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Millenials. Ben tornata utopia, a morte ogni speranza!

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Immaginate che all’improvviso nel pianeta terra tutti gli uomini e tutte le donne dai diciassette anni e mezzo in sù entrino in uno stato comatoso e si blocchino, e in ogni continente non restino che bambini e adolescenti. Siate sinceri e dite la verità: vi state immaginando un mondo che è una grande pacchia comunque vada. E se anche non siete compresi in questa parte di umanità fortunata mentre state sfiorando con l’immaginazione i dettagli e le scene possibili state sorridendo o rilassate la fronte, non aggrottando per un pò le ciglia.

Un mondo senza adulti, senza “adu” è “il mondo nuovo” di Millenials, primo romanzo de La Buoncostume, collettivo di autori e attori, che con un grosso volume ci trascina nella provincia lombarda quattro anni dopo il fatidico 3 maggio 2019 in cui solo i giovani sono i sopravvissuti. Ci sono gang randagie e bellicose, ma anche nuove comunità urbane lontane dalle metropoli abbandonate, ma soprattutto c’è il SYN, una grande piattaforma cibernetica globale per la condivisione di informazioni e contenuti costruita sulla, ma sarebbe più appropriato dire oltre, la vecchia rete internet. C’è la violenza delle razzie e c’è una possente empatia collettiva che si mescolano in una quotidianità dove ci si mette all’opera per sopravvivere, vivere e godere del proprio tempo sperimentando forme comunitarie ed esistenziali in cui gli ambienti apocalittici sfumano in atmosfere new weird e vapor, e i toni transitano capitolo dopo capitolo tra un Tetsuo di Hakira e la vegetazione di Miyazaki. Infatti dopo una catastrofe nuove precipitazioni possono spalancarsi all’orizzonte e la diceria che incomincia a circolare nel nuovo mondo dei millenials per cui i bloccati starebbero per svegliarsi preoccupa a ragione l’umanità adolescente connessa dal Syn.

Abbiamo letto Millenials, e ci è piaciuto, perché tra la nuova grande narrazione distopica esplosa negli ultimi anni è un romanzo che tira i dadi a favore dell’utopia e dà una possibilità ad esercitare l’immaginazione e la critica del presente prendendo le parti dell’ultima generazione cresciuta nel pieno della crisi, dentro la slogatura logica e politica del presente, dove si corre a grande velocità verso un capolinea per cui è “più facile pensare alla fine del mondo che alla fine del capitalismo”.

E’ un romanzo che oggi ci dà la possibilità di separare l’utopia dalla speranza restituendogli il carattere di energia politica, di proiezione ideologica ostile al presente. E per noi non è poco!

“La distopia è oggi!” dichiara la grande industria dell’immaginario contemporaneo, e la letteratura, il cinema e le serie tv lanciano senza soste la sfida cinica ai consumatori di come sarà il mondo dell’antropocene tra un’ora, mentre le elites capitaliste programmano il loro futuro possibile tra appetiti nichilisti e ideologia transumanista. E’ una sfida che da antagonisti dobbiamo cogliere fino infondo riconoscendo nelle nuove generazioni del millennio l’incarnazione della fine della speranza e l’inedita riattivazione dell’elemento utopico come proiezione sovversiva del futuro, come forza ideologica della rottura. E’ possibile materialisticamente oggi suonare l’accordo tra il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente e l’utopia di una futura umanità? Per una generazione a cui la società non ha più alcuna promessa da mantenere e neanche valore da prestare nella forma del debito crediamo che sia una possibilità concreta. Allora distopia oggi si, ma a patto che, come indica in un bel saggio Kim Stanley Robbinson, sia piegata dal suo valore d’uso di critica e subalterna alla tensione utopista.

Per noi è così il tempo di sperimentare una sensibilità politica anti-antiutopista che riconosce nel cinismo senza soggetto il carattere distruttivo e nichilista della merce e non già una possibilità di sovversione. Ben tornata utopia quindi, e a morte ogni speranza!

Da questo punto di vista abbiamo amato i protagonisti e le protagoniste di Millennials: un romanzo che accende una tensione anti-antiutopista e che è ancora in tempo per essere razziato in una libreria mega store per passare di mano in mano in qualche occupazione di istituto superiore fino ad arrivare nei garage o alle panchine di un giardino pubblico dove le giovani generazioni hanno i propri quartier generale per dare battaglia e dichiarare guerra alla distopia del presente.

Ma a proposito Millennials ci stuzzica un altro desiderio. Al tempo delle ironie sui “cinquantenni sul web” in quanti, rispetto ai post e ai commenti di tanti “senior” (che no, in questi casi non hanno affatto un modo di fare “adu”), non hanno pensato almeno una volta “ma come si bloccano in massa questi?”?. Per noi è più di un’ipotesi che all’insofferenza rispetto all’idiozia dei contenuti genericamente collocati nella tendenza dei “cinquantenni sul web” c’è uno scontro generazionale latente, seppur per ora (e chissà se mai lo sarà) non esploso in forme politiche definite. Del resto alle spinte reazionarie, razziste, maschiliste, rancorose e segregazioniste che stanno attraversando il globo, stanno contribuendo con maggiore forza le ultime generazioni che hanno ancora qualche cosa da difendere (la proprietà privata, anche nella sue forma di risparmio e previdenza privata). Quelle generazioni over 40 che dopo essere cresciute con la retorica di un futuro che, anche grazie alla tecnologia, avrebbe portato benessere e stabilità, ora, dentro una crisi senza via di uscita, si sentono assediate e senza certezze. A questo reagiscono con rancore, frustrazione e odio verso un basso che nella gerarchia sociale è in verità il più prossimo.

Eppure per le prime generazioni del millennio difficilmente questa sembra una risposta affascinante visto che non hanno l’accumulazione di proprietà da difendere. È la generazione dello sharing, quella che ha smesso di prendere la patente perché difficilmente avrà una macchina, ma che con voli low cost gira da un paese all’altro e che semmai vive un continuo esproprio di valore a causa della “privatizzazione” del peer to peer ad opera degli algoritmi delle multinazionali e delle loro piattaforme di sedicente condivisione. Del resto anche nel libro difficilmente si gira in macchina, quelle che si incontrano sono principalmente distrutte dagli incidenti o abbandonate ai bordi dopo il “grande blocco”. Intanto però si ricomincia a volare e si è sempre connessi con il resto del mondo. E nessuno nell’umanità adolescente è disposto a fare un passo indietro. In Millennials, all’origine del nuovo mondo, si costruisce il SYN dove il valore è lo scambio di informazioni e contenuti, non certo i confini. Si torna così alla domanda “come si bloccano questi” nel mondo reale? Forse i millennials hanno più risposte di quanto si possa pensare, o comunque è nei millennials che ci sono tanti degli strumenti per costruire il mondo nuovo. Bisogna prenderne consapevolezza. Alimentare l’immaginazione. E forse anche chi millennials non è, ma non vuole essere “cinquantenne sul web”, deve sforzarsi di comprendere di più e giudicare meno rispetto ai desiderata di un mondo che (per fortuna) non esiste più.

Allora diciamoci la verità Olga, Mina, Stella, Daniele e Marcello ci stanno proprio simpatici se non altro perché anche noi [Attenzione spoiler] il Primo Maggio del 2015 eravamo proprio a Milano con addosso migliaia di k-way neri resistendo alle cariche della celere, gas lacrimogeni e idranti, imprecando e maledicendo il Grattacielo del Bosco Verde, simbolo di Expo, guerreggiando qui ed ora, per il futuro.

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