Parigi- Clement Meric
Nel 2013 Clement Meric, militante antifascista parigino di soli 18 anni, veniva assassinato da un gruppo di fascisti.
A giugno, come ogni anno, l’Action Antifasciste Paris-Banlieue rende omaggio a Clément Méric:” Siamo orgogliosi di aver avuto Clément come compagno. Ricordare l’attualità delle sue lotte, nelle strade ed altrove, è per noi un modo per continuare a ricordarlo”. Nel 2012 si era appena trasferito a Parigi per studiare a Scienze Politiche. Lì si è unito a Solidaires étudiants ed è diventato un militante in università. Da militante antifascista nella sua città natale, Brest, si è poi avvicinato alla scena antifascista parigina, dove ha incontrato l’AFA, di cui fanno parte militanti rivoluzionari, giovani sindacalisti e ultras della curva Auteuil del Paris Saint-Germain, con cui Clément ha stretto rapidamente amicizia. Per quasi un anno ha militato al loro fianco, a Parigi e nelle periferie della città, per non lasciare le strade ai fascisti e alle forze di polizia, con i collettivi dei quartieri popolari che si organizzano per chiedere verità e giustizia per tutti i giovani ammazzati dalla polizia, e contro ogni forma di oppressione e discriminazione.
La lotta comune lo ha portato a quel giorno del 5 giugno 2013, a sei anni fa, quando Clément ha incrociato alcuni skinheads neonazisti che indossavano magliette con simboli nazisti e slogan razzisti. Erano membri del piccolo gruppo Third Way, guidato da Serge Ayoub, spesso e volentieri immischiato in casi di omicidi razzisti e di attacchi a militanti antifascisti. Quel giorno Clément fu riconosciuto come militante antifascista ed è per questo che fu preso di mira, preso a pugni in faccia con il tirapugni e lasciato a terra privo di sensi. Clément è morto perché si è rifiutato di abbassare gli occhi. Dopo la sua morte avvenuta il 6 giugno, si è dovuto far fronte a un’ondata di menzogne. Prima di tutto da parte dell’estrema destra, che ha riportato le versioni degli imputati e ha cercato di far passare Clément per l’aggressore nell’agguato. Poi da parte dei media di destra, che hanno cercato di depoliticizzare la morte di Clément relegandola ad una semplice rissa tra bande andata male. Da parte loro, la stampa e i politici di sinistra hanno cercato invece di recuperare l’immagine di Clément, di farne la vittima di un nemico comune e la figura dell’antifascista al servizio della République, in lotta contro un razzismo essenzialmente morale, incarnato soltanto dall’estrema destra e dal Front National. La stampa ha così creato un’immagine borghese che si distanzia dalla realtà sociale in cui agiva Clement . Vogliamo insistere sul tentativo di recuperare questo evento, perché questo è stato seguito da una demonizzazione della figura dell’ “antifa”. Lo abbiamo visto nel 2014, durante le manifestazioni vietate pro Gaza e contro l’imperialismo. Lo è stato ancora quando abbiamo combattuto contro la violenza della polizia a fianco delle famiglie delle vittime e degli abitanti dei quartieri popolari e quando abbiamo combattuto contro il razzismo di Stato, o contro il prolungamento dello stato di emergenza, che in particolare ha portato una nuova ondata islamofobica. Poi nel 2016, durante il movimento contro la Loi travail, quando l’AFA si è ritrovata di nuovo al centro dell’attenzione mediatica e politica, per la sua presenza nel “cortège de tête” (la testa del corteo, la parte più offensiva ndt), dove abbiamo partecipato dando impulso alle dinamiche di autodifesa di fronte ai ripetuti attacchi della polizia.Questi compagn* hanno contribuito attivamente a rendere impossibile la presenza dei fasci all’interno del movimento Gilets jaunes.
Come afferma l’AFA nel giugno 2020:
“Nella lotta contro l’estrema destra, le istituzioni sono un’esca. Non solo perché lo Stato repubblicano, che si pone come baluardo contro il fascismo, ne è in realtà il suo principale promotore. Ma perché, come abbiamo visto fin dalle prime settimane del movimento dei Gilets jaunes, l’attivismo neofascista, che arriva fino all’aggressione fisica, non trova limiti se non in ciò che possiamo mettere noi nelle strade – con la forza e con la dissuasione.
Siamo militanti politici e, per noi, le responsabilità non sono legali, ma prima di tutto politiche. Durante il processo agli assassini di Clément nel settembre 2018, che è stato un momento di verità molto importante per la famiglia di Clément, di fronte agli imputati e ai loro avvocati che cercavano di depoliticizzare il caso è stato necessario ricordare che se Clemente è morto, è stato perché era un militante antifascista. In quell’occasione abbiamo messo sotto accusa il sistema che alimenta e rafforza queste frange reazionarie. Clément aveva scelto da che parte stare ed è da quella parte che noi continuiamo la lotta e che accusiamo, nelle strade, i fascisti, il capitale e lo Stato”.
“Clément Méric 7 ans après, On n’oublie pas On pardonne pas”:
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