Dall’area dell’autonomia operaia e proletaria al movimento dell’autonomia operaia
Dall’area dell’autonomia operaia e proletaria al movimento dell’autonomia operaia
E’ negli anni del primo contrattacco capitalistico contro l’organizzazione operaia nata alla fine degli anni ’60 che comincia a formarsi quell’insieme di forze autonome di base, nelle fabbriche e nei quartieri, a cui è stato dato il nome di AREA dell’autonomia operaia. L’ area dell’autonomia operaia si è fortemente sviluppata. La sua linea politica, vale a dire la linea politica di tutte le forze che nell’autonomia operaia si riconoscono, è fortemente antirevisionista. Di conseguenza il metodo dell’ autonomia operaia si fonda nel territorio dell’illegalità di massa dei comportamenti operai e proletari antirevisionisti. Le grandi scadenze dell’autonomia operaia e proletaria si sono costituite attorno all’occupazione di Mirafiori nel ’73, nelle campagne nazionali di autoriduzione, nella propaganda e nelle iniziative di appropriazione di massa, nelle, lotte contro la ristrutturazione e la riconversione, nel movimento dei disoccupati. La caratteristica e la parola d’ordine vincente nell’area dell’autonomia operaia è stata fin da principio sempre quella del CONTRO-POTERE. Solo gli imbecilli e i mistificatori di professione hanno preteso di ridurre l’autonomia operaia, e cioè le forze che si riconoscevano, nell’area, a movimento marginale e cialtrone: di contro il potere dello Stato e del capitale ha perfettamente individuato la forza rivoluzionaria espressa nell’area, e contro di essa ha messo pienamente in atto il meccanismo della criminalizzazione. Contro la criminalizzazione delle lotte, contro gli strumenti del terrorismo socialdemocratico, dall’area dell’autonomia operaia è di conseguenza partito l’unico e più forte contrattacco: anche questo caratterizza ed individua oggi l’area dell’autonomia operaia, la sua capacità di costruire CONTPOPOTERE e di esercitarlo direttamente contro il POTERE DELLO STATO.
- In questi anni le forze operaie e proletarie dell’ AREA hanno cominciato a tessere la trama di un’organizzazione nazionale. Nel convegno della primavera del ’76 le forze dell’autonomia operaia organizzata hanno cominciato a verificare alcune fondamentali omogeneità di stile di lavoro e di linea politica.
Ma hanno anche verificato quanto sia lungo il cammino che porta, dall’espressione di un originale metodo rivoluzionario, alla costruzione del partito rivoluzionario. Marciare su questa via è comunque necessario, nella consapevolezza di tutti i compagni che questa strada deve essere percorsa, le difficoltà superate, l’omogeneità ritrovata, il metodo unificato, lo stile di lavoro generalizzato. Costruire il MOVIMENTO DELL’AUTONOMIA OPERAIA significa dare alcune prime risposte a questi problemi e fondare alcune prime certezze organizzative. Dire MOVIMENTO DELL’AUTONOMIA OPERAIA significa marciare realisticamente sulla via dell’unità delle forze dell’area, significa esercitare sinceramente la critica e l’autocritica, significa cioè imporre a noi stessi e a tutti i compagni il metodo della
CRITICA-UNITA’-CRITICA. Noi siamo consapevoli delle difficoltà di questa indicazione: ma siamo molto più convinti del fatto che questa esigenza vive nella coscienza dei militanti ed è imposta dallo sviluppo della lotta politica proletaria. Oggi non si procede senza organizzazione: è solo la risposta capitalistica e riformistica alle lotte che lo impone, è soprattutto la richiesta dei militanti e del movimento di massa che lo richiede. Per i militanti il problema non è, nelle fabbriche e nei quartieri, a quale organizzazione si riferiscono ma quale organizzazione vogliono costruire. Nessuno potrà più espropriare i proletari della loro organizzazione: ma questa organizzazione, inespropriabile, disciplinata e feroce contro gli avversari di classe, deve essere costruita. Passare dall’ area dell’autonomia al movimento dell’autonomia significa cogliere realisticamente la necessità del momento storico dell’autonomia, significa compiere il primo passo non più « verso » ma DI ORGANIZZAZIONE.
- La proposta di movimento che nasce nell’area dell’ autonomia operaia è caratterizzata da tre punti di vista: dal punto di vista del metodo, dal punto di vista del riferimento di classe, dal punto di vista della concezione del potere.
DAL PUNTO DI VISTA DEL METODO. Il metodo dell’ autonomia operaia è quello dell’appropriazione dell’organizzazione da parte delle masse. Ogni funzione organizzativa, ogni momento di, organizzazione si spiega perciò solo nella misura in cui contiene ed esprime una realtà determinata della lotta proletaria. Il metodo dell’autonomia operaia non conosce delega, né teorica, né pratica. Costruire il MOVIMENTO dell’autonomia operaia significa allora procedere dal basso, dai bisogni politici del proletariato, dalle forme di organizzazione che questo viene continuamente costruendo. Significa lottare ferocemente contro ogni tentativo di espropriazione revisionista del potere delle masse. Noi intendiamo la costruzione del movimento come processo di aggregazione di forze direttamente espresse dai livelli della lotta di classe e come processo di unificazione politica (programmatica e organizzativa) di queste forze: quindi, come momento, intermedio ma fondamentale, di CENTRALIZZAZIONE POLITICA ED ORGANIZZATIVA DEL MOVIMENTO DI MASSA. Tutti gli strumenti di propaganda, di agitazione e di lotta che le forze che si riferiscono n11, area posseggono, debbono quindi man mano, dentro il processo di critica-unità-critica essere ricondotti alla centralizzazione del movimento. Non permettiamo che il revisionismo, con la sua storia di menzogne e la sua pratica di tradimenti, infanghi ed impedisca il progetto teorico e pratico della lotta operaia: la costruzione del partito. Lottare per la costruzione del Movimento dell’Autonomia Operaia significa oggi procedere in senso giusto ed adeguato al processo di lotta della classe.
DAL PUNTO DI VISTA DEL RIFERIMENTO DI CLASSE. In questa prospettiva, costruire il movimento dell’autonomia operaia significa riaffermare pesantemente e definitivamente la centralità della classe operaia nel progetto rivoluzionario. È sulla classe operaia che il progetto di organizzazione del movimento va centralmente fondato. Ma affermare questo significa lottare contro due complementari errori che sono presenti all’interno dell’area dell’autonomia: un errore opportunistico e un difetto di miopia. L’errore opportunistico è quello di tutti coloro che vanno a cercare soggetti rivoluzionari dappertutto fuori che nella classe operaia, che esaltano invidiosi della classe operaia ed insieme « delusi » (sic!) ogni peto di protesta che il sociale scoreggia. L’errore di ottica e il difetto di miopia è di tutti coloro, che non si rendono conto quanto la lotta operaia e la risposta capitalistica abbiano mutato la realtà del lavoro produttivo, di quanto la lotta contro lo sfruttamento capitalistico diretto si estenda) fuori dalle mura della fabbrica, di quanto il proletariato (giovanile, femminile, dioccupato) sia essenziale al movimento rivoluzionario organizzato nell’autonomia. Il movimento dell’autonomia operaia si fonda e si costruisce sull’operaio della fabbrica sociale.
DAL PUNTO DI VISTA DEL POTERE. Porre il problema della costruzione del movimento dell’autonomia operaia significa costruire, come movimento, istanze sempre più larghe, sempre più diffuse di CONTROPOTERE. Significa soprattutto promuovere ed organizzare contropotere. La centralità operaia e la mobilità proletaria vanno messe in moto attorno a questo progetto: che è, se il contropotere è reale, inevitabilmente illegale. Il contropotere non vince mai se non nel momento del rivoluzionario: non si dà prefigurazione del comunismo attraverso le splendide lotte di contropotere di massa o le efficaci azioni di contropotere di organizzazione che possiamo mettere in atto. Il contropotere vince sempre come azione di organizzazione, come momento di diffusione dell’illegalità di massa, come costruzione di guerriglia contro il sistema del potere socialdemocratico e revisionista. L’organizzazione vive intera la contraddizione di un progetto di contropotere e risolve questa contraddizione attraverso la mobilità dell’attacco e la sua maturazione ad un livello sempre più alto. r- in ciò che la centralità operaia e la mobilità dell’operaio della fabbrica sociale trovano la possibilità di travasare continuamente le loro esperienze di rottura e di progetto rivoluzionario. Organizzazione e militanza si misurano interamente sul progetto di contro-potere: il Movimento Autonomia Operaia è questo.
- Noi sosteniamo che il processo di passaggio dall’area dell’autonomia di classe al movimento dell’autonomia operaia va incentivato soggettivamente entro tempi brevi. Perché? Perché mai come oggi, dal punto di vista dell’analisi politica dei comportamenti dell’avversario, la crisi del movimento operaio sembra tanto vicina. Le aspettative operaie che le illusionistiche vittorie elettorali hanno suscitato, debbono rovesciarsi contro il revisionismo; la pratica repressiva delle organizzazioni revisionistiche deve rovesciarsi contro di esse: ancora una volta i revisionisti hanno alzato un masso che non hanno la forza di trattenere. L’ adesione dei revisionisti al progetto di restaurazione dei padroni ha creato una rottura fra classe operaia e movimento operaio ufficiale: bisogna rendere irreversibile questa rottura. La maturità e la diffusione delle lotte dell’autonomia operaia permettano di puntare sull’obiettivo della rottura ma solo la forza di un movimento organizzato permette di ottenere questa vittoria: di essere cioè nella condizione di puntare ad un più alto livello di insubordinazione e di lotta. Ma i tempi debbono essere brevi anche perché in questo periodo c’è la possibilità di recuperare, dalla rottura e dal-!a corruzione dei gruppi, un personale politico comunista che ha vissuto in tutti questi anni (anche se contraddittoriamente) l’esperienza dell’autonomia. La funzione egemone dell’autonomia operaia come movimento non si riferisce certo alla miseria della crisi dei gruppi: si riferisce tuttavia alla ricchezza di esperienze rivoluzionarie dei quadri dei gruppi in crisi. Crisi del revisionismo, maturità soggettiva dell’avanguardia autonoma, crisi dei gruppi: ma questo non basta. Ciò che più spinge ad accelerare i tempi di costruzione del movimento dell’autonomia operaia è la necessità di un’espansione della lotta e di una sua centralizzazione. L’autonomia non è ‘anarchica ma marxista: le masse di classe operaia non sono anarchiche ma potenzialmente marxiste-leniniste. E’ sulla ricchezza teorica di questa proposta e di questa urgenza che la nascita del Movimento dell’Autonomia Operaia non ha più nulla da attendere, se non i tempi e le necessità della lotta politica all’interno dell’area. Ma questa lotta politica per non essere sintomo di miseria non può che pervenire ad una ed una sola conclusione: il processo di costruzione del Movimento dell’Autonomia Operaia.
5: Nell’area dell’autonomia operaia si sono continuamente confrontati un fronte di massa e un fronte combattente. Costruire il Movimento dell’Autonomia Operaia significa unificare questi due fronti di lotta, non per confonderli, non per determinare astratte subordinazioni dell’uno all’altro o viceversa: ma per unificare nel progetto complessivo e nella pratica del militante quelle che sono funzioni non separabili. .11 MOVIMENTO DELL’AUTONOMIA OPERAIA rappresenta la dialettica mai conclusa, se non dall’insurrezione, fra esercizio di contro-potere di massa e sviluppo dell’iniziativa di partito. E’ su questo ritmo che noi lo costruiremo. Il fronte di massa è movimento di grande ricchezza di obiettivi: salario, orario, lotta contro la gestione capitalistica della spesa pubblica, autoriduzioni, ecc. il fronte combatte identifica i nodi sempre nuovi del comando dello Stato e della sua capacità di organizzare e ristrutturare la trama sociale dello sfruttamento. Questi nodi il fronte combattente considera e taglia, aprendo sempre nuovi varchi all’azione proletaria organizzata. Questa dialettica va concentrata, regolata e promossa nell’unità della teoria e della pratica del MOVIMENTO DELL’AUTONOMIA OPERAIA.
da ”Rosso Giornale dentro il movimento” anno III n. 10-11 Giugno 1976
Guarda “Il pane, le rose… e il Dom Perignon | Conversazione con Chicco Funaro“:
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