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Ni una menos: “La riforma previdenziale è violenza e l’hanno difesa con la violenza”

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Il movimento argentino Ni una menos, ha preso parola contro la riforma delle pensioni voluta dal governo Macri che ha visto, nelle scorse settimane, migliaia di persone scendere in piazza. Di seguito é possibile visualizzare il comunicato ufficiale delle donne argentine e l’articolo di Luciana Peker (giornalista di Pagina12, quotidiano argentino, e attivista Ni Una Menos- Argentina). Entrambi i contributi sono utili ad inquadrare la violenza delle istituzioni nei confronti delle donne e le potenzialitá delle battaglie femministe per sovvertire i rapporti di forza esistenti. I testi contribuiscono al dibattito sulla necessità della presa di parola del movimento femminista e della diffusione delle pratiche femministe rispetto alle riforme e alle politiche dei governi neoliberisti volte ad aumentare le disuguaglianze e quindi la violenza nei confronti delle donne.

 

La riforma previdenziale è violenza e l’hanno difesa con la violenza
23 dicembre – Ni Una Menos Argentina
Il Congresso ha fatto un passo in avanti verso il saccheggio pianificato . Accerchiato da una quantità mai vista di forze di sicurezza, lunedì 18 dicembre la piazza è stata sgomberata dai poliziotti mandati per reprimere la protesta. Sproporzionati, violenti, con gas, pallottole di gomma, manganelli, idranti, retate. Le politiche di questo governo ci stanno dimostrando come la produzione e la riproduzione delle disuguaglianze sia un pezzo chiave del modello che ci propongono, e non un effetto collaterale.
La riforma previdenziale che è stata approvata all’alba di lunedì ha come obiettivo principale quello di devastare il tessuto di protezioni e garanzie sociali destinate oggi alla parte più vulnerabile della società che consiste in un terzo della nostra popolazione. Queste riforme distruggono la vita di 8.056.851 persone, la cui sopravvivenza si basa sugli assegni familiari e sull’Assegno Universale per figli*, e di quasi 6.500.000 di persone se guardiamo a chi sopravvive grazie alle pensioni.
Su chi si gioca l’indebitamento e il saccheggio operato dalla speculazione finanziaria? Su pensionat*; su bambin* e adolescenti i cui genitori hanno un salario che non supera i 36.800pesos annui (1678.74 euro, motivo per cui ricevono l’Assegno Universale per figl*); su figli* di persone disoccupate o che ricevono stipendi inferiori al salario minimo, o che sono registrati all’AFIP come monotributisti.
Questo progetto di riforma previdenziale è solo il punto di partenza. Una misura di estrema durezza sui settori più deboli della popolazione, un assaggio dell’annunciata riforma del lavoro: misure funzionali a un sistema che distrugge e elimina vite.
L’esperienza locale ci mostra come il programma neoliberale si sia accanito sui corpi delle donne. Quando ci spinge in massa ai lavori mal retribuiti (con l’eufemismo dell’impiego -anche se di bassa qualità- come sinonimo di emancipazione), o quando i compiti di cura -lavoro non retribuito- si rinnovano perché lo Stato smantella le politiche sociali. Lavori che ci costringono a indebitarci per rispondere alle necessità di cura delle nostre famiglie: una situazione che confina le donne lavoratrici in condizione di debito, strozzate dall’usura, e che a sua volta riproduce il quadro delle violenze economiche.
Sappiamo che il nostro diritto a vivere libere dalle violenze è imprescindibile dalle condizioni materiali della nostra esistenza nella comunità. Ciò che nascondono dietro parole come austerità, competitività e flessibilità, non è né più né meno che schiavitù. Come settori popolari e come femministe in particolare, riconosciamo queste politiche come l’orlo del precipizio verso violenze multiple a cui ci condanna uno Stato che rafforza le disparità.
Noi non rimaniamo a casa. Ci convochiamo nelle strade. Perciò abbiamo partecipato a una giornata storica manifestando per più di 15 ore di giorno e di notte, mentre il Congresso si riuniva ignorando il popolo. La manifestazione notturna è terminata con la repressione perché non c’era alcuna altra forma per approvare la legge. La riforma previdenziale è violenza e l’hanno difesa con la violenza. Non una di meno. Vive e libere ci vogliamo.

 

 

VITE SVALUTATE
di Luciana Peker (giornalista di Pagina12, quotidiano argentino, e attivista Ni Una Menos- Argentina)

La riforma delle pensioni approvata dal Congresso all’inizio di martedì in una città assediata dalle forze di polizia, discrimina le donne a tradimento: le casalinghe non hanno più accesso alla previdenza sociale e quelle che l’avevano ottenuta sono trattate come cittadine di seconda classe senza garanzie e con meno compenso economico a causa della riduzione degli investimenti. L’Assegno Universale per Figlio perde una somma equivalente a 6milioni al mese e gli assegni familiari sono stati tagliati. Cieca e sorda alle massicce mobilitazioni femministe che, attraverso lo strumento dello sciopero, hanno portato in primo piano il lavoro invisibile che svolgono le donne senza alcuna retribuzione, questa riforma rafforza la divisione sessuale del lavoro e dello sfruttamento della vita delle donne.
Sono adolescenti ignoranti che rimangono incinta come premio o signore del Barrio Norte (quartiere nord, n.d.t.) che non hanno mai lavorato. Pensionate che si lucidano i gioielli per uscire con le amiche o madri che si approfittano del latte dei figli per vivere. Sono drogate che si giocano i soldi del latte dei figli in vino e roulette e sono donne che guardano le telenovelas con i soldi rubati dalle casse dello Stato. “Con la moratoria dei K (dei Kirchner, il partito di origine peronista che dal 2003 al 2015 ha governato l’Argentina, n.d.t.) si sono pensionate signore bene per uscire con le amiche” ha detto con disprezzo Alieto Guadagni, economista e funzionario della dittatura e poi della democrazia. “Molte erano casalinghe del Barrio Norte, che non hanno mai lavorato in vita loro, e non sono una due o tre, sono migliaia” ha sentenziato il deputato del PRO Luciano Laspina sulle donne casalinghe che sono arrivate alla pensione con la moratoria previdenziale”Cosa preferite, che una ragazzina ignorante rimanga incinta per accaparrarsi un tot di soldi ogni mese e non ci si rende nemmeno conto che le si sta rovinando la vita?” si è domandato l’ex candidato a governatore di Santa Fe, per Cambiemos (l’alleanza di forze conservatrici che ha sostenuto l’attuale presidente Macrì nel 2015, n.d.t.), Miguel del Sel. Della stessa saga fantasiosa per cui la maternità è equivalente a una vincita alla lotteria, Julian Dindart, ex ministro della salute di Corrientes (città a nord dell’Argentina n.d.t.) che è diventato Presidente della Commissione della Donna e della Famiglia del Congresso della Nazione, ha sentenziato “Le adolescenti rimangono incinta perchè hanno un compenso economico come premio per aver avuto un figlio”. L’elenco dei pregiudizi sulla maternità come una lotteria, ha raggiunto un altro culmine politico “E’ un dato della realtà, dal momento in cui si è implementato il programma di Assegno Universale per Figlio, quello che si spende in gioco e droga ha registrato un aumento e non c’è altra ragione che non sia l’aver immesso l’enorme massa di denaro che circola, almeno per i dati del Conurbano (distretto di Buenos Aires, n.d.t.)”, ha assicurato Ernesto Sanz, ex UCR (Unione Civica Radicale, partito di centro sinistra n.d.t.) e fondatore di Cambiemos. I pregiudizi contro le giovani, madri, lavoratrici non remunerate, casalinghe non sono andati persi. Le escluse dal discorso della meritocrazia si vedranno un taglio al portafogli. Martedì le pentole suonavano senza le telecamere che trasmettavano e la repressione arrivava al Congresso della Nazione, anche durante la nottata, con gas lacrimogeni, pallottole di gomma e arresti arbitrari. La
legge sulle pensioni è stata approvata martedì 19 dicembre, con 127 voti a favore, 117 contrari e due astenuti, con l’obiettivo del governo di accapparrarsi 60 milioni di pesos. L’effetto è che la riforma ridurrà le entrate di 15milioni di persone, tra pensionati/e e bambini/e beneficiari dell’Assegno Universale per Figlio (AUH, Asignación Universal por Hijo), ex combattenti delle Malvine e lavoratori/trici che ricevono assegni familiari. Ma penalizza principalmente le donne. Il 62% del totale di chi riceve un’indennità sono donne: l’87% dei pensionati sono donne, l’86% di chi ha avuto un’indennità attraverso la moratoria previdenziale sono donne; il 64% di chi prende pensioni non contributive (per vecchiaia, invalidità o famiglie con più di sette figli) sono donne e il 99% di chi amministra l’ Assegno Universale per Figlio e l’Assegno della Gravidanza sono donne, secondo i dati di Anses, da luglio 2014. Dall’anno scorso si chiedono nuovi dati, ma nè per il 2016 nè per il 2017, l’organismo ha dato alcuna informazione.

DIVARIO DI GENERE: 15.408 PESOS (700€) IN MENO, ALL’ANNO, PER LE DONNE CHE INVECCHIANO
Il divario di genere tra donne e uomini è del 24,5% secondo le ultime cifre a cui è possibile accedere. Inoltre, l’Inchiesta Permanente delle Case (EPC, Encuesta Permanente de Hogares) dell’Indec, informa che, nel secondo trimestre 2017, la pensione/indennità media delle donne è stata di 8.513 pesos (neanche 400€) contro i 9.797 (450€) degli uomini. Le signore tacciate di uscire con le amiche ricevono 1.284 pesos (60€) in meno al mese per ciò che implica l’essere donne: essere quelle che socialmente devono prendersi cura dei figli, dei nipoti, essere quelle che fanno le pulizie, o le maestre o le infermiere, ma ostacolate da compiti gerarchici. Il “tributo” o “tassa al genere” implica 15.408 pesos (circa 700€) in meno all’anno nel portafogli. Le ragioni sono multiple: nel mondo lavorativo le donne guadagnano di meno e hanno meno contributi per salari inferiori; realizzano il doppio del lavoro di cura e lavori domestici rispetto agli uomini (6ore le donne e 3 gli uomini) ma questo tempo non è remunerato dallo Stato e l’età media del pensionamento è ai 63anni, per cui hanno meno contributi degli uomini. Ora le disuguaglianze degli anziani si stanno facendo ancora maggiori. Ovviamente questa realtà colpisce anche e di più le persone trans che hanno potuto accedere alla previdenza sociale con la propria identità a partire dalla Legge sulla Identità di Genere, ma che sono emarginate dalla formalità lavorativa e dagli stipendi più alti.
Con la nuova legge si cambia l’adeguamento delle indennità, delle pensioni e dell’Assegno Universale per Figlio. Per cui quelli con trent’anni di contributi e redditi di 10.000 pesos (450€), a marzo prenderanno un buono di 750pesos (34€) e chi non raggiunge tre decadi di contributi (la maggior parte delle donne che hanno dovuto lavorare nell’informalità e interrompere la propria carriera per curare i figli) prenderanno la metà: 375 pesos (17€). I beneficiari dell’Assegno Universale per Figlio riceveranno un buono di 400pesos (18 €), in un’unica volta, per ogni figlio/a che riceve l’assegno.

MALA LECHE (latte guasto, n.d.t.): 6,2 LITRI IN MENO OGNI FIGLIO
L’Assegno Universale per Figlio e il contributo della Gravidanza, attualmente, raggiungono i 1.412pesos (64€) mensili. L’Assegno Universale per Figlio sarebbe dovuto aumentare a marzo, se non fosse stata approvata la riforma, a 1.616pesos, secondo le stime del giornalista e economista Alejandro Bercovich, con un aumento che avrebbe dovuto raggiungere il 14,5 per cento. Senza dubbio, rimarrà a 1492,49 pesos (più il buono una tantum di cui sopra) con un adeguamento all’inflazione del 5,7%. Quello che, per ogni figlio, viene sottratto dalla legge appena approvata, rappresenta 124 pesos al mese per ogni bambino/a e una perdita netta per figlio di 470pesos (contando il buono tirato fuori dal governo nazionale a seguito delle proteste). Perciò, con un prezzo di mercato pari a 20pesos (0,91€) per litro di latte, la riduzione  dell’Assegno universale per Figlio implica 6,2 confezioni di latte in meno ogni bambino/a, per mese, come effetto della legge approvata tra proteste e cacerolas. Davanti questa situazione, la coalizione di organizzazioni della società civile che compongono Infancia en Deuda (Infanzia in debito) ha avvertito che la riforma previdenziale lede i diritti dell’infanzia. Carmen Ryan, dell’Associazione Civile per l’Uguaglianza e la Giustizia (ACIJ) e referente di Infancia en Deuda, avverte: “Dal 2015 diminuisce l’investimento nell’infanzia, dal 2015-16 è sceso dal 2,7 al 2,6 del prodotto interno lordo e preoccupa che possa continuare a calare, a partire dalla riforma previdenziale, con la diminuzione dei contributi negli assegni familiari e universali. Inoltre, non c’è alcuno stanziamento previsto per il Difensore delle bambine, bambini e adolescenti (figure che dovrebbero monitorare le politiche pubbliche e la situazione sociale nell’ambito della difesa dei diritti dei bambini, n.d.t.). E alcuni programmi per l’infanzia, soffrono di riassegnazioni, sottoimpiego e previsioni in calo contrari alla legge”.

ASSEGNI FAMILIARI: TIRARE LA CINGHIA, RINUNCIARE ALLE MATITE E ALLE ATTIVITA’ RICREATIVE
Nel caso degli assegni familiari par lavoratori regolari, il 72% di coloro che li prendono sono uomini. Anche se spetta pure alle donne per il proprio lavoro, oppure dallo stipendio del padre in caso di separazione e in caso il figlio/a possa vedersi danneggiato da manovre contrarie al suo sostegno. La riforma previdenziale non spende denaro piuttosto lo riduce per grembiuli, biscotti, carne, frutta, compleanni, scarpe. Le o gli impiegati che guadagnano 21.921 pesos (1000€) lordi e i monotributisti (forma di lavoro per cui, sotto certi guadagni, si paga una quota fissa di tasse, n.d.t.) perdono per il 2018 entrate che lo Stato destinava ai figli pari a 870 pesos (40€), a causa del taglio agli assegni familiari, secondo i calcoli di Bercovich. Inoltre, per ogni figlio disabile si perdono 2000 pesos e per il sostegno scolastico annuale 728 pesos (33€). E la CGT (Confederaciòn General del Trabajo, il sindacato equivalente alla nostra CGIL, n.d.t.) -che prende il the mentre le donne prendono le strade- non fa di questa riduzione un problema degno di nota. Bisogna tirare la cinghia, rinunciare alle lezioni di nuoto e agli astucci con tutte le matite al completo. Ma in questo caso non si riceve alcuna compensazione. “Il bonus non incide sugli assegni familiari, per esempio per i lavoratori regolari che ricevono stipendi più bassi o il cui assegno familiare è equiparato all’Assegno Universale per Figlio” segnala la politologa Pilar Arcidiacono, ricercatrice dell’Università di Buenos Aires e
del Consiglio Nazionale delle Ricerche Scientifiche e Tecniche. Sottolinea che la nuova forma di calcolo degli assegni (tanto per chi ha un lavoro regolare che per chi si trova disoccupato o ha un lavoro informale) sono un passo indietro che danneggia principalmente chi ha il carico della crescita dei propri figli sulle spalle: “La formula dell’adeguamento per gli assegni era stato un gran passo in un contesto dove storicamente il sostegno economico alle famiglie con figli non era aumentato (ricordare che il Piano Jefes y Jefas de Hogar Desocupados -“Piano dei capi di famiglia disoccupati” n.d.t.- viene varato nel 2002 con 150pesos e termina nello stesso modo nel 2009) e si stava riducendo il potere d’acquisto durante gli anni. Queste trasformazioni non possono essere lette indipendentemente delle principali e vertiginose manovre economiche della nuova gestione (ricomposizione tarifarria, svalutazione della moneta, aumento dei prezzi relativi degli alimenti) che danneggiano direttamente il potere d’acquisto degli assegni e di quelle politiche che hanno diretta implicazione nell’accesso ai bene e ai servizi che influiscono sul benessere delle famiglie”.

TRE MILIONI E MEZZO DI DONNE CASALINGHE SPAZZATE VIA DALLA RIFORMA

“L’impatto della riforma previdenziale amplierà le disuguaglianze di genere. Il cambio nella formula di adeguamento danneggia specialmente chi prende una pensione minima o chi riesce ad andare in pensione per l’età attraverso le moratorie (senza avere i trent’anni di contributi). Delle più di 5.370.147 persone che sono in questa categoria 3.401.686 sono donne. Questo non è casuale, dato che in Argentina la partecipazione al lavoro delle donne è del cinquanta percento inferiore a quella degli uomini, cosa che deriva dalla responsabilizzazione culturale nei compiti della cura e crescita dei figli. Inoltre, i periodi di astensione dal lavoro per maternità non concorrono ai contributi. Questo danneggia direttamente la possibilità delle donne (specialmente le madri) di andare in pensione, e quando ce la fanno, lo fanno con guadagni minori” rimarca Gala Diaz Langou, Direttrice del Programma di Protezione Sociale del CIPPEC (Centro di Implementazione delle Politiche Pubbliche per l’Equità e la Crescita). Critica così: “Risulta evidente che una delle dimensioni più ignorate nell’analisi del governo sulla riforma previdenziale è quella di genere. L’assenza di dabattito non è neutrale, ma piuttosto fa sì che la riforma abbia imbatti (magari non ricercati) che avrebbero potuto essere risolti con ulteriori punti di vista”.


PENSIONATE DI SECONDA CLASSE: SE HAI LAVORATO IN CASA TI PERDI IL BONUS

“Questa riforma previdenziale è doppiamente ingiusta con le donne perchè nello stesso modo in cui riduce l’adeguamento per l’anno prossimo, genera una discriminazione inedita tra chi ha avuto la pensione per moratoria e chi ne ha avuto accesso con i contributi completi” sottolinea Bercovich. Quelle che non avevano il posto nè l’asilo nido e hanno dovuto lasciare l’ufficio quando il figlio ha compiuto tre mesi, o l’hanno invitata a dimettersi quando non poteva recarsi a lavoro perchè il figlio aveva la febbre, sono quelle che hanno garantito che il sistema previdenziale avesse nuove generazioni di contribuenti. Eppure sono trattate come pensionate di seconda classe. La sociologa Alejandra Beccaria, ricercatrice dell’equipe di Sicurezza Sociale, dell’Istituto del Conurbano (Buenos Aires, n.d.t.) della Università Nazionale di Generale
Sarmiento avverte: “La discriminazione tra chi ha avuto accesso al beneficio previdenziale per il compimento degli anni di servizio e chi lo ha avuto tramite le moratorie, ha effetto immediato nell’implementazione del bonus e ha un effetto anche più grave col tempo perchè dà, a chi ha avuto accesso con il raggiungomento dei contributi la garanzia dell’82% del salario minimo, mentre a chi ha avuto accesso con le moratorie, non viene data questa garanzia.” Gli uomini che hanno avuto accesso alla pensione per moratoria sono uno su dieci. Al contrario le donne che ne hanno avuto accesso tramite questa via, sono quasi la metà di tutte quelle che sono pensionate. Perciò, Claudia Danani, specialista in politica sociale, anche dell’equipe di Sicurezza Sociale dell’Università Nazionale di Generale Sarmiento, sottolinea il machismo delle politiche pubbliche attuali contro la maggior parte delle donne e donne anziane: “E’ possibile supporre che, se la distanza tra un gruppo e l’altro cresce, al gruppo dei “pensionati per moratoria” verrebbe stabilito lo stesso livello della Pensione Universale per Anziani: l’ 80% della pensione minima. Questa politica di differenziazione, che la legge giustifica con l’espressione “proporzionalità che premia lo sforzo della contribuzione” castiga (un’altra volta) le donne che lavorano in condizioni di maggiore irregolarità, precarietà e senza tutele. Contro l’idea che la moratoria è stata usata dalle “signore bene che spendono i soldi per uscire con le amiche” (scandalosa immagine sessista che trasmette il superfluo e l’ozio della vita delle donne), i dati indicano che solo un 25% delle donne che hanno avuto accesso alla pensione per moratoria non hanno mai lavorato e che, al contrario, il 31% di loro ha lavorato più di 25anni. Un paese più giusto deve contrastare queste disuguaglianze, non sostanziarle.” In questo senso, l’esperta di Economia Femminista Mercedes D’Alessandro critica: “Il governo Cambiemos con questa riforma previdenziale sta fabbricando nuovi poveri: casalinghe, lavoratori precari, quelli che non hanno completato i contributi che stabilisce la legge, potranno accedere solo alla pensione universale che oggi a malapena arriva a 5.700pesos (260€)”.

 

 

 

 

 

 

 

 

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