pubblicato su La Bottega Del Barbieri

«Oggi diciamo che “l’ecologia senza lotta di classe è giardinaggio” ma se questo è possibile lo si deve anche al lavoro di chi – come Dario Paccino – e come il gruppo che diede vita alla rivista Rosso Vivo aveva già letto presente e futuro».

Immagine di copertina per il post
Culture

Sostieni Radio Blackout 105.250 fm – Torino

Ultimi giorni della campagna di autofinanziamento per Radio Blackout: sosteniamo le esperienze di controinformazione, sosteniamo l’informazione libera.

Immagine di copertina per il post
Culture

Aldo dice 8×5. L’innovazione non porta nuovi diritti

“Rage against the machine? Automazione, lavoro, resistenze”, il numero 65 di «Zapruder» è in distribuzione da qualche giorno.

Immagine di copertina per il post
Culture

Abolire il turismo

Indipendentemente da dove arriveremo, non è possibile che sia più facile immaginare la fine del capitalismo che la fine del turismo. Il presente testo è la traduzione di un articolo di Miguel Gómez Garrido, Javier Correa Román e María Llinare Galustian (Escuela de las Periferias, La Villana de Vallekas) su El Salto il 21/11/2024 Spain […]

Immagine di copertina per il post
Culture

György Lukács, un’eresia ortodossa / 2 — Affinità elettive

Se decliniamo, infatti, il tema della alienazione dentro l’ambito coloniale avremo la netta sensazione di come le argomentazioni lukácsiane abbiano ben poco di datato, e ancor meno di erudito, ma colgano esattamente la questione essenziale di un’epoca. di Emilio Quadrelli, da Carmilla Qui la prima parte Ciò apre qualcosa di più che un semplice ponte tra Lukács e […]

Immagine di copertina per il post
Culture

György Lukács, un’eresia ortodossa / 1 — L’attualità dell’inattuale

[Inizia oggi la pubblicazione di un lungo saggio di Emilio Quadrelli che il medesimo avrebbe volentieri visto pubblicato su Carmilla. Un modo per ricordare e valorizzare lo strenuo lavoro di rielaborazione teorica condotta da un militante instancabile, ricercatore appassionato e grande collaboratore e amico della nostra testata – Sandro Moiso] di Emilio Quadrelli, da Carmilla […]

Immagine di copertina per il post
Culture

Difendiamo Franco Costabile e la sua poetica dallo sciacallaggio politico!

Caroselli, feste, litigate e sciacallaggi. Sono quest’ultime le condizioni in cui la città di Lamezia si è trovata ad “onorare” il centenario della nascita del grande poeta sambiasino Franco Costabile.

Immagine di copertina per il post
Culture

Lo Stato razziale e l’autonomia dei movimenti decoloniali

Riproponiamo questa intervista pubblicata originariamente su Machina in vista dell’incontro di presentazione del libro “Maranza di tutto il mondo unitevi. Per un’alleanza dei barbari nelle periferie” di Houria Bouteldja, tradotto in italiano da DeriveApprodi, che si terrà presso l’Università di Torino.

Immagine di copertina per il post
Culture

La bianca scienza. Spunti per affrontare l’eredità coloniale della scienza

E’ uscito da qualche mese La bianca scienza. Spunti per affrontare l’eredità coloniale della scienza, di Marco Boscolo (Eris Edizioni). Ne proponiamo un estratto da Le Parole e le Cose.

Immagine di copertina per il post
Culture

Hillbilly highway

J.D. Vance, Elegia americana, Garzanti, Milano 2024 (prima edizione italiana 2017). di Sandro Moiso, da Carmilla «Nonna, Dio ci ama?» Lei ha abbassato la testa, mi ha abbracciato e si è messa a piangere. (J.D. Vance – Elegia americana) Qualsiasi cosa si pensi del candidato vicepresidente repubblicano, è cosa certa che il suo testo qui recensito non potrebbe […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Lavoro e tempo di lavoro in Marx

di Franco Piperno I) Cento anni dopo. A più di un secolo dalla morte, Marx viene trattato, tanto nell’opinione quanto nell’accademia, come ”un cane morto”. La situazione è quindi ottima per riprendere lo studio dei suoi testi, per rifare i conti con lui. Procedere su questa strada, comporta, in primo luogo, sgombrare il terreno dall’ovvio, […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Franco Piperno, la tecnoscienza

Riprendiamo da il Manifesto questa interessante conversazione con Franco Piperno sul rapporto tra scienza, capitalismo e modernità alla luce della pandemia. Di Silvio Messinetti, Claudio Dionesalvi   L’esplodere della pandemia ha trovato impreparato il mondo scientifico. L’OMS e i centri di ricerca faticano a fornire risposte alle tantissime domande che l’umanità pone sul virus Sars-Cov […]